Contributi in busta paga: quanto versa il lavoratore dipendente

Claudio Garau

27 Dicembre 2021 - 17:00

I contributi in busta paga sono un aspetto essenziale di ogni rapporto di lavoro. Come funziona il meccanismo e quali sono gli obblighi gravanti sul datore di lavoro?

Contributi in busta paga: quanto versa il lavoratore dipendente

Chi versa i contributi nel caso del rapporto di lavoro subordinato? Il dipendente o il datore di lavoro?

La busta paga - che prende anche il nome di cedolino o prospetto paga - è un elemento caratteristico di tutti i rapporti di lavoro subordinato. Si tratta di un documento che deve essere, per legge, consegnato dal datore di lavoro al dipendente, allo scopo di mettere nero su bianco e di certificare la retribuzione e le ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali trattenute dal datore di lavoro, per conto dello stesso lavoratore subordinato.

In altre parole, il documento è il resoconto che il datore di lavoro fa avere mensilmente al dipendente, e che trova fondamento nella legge n. 4 del 1953. La busta paga esprime, sul piano monetario, i rapporti che il dipendente ha con il datore di lavoro, il Fisco per il pagamento delle tasse e gli enti previdenziali, per quanto riguarda le trattenute Inps e Inail.

Di seguito intendiamo focalizzarci sulla seguente questione, onde dare una risposta puntuale: per quanto riguarda i contributi in busta paga, quanto versa il lavoratore? Ovvero, qual è il meccanismo applicato? Facciamo chiarezza.

Contributi in busta paga: il contesto di riferimento

I contributi sono essenziali in qualsiasi rapporto di lavoro subordinato. In linea generale, essi indicano i versamenti, di tipo obbligatorio e che gravano sul datore di lavoro, da svolgere in favore di un ente preposto, nella precisa finalità di finanziare - nel corso del tempo - le prestazioni previdenziali ed assistenziali a tutela del lavoratore stesso.

La contribuzione previdenziale obbligatoria è sempre a carico dell’azienda o datore di lavoro. Il pagamento della contribuzione previdenziale dei lavoratori subordinati deve compiersi, di solito, entro il giorno 16 del mese posteriore al periodo di paga considerato (ad esempio, entro il 16 ottobre per lo stipendio di settembre), attraverso il ben noto modello F24.

Vero è che la contribuzione dovuta non è, però, identica per tutti i lavoratori. In particolare, il calcolo dei contributi dovuti deve essere svolto, applicando l’aliquota contributiva a carico del lavoratore e dell’azienda all’imponibile previdenziale.

Da notare che l’aliquota contributiva è legata all’inquadramento dell’impresa compiuto dall’Inps. Esso è variabile sulla scorta del settore di appartenenza (es. agricoltura, industria ecc.), della classe di attività di riferimento opera (es. edilizia), e anche dello specifico gruppo di attività di dettaglio nel quale è articolata la classe.

Non bisogna dimenticare che l’inquadramento va tempestivamente indicato all’Istituto di previdenza, ma attenzione al meccanismo dell’aliquota: essa infatti può variare anche in rapporto all’eventuale sussistenza di specifici benefici. Ci riferiamo, ad esempio, ai destinatari dei cd. incentivi all’assunzione.

Se invece consideriamo l’imponibile previdenziale, intendiamo il valore su cui applicare la contribuzione Inps, e - per quanto riguarda i lavoratori dipendenti - è in buona sostanza rappresentato dai compensi percepiti fiscalmente imponibili. Sussistono però eccezioni di rilievo: va infatti applicato, nella generalità dei casi, un minimale di retribuzione su cui far valere i contributi. Insomma, se lo stipendio è molto ridotto, il calcolo dei contributi da versare deve essere compiuto in rapporto a un valore minimo, e sotto di esso non si può scendere.

Pagamento dei contributi dei dipendenti: il meccanismo in sintesi e un caso pratico

È risaputo che il versamento dei contributi previdenziali, per la generalità dei lavoratori subordinati, deve essere compiuto da parte dell’azienda o del datore di lavoro, dopo aver svolto l’operazione con cui è determinato l’ammontare dei contributi da pagare al sistema previdenziale.

Riassumendo, all’azienda o datore di lavoro, spetta di compiere i seguenti step:

  • calcolo dell’importo della contribuzione dovuta;
  • trattenimento della quota a carico del lavoratore, in busta paga;
  • versamento successivo, con modello F24, della contribuzione a proprio carico, e di quella a carico del lavoratore subordinato.

Il calcolo dei contributi non è complesso. Individuati l’inquadramento Inps, l’aliquota a carico del dipendente e quella a proprio carico, l’azienda dovrà considerare la cifra di stipendio mensile del proprio dipendente - voce imponibile Inps, in busta paga - e pertanto dovrà versare una somma derivante dall’applicazione delle aliquote all’imponibile previdenziale, entro il 16 del mese successivo a quello al quale il calcolo dei contributi si riferisce. In particolare, dalla somma totale di contributi versati per un determinato mese, sono trattenuti gli euro dello stipendio in applicazione della specifica aliquota a carico del lavoratore.

In circostanze concrete come quelle legate alla spettanza di un incentivo all’assunzione - pensiamo ad es. alle assunzioni di disoccupati over 50 - l’aliquota a carico dell’azienda viene di fatto notevolmente ridotta per un certo numero di mesi, spingendo appunto il datore di lavoro a stipulare nuovi contratti di lavoro.

Nel dettaglio, nella specifica ipotesi di assunzione di lavoratori di età al di sopra dei 50 anni, disoccupati da almeno un anno, le norme in materia dispongono una riduzione per il datore di lavoro dell’aliquota contributiva a suo carico pari al 50%.

Le tipologie di incentivi previste per assumere gli Over 50 sono differenti. In particolare, l’incentivo per disoccupati Over 50 comporta una riduzione dell’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro pari al 50%, per un lasso di tempo variabile in base al tipo di contratto a suo tempo sottoscritto dalle parti:

  • 12 mesi in ipotesi di assunzione con contratto a tempo determinato;
  • 18 mesi in ipotesi di assunzione con contratto a tempo indeterminato;
  • 18 mesi in caso di assunzione con contratto a tempo determinato che diviene poi a tempo indeterminato.

Il rilievo dei contributi e dell’aliquota IVS

In tema di contributi busta paga, non possiamo non rimarcare il ruolo assunto dai contributi IVS, vale a dire la contribuzione che sussiste ai fini pensionistici, dovuta per Invalidità, Vecchiaia e Superstiti. Detta tipologia di contributi è stata prevista per finanziare le spese che potrebbero gravare sull’INPS - e che tutelerebbero il lavoratore dipendente - in ipotesi di interruzione dell’attività di lavoro per motivi correlati all’invalidità o all’anzianità, e in caso di morte del lavoratore dipendente, per sostenere economicamente i superstiti.

Per quanto attiene ai lavoratori subordinati è il datore di lavoro a occuparsi del versamento dei contributi IVS, con la trattenuta della quota dalla busta paga del lavoratore stesso.

Da notare che il prossimo anno in busta paga sarà riconosciuto un bonus contributi che di fatto determinerà un maggior stipendio netto. Ciò è quanto emerge dal testo del maxi emendamento alla manovra, con il quale l’Esecutivo perfeziona la riforma del Fisco. Il bonus contributi sarà temporaneo e varrà per tutto il 2022. Vediamo cosa cambia per i contributi IVS.

In linea generale, le aliquote delle contribuzione IVS corrispondono al 33% e sono così articolate:

  • 23,81% a carico del datore di lavoro;
  • 9,19% a carico del dipendente.

Ebbene, secondo quanto previsto dal testo del maxi emendamento, il taglio previsto per il 2022 corrisponde al 0,8%, pertanto l’aliquota contributiva gravante sul lavoratore dipendente calerà all’8,39%, con un conseguente maggior stipendio netto.

Però precisiamo che ciò non si tradurrà in un inferiore versamento di contributi. A rimetterci sarebbe infatti il lavoratore. Sarà piuttosto lo Stato a coprire la contribuzione non versata dal lavoratore per tutto il 2022, trattandosi appunto di un bonus.

Contributi busta paga: qual è il termine per il versamento?

Così come previsto dalle norme in materia e così come anticipato poco sopra, l’azienda o datore di lavoro deve pagare i contributi dovuti per i lavoratori subordinati, entro il giorno 16 del mese posteriore a quello di scadenza del periodo di paga al quale si ricollega la denuncia contributiva mensile. Esempio pratico: per il periodo di paga febbraio, il versamento deve essere compiuto entro il 16 marzo dello stesso anno.

Attenzione però: se il giorno 16 è un sabato, domenica, o una giornata festiva, il pagamento potrà essere compiuto entro la prima giornata lavorativa successiva.

Da notare inoltre che in base al decreto legge n. 16 del 2012, il pagamento dei contributi con scadenza il 16 di agosto è differito al 20 di agosto, o al primo giorno lavorativo posteriore al 20 agosto, giacché i versamenti con scadenza dal primo al 20 agosto di ciascun anno possono essere compiuti entro il giorno 20 dello stesso mese, e senza alcuna maggiorazione.

Ricordiamo altresì che l’azienda può decidere di spostare il termine per i pagamenti in oggetto, a causa di specifiche esigenze di ambito organizzativo, rientranti nello svolgimento dell’attività d’impresa. Si tratta di quello che in gergo è chiamato ’differimento contributivo’. In via eccezionale il differimento contributivo permette al datore di lavoro di versare i contributi INPS entro un termine maggiore e comunque non al di sopra dei tre mesi rispetto a quello della normale scadenza. Al fine di far valere il meccanismo, il datore di lavoro deve però:

  • domandare un’autorizzazione Inps ad hoc;
  • versare i cd. interessi di differimento o di dilazione, in rapporto alle giornate di proroga fatte valere.

Non solo. Oltre a quanto appena visto, in alcuni casi, può essere applicato lo slittamento del termine per il pagamento della contribuzione. Il cd. slittamento contributivo si verifica quando il termine è posticipato in rapporto a previsioni di legge o amministrative.

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