Brexit, settore alimentare e agricolo in crisi? Ecco perché il Regno Unito potrà soffrire

Alessandro Cipolla

19 Luglio 2017 - 13:40

Con le trattative sulla Brexit che entrano nella fase cruciale, ecco perché diversi esperti ipotizzano una crisi del settore alimentare e agricolo nel Regno Unito.

Brexit, settore alimentare e agricolo in crisi? Ecco perché il Regno Unito potrà soffrire

Uno nuovo studio pone ulteriori dubbi sulla Brexit. Secondo tre accademici inglesi, il Regno Unito infatti rischierebbe seriamente di andare incontro a una crisi alimentare e agricola inimmaginabile “per un’economia avanzata in tempi di pace”.

Con la presentazione del Repeal Bill da parte del governo presieduto da Theresa May e la seconda tornata delle trattative con Bruxelles, la Brexit entra sempre più nella sua fase più cruciale e delicata.

A seguito del voto favorevole da parte del popolo britannico nel Referendum del 23 giugno 2016, entro marzo 2019 dovranno essere ultimate tutte le operazioni riguardanti l’uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea.

Finora si era molto parlato delle possibili ripercussioni della Brexit dal punto di vista politico, finanziario e anche sociale. Ora invece viene posto l’accento anche su un altro tema, ovvero quella di una possibile crisi agricola e alimentare che potrebbe colpire il Regno Unito nei prossimi anni.

Brexit, i rischi di una crisi alimentare

In un periodo di grande incertezza per il futuro nel Regno Unito, ecco che uno studio di 88 pagine condotto da tre illustri accademici inglesi dal nome “A food Brexit: time to get real”, si focalizza anche sulle possibili ripercussioni in campo alimentare.

Secondo lo studio infatti, realizzato da Tim Lang, Erik Millstone e Terry Marsden, si potrebbe verificare una difficile reperibilità di alcuni cibi e un conseguente aumento dei prezzi in generale per il settore senza precedenti. Rischi questi sui quali per i tre studiosi il governo sembrerebbe non preoccuparsi.

Il silenzio assordante sul futuro delle scorte e dell’approvigionamento di cibo dal referendum a ora è una sconcertante dimostrazione di irresponsabilità politica e porterà al caos senza un intervento per ammettere il problema e gestirlo.

Nello specifico, un terzo degli alimenti consumati nel Regno Unito provengono da paesi dell’Unione Europea. La verdura per esempio viene importata per l’80% del totale mentre la frutta per il 40%.

Visto l’aumento dei costi delle importazioni derivanti dalla Brexit, si verrebbe quindi a creare un forte aumento del prezzo di questi prodotti che andrebbero a colpire soprattutto i ceti medio-bassi.

Il problema però per gli studiosi è che finora il governo britannico non ha minimamente affrontato la questione con Bruxelles. Visto che mancano venti mesi all’uscita definitiva del Regno Unito, si dovrebbe cercare subito di stipulare un nuovo accordo commerciale in questo senso.

Futuro incerto

Il Regno Unito stipulò il trattato di adesione alla Comunità Economica Europea nel lontano 1972. In tutti questi decenni quindi è avvenuta una sorta di stabilizzazione dei prezzi per quanto riguarda l’importazione dei prodotti alimentari, soprattutto frutta e verdura.

Con una fuoriuscita dall’Unione senza aver prima stipulato accordi chiari a riguardo, ci sarebbero concreti rischi quindi di un aumento dei costi dell’importazione e anche di una diminuzione della qualità dei prodotti.

Altro particolare da dover considerare è che, con la Brexit, il Regno Unito smetterà di ricevere anche i sussidi per l’agricoltura. A riguardo, Bruxelles si è impegnata a versarli fino al 2022, ma dopo tale data il futuro non è incerto.

Anche l’agricoltura interna quindi potrebbe subire un duro contraccolpo dalla Brexit, considerando inoltre che le norme più restrittive in tema di immigrazione renderanno più difficile il reperire manodopera nel settore mantenendo i salari attuali.

In sostanza, dal punto di vista alimentare i britannici potrebbero ben presto fare i conti con meno scelta, meno qualità e maggiori prezzi per quanto riguarda i prodotti alimentari. Una problematica questa che finora però non sembrerebbe essere stata oggetto delle trattative tra il governo di Londra e l’Unione Europea.

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