Perché a Draghi non importa della forza dell’Euro?

Flavia Provenzani

15 Agosto 2017 - 18:00

Il grande rialzo dell’Euro sembra non preoccupare il presidente della BCE Mario Draghi. Ma è veramente così?

Perché a Draghi non importa della forza dell’Euro?

A guardare Mario Draghi non sembra affatto preoccupato per la recente super-forza dell’Euro.
Il presidente della Banca Centrale Europea, fino ad oggi, ha declinato ogni invito a scoraggiare il recente apprezzamento della moneta unica.

Draghi parla di prospettive di crescita migliori delle attese, il che suggerisce di stare tollerando la salita dell’euro come prova che la sua campagna per rilanciare l’economia sta avendo risultati.

Molte banche centrali pensano che se la moneta sale per dei motivi buoni, solidi e fondamentali allora non vale la pena opporsi. Le prospettive di crescita in Europa sono cambiate drammaticamente - l’economia sta crescendo con forza - per cui una forza dell’euro è solo una prevedibilissima conseguenza.

Questa nuova realtà è fondata su spesa e investimenti sani, che rendono il recupero meno vulnerabile all’impatto dell’euro più forte sulle esportazioni.

L’inflazione, che la BCE sta lottando per portare al 2 per cento, potrebbe essere invece meno isolata dall’aumento della valuta e dal suo effetto sul prezzo delle importazioni.
Gli economisti nell’ultimo sondaggio mensile di Bloomberg hanno tagliato la previsione sul l’inflazione in Germania, la più grande economia della zona euro, dall’1,7 per cento all’1,6 per cento - mantenendo invece la previsione dell’indicatore nell’area euro all’1,5 per cento.

Il Consiglio direttivo della BCE potrà valutare l’impatto del rialzo dell’euro del 12 per cento quest’anno in occasione del confronto sul futuro percorso del Quantitative Easing a settembre. Le nuove previsioni economiche verranno pubblicate in occasione della stessa riunione.

Draghi ha limitato i suoi commenti sull’euro a poche parole apparentemente tranquille dopo l’ultima riunione del Consiglio:

"La rivalutazione del tasso di cambio ha ricevuto una certa attenzione durante i vari scambi di opinioni e in vari modi".

Ma dalla riunione del 20 luglio, quando sosteneva che le condizioni di finanziamento stavano rimanendo favorevoli per una ripresa della crescita dei prezzi, si sono deteriorate.

L’ultimo acceleratore della salita dell’euro ha avuto inizio il 27 giugno, quando Draghi ha parlato della presenza di forze reflazionistiche, sostenendo che la continuità del recupero consentirebbe alla banca centrale di ridurre lo stimolo.

Da quel momento, la valuta si è rafforzata di un ulteriore 4 per cento contro il dollaro - raggiungendo i massimi precedenti all’inizio del QE - e di oltre il 7 per cento in termini ponderati. Nel 2007 un simile rialzo della moneta unica aveva portato all’emissione di un avvertimento da parte dell’allora presidente della BCE, Trichet, secondo cui i "movimenti esagerati" non sono mai ben accolti - all’epoca l’euro valeva poco meno di $1,50.

Draghi ha già tentato di frenare l’ascesa dell’euro con le parole parlando di "grave preoccupazione" per l’apprezzamento della moneta nel maggio 2014. Ora ha l’opportunità di modificare la sua attuale valutazione in occasione della conferenza in Germania in programma il 23 agosto. Il presidente è poi attesi al simposio di Jackson Hole organizzato dalla Federal Reserve - il luogo in cui ha anticipato che la BCE era per degli acquisti di asset su larga scala tre anni fa.

Gli economisti prevedono che la BCE inizierà a ridurre gli acquisti di beni entro nove mesi a partire da gennaio e i mercati finanziari stanno valutando un primo aumento di tasso per la fine del 2018.

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