Non si placano i "sell" sui bond governativi europei: non solo il Bund (qui tassi vicini allo 0,6% sulla scadenza decennale), ma anche sui titoli periferici. Lo spread risale fino a 140
Il mercato del reddito fisso è stato scosso da un clamoroso sell-off dei bond europei, che però si è già allargato ai titoli governativi americani e ad altri bond di paesi “core”. In particolare fa molto “rumore” il crollo senza fine del valore del Bund, che il 17 aprile scorso toccava il massimo più alto di sempre con un rendimento sulla scadenza decennale pari allo 0,07%. Da allora il titolo di stato tedesco è stato sommerso dai “sell”, con la quotazione del future all’Eurex che è passata da quasi 160,7 a poco meno di 154 per un deprezzamento del 4,5%.
Il rendimento del Bund tedesco a 10 anni è volato quasi allo 0,59% e ormai sono ben sette le sessioni consecutive in “lettera”. Alcuni analisti del mercato monetario credono che l’eventuale superamento della soglia psicologica dello 0,6% possa innescare ulteriori vendite, anche se nel breve periodo appare probabile un violento rimbalzo dovuto alla condizione di significativo ipervenduto. Il valore del Bund è sceso sui minimi da quasi 5 mesi, ma sul mercato obbligazionario europeo si sta assistendo a forti vendite anche sui titoli della periferia.
I tassi sono saliti sui top dell’anno, con il rendimento del BTp a 10 anni balzato all’1,93%. Lo spread Btp-Bund, dopo aver toccato anche quota 140, ha chiuso la seduta di ieri a 134 punti base ma solo pochi giorni fa sembrava a un passo dal raggiungimento di quota 100. Da segnalare il balzo dei tassi trentennali italiani, che hanno superato il 3% per la prima volta da fine gennaio scorso. Sono saliti anche i tassi sulle scadenze di breve e medio periodo (allo 0,2% sul biennale e allo 0,9% circa sul quinquennale).
Secondo gli esperti del fixed income market, il boom dei rendimenti governativi – in particolare le scadenze a più lungo termine – non è dovuto soltanto all’incertezza legata al futuro della Grecia, che al momento sembra avere almeno un piede fuori dall’Eurozona visto che l’accordo sul debito con Fmi e Bruxelles sembra molto lontano. Gli esperti di Unicredit ritengono che stanno crescendo le aspettative di inflazione, a causa del rally del petrolio (quasi +50% da inizio anno), con la conseguenza di una richiesta di maggiori rendimenti da parte degli investitori.
Alla Intesa Sanpaolo, invece, credono che il forte incremento della volatilità sui bond sia anche dovuto ai timori sul rallentamento della crescita economica negli Stati Uniti e alle sorprendenti oscillazioni del tasso di cambio euro/dollaro, che stanno premiando la moneta unica con un progresso superiore all’8% dai minimi dell’anno (ieri la quotazione si è spinta in area 1,1350, ma potrebbe aumentare ancora fino a 1,15 o addirittura 1,20 in caso di superamento delle prossime resistenze di breve periodo).
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