Cos’è il MES e come funziona? Perché l’Italia non vuole ratificare la riforma del MES? Ecco tutto ciò che c’è da sapere sul Meccanismo Europeo di Stabilità.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è al centro del dibattito politico in Italia in vista della prossima riunione dell’Eurogruppo. Ma cos’è il MES e come funziona?
La premier Giorgia Meloni ha espresso la necessità di aggiornarlo al nuovo contesto geopolitico e trasformarlo in un veicolo per la crescita, abbandonando la logica dell’austerità del passato. Nonostante ciò, l’Italia è l’unico dei 20 aderenti a non aver ancora ratificato l’accordo internazionale che prevede modifiche al funzionamento del MES originario.
Per comprendere appieno cos’è esattamente il MES e come funziona occorre partire dalle sue origini e approfondire le successive riforme approvate dall’Eurogruppo. In questo articolo approfondiremo cos’è il MES, come funziona e perché la sua riforma è ancora oggetto di discussione in Italia.
Cos’è il MES?
Il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato istituito grazie alle modifiche apportate al Trattato di Lisbona, ratificate dal Consiglio UE nel marzo del 2011. L’entrata in vigore del fondo salva-Stati, prevista inizialmente per il 2013, è stata anticipata al luglio del 2012 a causa di una crisi del debito sempre più pressante.
A chi si chiede cos’è il MES potremmo dunque rispondere definendolo un meccanismo volto a mantenere la stabilità finanziaria della zona euro. Esso è regolato dalla legislazione internazionale e, come organizzazione, ha una propria sede a Lussemburgo.
Il MES è un fondo di assistenza finanziaria che ha l’obiettivo di aiutare i Paesi membri dell’Unione Europea che si trovano in difficoltà finanziarie e non sono in grado di finanziarsi attraverso il collocamento normale di titoli di Stato. In cambio del prestito, il Paese beneficiario deve accettare una serie di condizioni, tra cui un programma di rientro e di controllo del debito con piani di aggiustamento macroeconomico, che comprendono riforme draconiane che vanno dalle pensioni alla spesa pubblica.
Il MES è intervenuto finora in aiuto di paesi come l’Irlanda, il Portogallo, Cipro, la Spagna e la Grecia, per un totale di 295 miliardi di euro, considerando anche gli interventi garantiti dall’Ue dal 2010. Per le linee di credito precauzionali, invece, sono richiesti criteri più leggeri e sono destinate a Stati colpiti da shock avversi ma con fondamentali finanziari sani.
Come funziona il MES?
Una volta capito, almeno in linea di massima, cos’è il MES occorre comprendere al meglio come funziona e come mantiene la salute finanziaria dell’Eurozona. Le modalità d’azione del fondo sono state definite dall’articolo 3 del suo trattato istitutivo. Il MES raccoglie fondi per sostenere gli Stati membri dell’Eurozona in difficoltà finanziarie.
Possiamo suddividere la sua azione in tre fasi distinte:
- Lo Stato in difficoltà avanza al Presidente del Consiglio dei governatori del fondo salva-Stati una richiesta di assistenza.
- Il MES chiede alla Commissione UE di valutare lo stato di salute del Paese in questione e di definire il suo fabbisogno finanziario. In questa fase l’esecutivo comunitario e la BCE (e se necessario il FMI) analizzano se la crisi di quello Stato può contagiare il resto dell’Eurozona.
- Dopo la valutazione, l’organo plenario del MES decide di agire e aiutare il Paese in difficoltà (il tutto più o meno nell’arco di 7 giorni dalla data di presentazione della richiesta formale di assistenza). Come lo aiuta? Attraverso prestiti.
Le decisioni del Consiglio vengono prese a maggioranza semplice o qualificata e godono di immunità giudiziaria. I diritti di voto sono proporzionali rispetto alla quota versata da ogni Stato.
Il Meccanismo di Stabilità Europea viene gestito da un Consiglio dei Governatori costituito dai ministri delle finanze dell’Eurozona oltre che da un Consiglio di Amministrazione (nominato proprio dai Governatori).
Fanno parte del MES anche un Direttore Generale (che ha diritti di voto), il commissario europeo agli Affari economico-monetari e il Presidente della BCE, questi ultimi due come osservatori.
Cosa prevede la riforma del MES?
Nel 2017 l’Europa ha aperto all’ipotesi di rivedere il trattato istitutivo ed è proprio questa eventualità che ha spianato la strada a un profondo dibattito in Italia. La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità ha richiesto ovviamente l’approvazione dei governi oltre che la ratifica parlamentare di ciascuno Stato.
Le nuove condizioni per accedere al fondo salva-Stati previste dalla riforma sono state sin da subito giudicate aspre, tanto da rendere molto più difficile l’accesso al programma di aiuti.
Sul tavolo delle discussioni le condizioni per poter attivare la PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line), un sistema di aiuto finanziario in caso di turbolenze all’interno del mercato del debito di un Paese appartenente all’Eurozona.
Le condizioni più caratteristiche della proposta di riforma del MES sono state le seguenti le seguenti:
- non essere in procedura d’infrazione;
- vantare un deficit/Pil inferiore al 3% da almeno due anni;
- avere un rapporto debito/PIL sotto il 60% (o, almeno, aver sperimentato una riduzione di quest’ultimo di almeno 1/20 negli ultimi due anni, insieme ad un’altra serie di paletti non facilmente giudicabili a livello oggettivo.
Con l’accordo siglato a fine gennaio 2021 è stato quindi approvato l’impianto MES riformato, che comprende:
- due linee di credito, una precauzionale, con i paletti visti sopra, e una linea potenziata per i Paesi che non rispettano i requisiti.
- una maggiore collaborazione tra istituzioni UE e MES;
- l’introduzione delle clausole di azione collettiva con voto unico dei creditori, per facilitare la ristrutturazione del debito.
In risposta alla crisi pandemica del Covid, il Mes ha istituito una linea di credito di 240 miliardi di euro per sostenere i Paesi dell’Eurozona nell’affrontare le spese connesse all’emergenza sanitaria. Tuttavia, nonostante la disponibilità di questa linea di credito, finora i Paesi membri dell’UE non hanno utilizzato questi fondi.
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Backstop bancario
Una delle riforme più importanti decise dall’Eurogruppo riguarda il backstop per il settore bancario. Si tratta di una garanzia per il Fondo di risoluzione bancaria (SRB), fornita dal Mes sotto forma di una linea di credito, che garantisce un sostegno alle banche sull’orlo del fallimento in caso il Fondo non abbia più risorse.
La riforma prevede che il Mes funga da mediatore tra Stati e investitori privati nella ristrutturazione del debito pubblico.
A seguito della decisione della Corte costituzionale tedesca di respingere il ricorso dei sette deputati liberali, la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità ha ottenuto il via libera. Tuttavia, ora si chiede all’Italia di dare il suo assenso per il varo definitivo. Nel frattempo, dopo che la Croazia è entrata a far parte dell’eurozona all’inizio dell’anno, Zagabria ha aderito al Mes e ha approvato il trattato istitutivo e quello di riforma.
Le critiche al MES
Per comprendere al meglio cos’è il MES e come funziona non si può prescindere da una disamina delle riserve espresse sul fondo salva-Stati. Uno dei punti più dibattuti ha sempre riguardato il rinnovato potere della Banca Centrale Europea e, di conseguenza, le limitazioni imposte al settore bancario e ai governi nazionali.
Non sono mancate inoltre critiche dalla Grecia: Varoufakis, ex ministro greco delle finanze, nel libro «Il Minotauro Globale» si è scagliato contro i meccanismi che fanno parte del Fondo.
La somma a garanzia fornita agli Stati in difficoltà viene suddivisa e composta dalle partecipazioni di ciascun membro non in difficoltà. In poche parole, parte dei soldi concessi alla Grecia sono stati corrisposti a capitali messi a disposizione in parte dalla Germania, in parte dall’Italia, dalla Francia e così via. Ma, dato che ogni Paese riesce a garantire un proprio status di affidabilità, alla quota versata da ciascuno viene riconosciuto un interesse diverso.
Ed è qui il pericolo: se uno degli Stati più «affidabili» dovesse trovarsi in difficoltà e aver bisogno del Meccanismo, la quantità dei fondi che non può più garantire si riverserebbe necessariamente sugli Stati più piccoli.
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