730/2024 a debito non pagato: quali sono le conseguenze per il contribuente se presenta una dichiarazione a debito, ma non paga le tasse? Ecco sanzioni, interessi, procedure esecutive e sconti.
Ho presentato un modello 730/2024 a debito e non ho pagato, cosa succede se non verso le imposte dovute? Quali sono le conseguenze in caso di omesso o ritardato versamento degli importi e come evitare sanzioni? Queste sono le domande che molti si pongono, ma prima è bene fare un quadro di insieme delle risultanze possibili in seguito alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Dal modello redditi 730 possono esservi 3 esiti:
- il contribuente/dichiarante non deve versare nulla al Fisco;
- ha diritto a rimborsi Irpef in quanto la stessa è stata versata in eccedenza, ad esempio nel caso in cui siano state fatte valere deduzioni e detrazioni;
- risulta il 730/2024 a debito.
In questo ultimo caso, è necessario versare i maggiori importi dovuti. Se il contribuente ha un sostituto di imposta, ad esempio il datore di lavoro o l’ente che eroga la pensione, sarà costui a dover provvedere.
In caso contrario dovrà effettuare i versamenti il contribuente con 730 a debito utilizzando il modello F24.
730 a debito con sostituto di imposta e senza sostituto di imposta
Ricordiamo che la scadenza per la presentazione del modello 730/2024 è il 30 settembre 2024 eventuali somme a debito potranno essere versate entro il termine massimo del 30 novembre 2024.
Per le somme da versare è possibile chiedere la rateizzazione con un numero massimo di 6 rate, si può usufruire del numero massimo di rate solo nel caso in cui la dichiarazione sia presentata nel primo termine di scadenza (primo pagamento 1° luglio, termine che slitta dal 30 giugno che è domenica). In caso contrario il numero di rate diminuisce.
In caso di pagamento a rate viene applicato un tasso di interesse, a partire dalla seconda rata. L’opzione deve essere esercitata nella sezione V del modello 730/2024 indicando il numero di rate di cui si vuole usufruire.
Le somme risultanti nel 730 a debito, in presenza del sostituto di imposta, sono versate dal datore di lavoro (o ente che eroga la pensione) trattenendole dal pagamento del mese di luglio. Per i pensionati le trattenute slittano ad agosto o settembre. Nel caso in cui la retribuzione/pensione non sia sufficiente, gli importi saranno prelevati anche nelle buste paga successive.
Nel caso in cui il contribuente abbia presentato il modello 730 e abbia indicato nello stesso di non avere il sostituto di imposta dovrà indicare la lettera “A” nella casella “730 senza sostituto” del frontespizio e, nella sezione “dati del sostituto” dovrà barrare la casella “mod. 730 dipendenti senza sostituto d’imposta”.
A partire dal 2024 l’opzione per la compilazione del modello 730 senza sostituto può essere esercitata anche da chi in teoria un sostituto lo avrebbe.
Le scadenze ordinarie delle rate sono:
- 30 giugno (slitta al primo luglio perché il 30 è domenica);
- 16 luglio;
- 20 agosto;
- 16 settembre;
- 16 ottobre;
- 18 novembre;
- 16 dicembre.
In ogni caso dalla seconda rata si paga un piccolo tasso di interesse e ciascun versamento può essere effettuato con un mese di ritardo, con una piccola maggiorazione dello 0,40%, oltre gli interessi.
Si è detto che queste sono le scadenze per il debito derivante dal 730/2024, ma cosa succede se non si provvede al versamento delle somme dovute?
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730/2024 a debito non pagato e ravvedimento operoso
Il mancato pagamento del 730 a debito può verificarsi solo in assenza del sostituto, in presenza di un sostituto, infatti, le somme sono trattenute direttamente dalla busta paga/pensione.
Naturalmente l’Agenzia delle Entrate prova a recuperare le somme dovute e, attraverso il sistema sanzionatorio, cerca di ottenere gli adempimenti volontari.
La regola generale è che per ogni omesso, ritardato o non sufficiente versamento di imposte, acconti, addizionali e contributi previdenziali, si applica una sanzione ordinaria del 30% di ogni importo non versato o pagato in ritardo. Alla sanzione devono essere aggiunti gli interessi legali.
Si può ottenere una riduzione della sanzione attraverso il ravvedimento operoso, in questo caso la sanzione viene calcolata avendo come punto di riferimento il lasso di tempo intercorso tra la data entro la quale doveva essere versato l’importo e il momento in cui lo stesso viene effettuato o meglio il contribuente si ravvede.
Il ravvedimento operoso, grazie alle novità introdotte con la legge di Bilancio 2015, è uno strumento utilizzabile fino al momento in cui vi è la notifica atti di liquidazione e di accertamento. Ciò implica che nel caso in cui si riceva un avviso bonario è ancora possibile optare per il ravvedimento operoso.
Questo istituto consente di pagare gli importi dovuti con una sanzione ridotta, ecco quali sono gli importi delle sanzioni:
- entro i 14 giorni dalla data dell’omesso pagamento, ravvedimento sprint, la sanzione è dello 0,1% per ogni giorno di ritardo, quindi se il contribuente paga il 14° giorno versa l’1,4% della sanzione prevista;
- entro 30 giorni, ravvedimento breve, la sanzione è 1/9 di quella originariamente prevista;
- dal 31° al 90° giorno, ravvedimento intermedio, si applica la percentuale di 1/8 della sanzione minima prevista;
- entro un anno dal termine previsto per il pagamento, si applica 1/7 della sanzione;
- entro 2 anni dal mancato pagamento, si applica il 1/6 della sanzione minima prevista.
Anche per il ravvedimento operoso il pagamento deve essere effettuato con il modello F24 e deve comprendere l’imposta dovuta e le sanzioni utilizzando i codici tributo:
- per sanzione Irpef: 8901;
- per sanzione per addizionali Irpef: 8902.
730 a debito non pagato e accertamenti Agenzia delle Entrate
Si passa quindi all’ulteriore caso in cui il contribuente con 730 a debito non abbia pagato entro i termini, non abbia operato il ravvedimento operoso e, di conseguenza, sia stato emesso un atto di accertamento, oppure una cartella esattoriale da parte dell’Agenzia Entrate e Riscossione.
L’avviso di accertamento è un atto con cui l’Agenzia delle Entrate chiede al contribuente il pagamento volontario delle somme contestate. Il contribuente può impugnarlo entro 60 giorni, dando il via a un contenzioso tributario, oppure provvedere al pagamento delle somme contestate.
Nel caso in cui l’avviso di accertamento riguardi l’omesso versamento di imposte dirette, come appunto l’Irpef e le relative addizionali, è denominato “avviso di accertamento esecutivo".
Perché si chiama così? La risposta è molto semplice, perché consente all’esattore di procedere direttamente all’esecuzione sui beni del contribuente alla scadenza dei termini per il pagamento e per la proposizione del ricorso indicati nell’avviso stesso, senza l’ulteriore passaggio della cartella esattoriale o altre procedure di accertamento.
Affinché l’avviso di accertamento possa diventare esecutivo, deve espressamente riportare l’avvertimento che il provvedimento diventa esecutivo allo scadere dei termini per la proposizione del ricorso e che, trascorsi 30 giorni dal termine utile per il pagamento, la riscossione delle somme richieste sarà affidata agli agenti della riscossione.
L’avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento avrebbero dovuto essere effettuati. Successivamente vi è la prescrizione.
L’avviso di accertamento deve sempre essere motivato a pena di nullità e deve indicare:
- gli imponibili accertati;
- le aliquote applicate;
- le imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta;
- l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni nonché il responsabile del procedimento;
- le modalità e il termine del pagamento;
- l’organo giurisdizionale al quale è possibile presentare ricorso e i termini per la proposizione.
Il contribuente che riceve un avviso di accertamento e che rinuncia formalmente a presentare il ricorso, accettando così di pagare le somme, può ottenere la riduzione delle sanzioni, si parla anche di acquiescenza della cartella esattoriale.
Cosa vuol dire che l’avviso di accertamento diventa esecutivo?
Un avviso di accertamento esecutivo consente all’agente di riscossione di agire per l’esecuzione forzata del provvedimento senza ulteriori attività propedeutiche. L’esecuzione può avvenire in diversi modi, dipende dalle somme da riscuotere e dalle sostanze del debitore:
- la strada preferita dall’agente di riscossione è sicuramente il pignoramento in conto corrente;
- si può procedere al fermo amministrativo della macchina;
- pignoramento di un quinto dello stipendio o della pensione;
- iscrizione di un’ipoteca sulla casa.
All’arrivo di una cartella esattoriale o di un avviso di accertamento esecutivo, è possibile richiedere all’Agenzia delle Entrate una rateizzazione degli importi da pagare.
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