L’attacco in Siria ha suscitato la reazione di Trump e incrinato i rapporti tra gli USA e la Russia di Putin: sempre più incertezza per gli equilibri internazionali.
L’attacco in Siria ha aperto un capitolo di incertezza a livello internazionale.
La reazione di Donald Trump non si è lasciata attendere e questa notte ha lanciato 59 missili contro la base siriana Al Shayrat da dove sarebbe partito l’attacco chimico in Siria che ha fatto strage di civili.
Trump ha spiegato di aver agito nell’interesse della sicurezza degli USA, un attacco che voleva essere tanto punitivo quanto preventivo. Ha ribadito che la mossa di Assad ha violato i patti sanciti dalla Convenzione sulle armi chimiche e ha invitato tutte le nazioni civili ad unirsi nella lotta contro il terrorismo.
La mossa di Trump ora suscita curiosità e preoccupazione per i rapporti tra Stati Uniti e Russia, ma anche per la reazione di Assad. Ci si dovrà aspettare un nuovo attacco dai caratteri simili a quello del 5 aprile o la reazione degli USA lo spingerà a considerare una trattazione?
Gli equilibri internazionali sembrano sempre più sospesi, come spiega anche il giornalista francese Bernard Guetta che parla di
“zona pericolosa per la stabilità internazionale perché la Russia di Vladimir Putin e gli Stati Uniti di Donald Trump si trovano faccia a faccia in Siria, nel cuore di un Medio Oriente in piena implosione”.
Attacco in Siria: il ruolo della Russia di Putin
Sicuramente l’attacco in Siria ha suscitato reazioni in tutto il mondo e anche la Russia di Putin si è unita a parole al cordoglio per la morte dei civili, almeno a parole. Il ruolo che giocano la Russia e Putin nella delicata situazione medio-orientale è sempre più cruciale.
Dopo l’attentato del 3 aprile scorso alla metropolitana di San Pietroburgo l’Europa e anche gli USA di Trump avevano creduto che l’avvicinamento alla Russia e il tentativo di instaurare un dialogo con Putin potesse essere il primo passo verso un intervento risolutivo. Un’unione che di fatto si sarebbe potuta considerare naturale conseguenza della lotta ad un nemico comune.
Non si può e non si deve dimenticare però che Putin, insieme all’Iran, sostiene il regime di Assad con le armi e ha favorito, anzi persino salvato, il regime stesso sotterrando Aleppo. Nonostante ciò Assad non ha intenzione di fare concessioni ai russi, probabilmente temendo che un’apertura simile potrebbe essere fatale al suo regime.
L’atteggiamento di Putin è quello di chi non ha mai concretamente ostacolato, pur avendo tutti i mezzi per farlo, il terrorista di Damasco. E anche in questa circostanza non si è smentito respingendo la bozza di risoluzione che era stata presentata da USA, Francia e Regno Unito e condannando l’attacco di Trump, definendolo
“un’aggressione contro una nazione sovrana”.
Secondo Putin inoltre la mossa americana incrinerà i rapporti tra USA e Russia, creando un ostacolo considerevole alla costruzione di una coalizione internazionale per sconfiggere l’Is.
La linea assunta dalla Russia sembra confermare l’ipotesi sempre più diffusa in Europa e in generale nell’Occidente che vede Putin impegnato in un’opera di indebolimento delle grandi democrazie: la situazione in Medio Oriente potrebbe giocare un ruolo fondamentale in questo processo.
Attacco in Siria: equilibri internazionali precari
L’attacco in Siria dei giorni scorsi ha clamorosamente posto l’accento sulla precarietà degli equilibri internazionali ma anche su un conflitto complesso nel quale confluiscono fattori diversi ma inevitabilmente intrecciati l’un l’altro:
- la posizione di Russia e Stati Uniti che, come si è già visto, finora si sono sempre rifiutate di intervenire in modo concreto in Medio Oriente;
- la rivalità tra l’Arabia Saudita e l’Iran, tra sunniti e sciiti: due paesi in cui il potere religioso sembra aver creato fratture irreparabili;
- la lotta dei civili siriani in favore della loro libertà e l’odio suscitato dal regime di Assad;
- il pericolo dello Stato Islamico il cui obiettivo fondamentale non è di matrice religiosa ma politica, ovvero quella di creare uno stato sunnita tra Siria e Iraq. Un’organizzazione che è sì in ritirata ma che appare ancora ben lontana dall’essere sconfitta.
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