Ci vuole un po’ di tempo per indurre nostalgia a Jean-Claude Juncker. Il primo ministro del Lussemburgo era il capo dei ministri delle finanze dell’Eurogruppo quando sono stati concordati i salvataggi di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Un salvataggio destinato a salvare Cipro e mantenerlo nel blocco della moneta unica ha fallito così tanto questa settimana che il rischio che la piccola economia dell’isola sia bandita dalla moneta unica è improvvisamente diventato reale. Sebbene i mercati obbligazionari siano rimasti abbastanza calmi, le azioni bancarie sono cadute.
Anche se l’uscita può essere evitata, il fallito salvataggio ha compiuto un lavoro di distruzione sulla fragile economia cipriota.
Le banche cipriote non riapriranno fino al 26 marzo e la Banca centrale europea (BCE) ha fatto sapere che taglierà i fondi alle banche dopo il 25 marzo, se fino ad allora non sarà stato trovato un compromesso.
Qualunque cosa accada, è molto probabile una corsa non appena le banche riapriranno. La gente del posto trasferirà i suoi risparmi nei materassi. I proprietari di imprese straniere con sede a Cipro a causa della sua bassa pressione fiscale tenteranno ora di spostare i propri fondi.
Come si è arrivati a questa situazione?
Il caos finanziario di Cipro è stato il caso più difficile che i ministri delle finanze, insieme a FMI e BCE, abbiano mai dovuto affrontare. Anche se la quantità assoluta di denaro necessario, circa €17 miliardi, è minore rispetto ai precedenti salvataggi, è pari quasi alla minuscola economia cipriota. Più della metà del totale dei finanziamenti necessari, 10 miliardi, andrebbe a ricapitalizzare le "gonfie" banche di Cipro, in particolare le due più grandi, che insieme hanno asset quattro volte grandi quanto il suo PIL.
E minando fatalmente la "vendibilità" di un salvataggio completo per i contribuenti del nord Europa, bisogna notare che le banche dell’isola sono inondate da soldi russi, molti dei quali di dubbia provenienza.
Nonostante i segnali d’allarme, i termini del bail-out presentato alla riunione dell’Eurogruppo lo scorso fine settimana sono stati un vero e proprio shock, non da ultimo per la delegazione cipriota. Per il signor Anastasiades, il risultato è stato umiliante. Egli aveva promesso nel suo discorso inaugurale solo due settimane prima che in nessun caso i depositanti avrebbero sopportato un haircut. Eppure è proprio ciò che è stato costretto ad concedere.
Tale prelievo è stato necessario al fine di soddisfare la richiesta tedesca secondo cui la dimensione del complessivo bail-out dovesse essere limitata a €10 miliardi. Il vuoto risultante, di oltre €7 miliardi, doveva essere riempito dagli stessi ciprioti. Dal momento che i proventi delle privatizzazioni potrebbero contribuire a non più di € 1,4 miliardi, i € 5,8 miliardi di euro rimanenti sarebbero potuti venire solo dall’unica fonte di denaro contante disponibile, i depositi bancari di Cipro, del valore di € 68 miliardi alla fine di gennaio.
Essendo i deputati ciprioti riluttanti ad approvare l’accordo, e dal momento che la Germania insisteva sul fatto che non si sarebbe mossa dalle condizioni, Cipro si è rivolta ancora una volta alla Russia. Dopo l’arrivo a Mosca, il ministro delle finanze dell’isola, Michalis Sarris, si è impegnato a rimanere lì per tutto il tempo necessario al fine di raggiungere un accordo.
Ora è quindi in corso un gioco di politica del rischio calcolato, che coinvolge sia la geopolitica che l’economia, in quanto Cipro cerca di giocare una delle sue poche carte rimaste, la recente scoperta di un deposito di gas offshore. Il risultato è difficile da prevedere. Avendo criticato fortemente il prelievo sui depositi, Vladimir Putin, presidente della Russia, deve ora mostrare di essere in grado di tutelare gli interessi delle élite russe all’estero, secondo Alexander Kliment di Eurasia Group, una società di consulenza. Tuttavia, negli ultimi mesi, il signor Putin ha anche lanciato una campagna pubblica per portare a casa gli asset offshore della Russia.
Ma qualsiasi aiuto russo potrebbe essere inaccettabile per i "soccoritori" dell’euro-zona. In primo luogo, ciò significherebbe una grande estensione dell’influenza russa. E in secondo luogo, la Germania, in particolare, sarebbe restia ad autorizzare l’aiuto russo in forma di prestito, dal momento che questo non farebbe che aggiungersi all’onere debitorio di Cipro.
Possibili soluzioni alla crisi
Se Cipro non riesce ad ottenere un sostegno sufficiente dalla Russia, poi restano due altre possibilità. La prima è che il braccio di ferro tra Cipro e la Germania si rivela impossibile da risolvere. Per dimostrare che la Germania e altri paesi creditori come la Finlandia, per non parlare della BCE, possano dire di "no", Cipro potrebbe in effetti essere espulsa dall’euro.
Sarebbe un momento di pericolo per l’area euro, che sembrava aver rifiutato un tale corso con la Grecia l’estate scorsa. C’è chi dice che Cipro sia troppo piccola per rappresentare un rischio sistemico. L’impegno della BCE ad acquistare obbligazioni senza limiti potrebbe essere sufficiente per fermare il panico in eruzione. Ma si tratterebbe chiaramente di riaccendere molte delle paure che si stavano diffondendo l’anno scorso.
Il risultato più probabile è quello in cui i ciprioti si assumeranno la maggior parte del loro castigo. I funzionari ciprioti hanno freneticamente redatto un "piano B" che coinvolge tutto, dalle obbligazioni collegati ai depositi di gas, ai tereni di proprietà della chiesa, fino ai fondi pensione.
Gli effetti del contagio
Un grande danno è stato già fatto. Il danno sarà particolarmente grave per Cipro. La Commissione europea ha recentemente previsto che la sua economia, che si è ridotta del 2,3% lo scorso anno, si sarebbe contratta del 3,5% nel 2013. Ciò ora sembra un pio desiderio. Molto più probabile una discesa stile Grecia (il PIL della Grecia ha subito una contrazione del 20% in cinque anni).
Ma il danno si estenderà ben oltre Cipro. I creditori di banche deboli in altre economie in difficoltà prenderanno atto del trattamento riservato ai risparmiatori ciprioti. Anche se una corsa agli sportelli al di fuori di Cipro sembra improbabile, si potrebbero verificare problemi per i depositi dell’Europa meridionale e ciò potrebbe ostacolare i tentativi di allentare la stretta creditizia nella periferia.
Ma soprattutto, gli investitori prenderanno atto della politica nociva dei salvataggi della zona euro. Nonostante i tentativi di dipingere l’affare come un "caso eccezionale", la lezione non sarà presto dimenticata.
| Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: The Economist |
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