Mercati alle prese con il secondo semestre 2025 e con almeno 5 motivi che suggeriscono incertezza. Cosa può accadere alla finanza globale? I rischi da non sottovalutare.
Mercati verso il secondo semestre 2025 dopo i primi sei mesi dell’anno all’insegna della turbolenza.
Commercio internazionale e dazi, ruolo della Federal Reserve e attriti con Trump, geopolitica, corsa al riarmo restano in cima alla lista dei temi da tenere d’occhio nel mercato per la seconda metà dell’anno. Gli Stati Uniti sono senza dubbio protagonisti assoluti della scena finanziaria globale, ma i riflettori si accendono anche sulla crescita - o declino - della Cina, sulle mosse UE nel complesso contesto delle guerre e della spinta militare, su eventuali accordi commerciali rinnovati per sfuggire alle tariffe.
I mercati stanno chiudendo un semestre piuttosto agitato, che ha visto l’S&P 500 crollare del 19% dal picco al minimo, prima di recuperare le perdite. L’indice ha chiuso a un massimo storico venerdì 27 giugno, dopo che il cessate il fuoco tra Israele e Iran ha rilanciato la propensione al rischio.
Il recente rimbalzo, però, non sarebbe una indicazione sufficiente per prevedere guadagni e crescita nel prossimo semestre. Alcuni esperti intervistati da Bloomberg, per esempio, citano una serie di rischi a cui sono esposti i titoli azionari. Cosa aspettarsi nelle seconda metà dell’anno? I mercati alle prese con 5 minacce di instabilità e motivi di incertezza.
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Mercati verso il secondo trimestre 2025
L’anno giunge a metà strada e, sebbene il ritorno al potere del presidente degli Stati Uniti Donald Trump a gennaio ha sicuramente sconvolto i mercati, perfino i trader più esperti sono rimasti scioccati dalla corsa al rialzo di fine semestre.
Alcuni, come sottolineato da Reuters, la descrivono come una “grande rotazione” che capita una volta ogni generazione. In focus c’è il “Re Dollaro”, che sta vivendo il suo peggior inizio d’anno dall’inizio dell’era delle valute a fluttuazione libera nei primi anni ’70, con l’aumento delle preoccupazioni sul debito statunitense.
I titoli azionari dei “Magnifici 7” sono rimasti invariati quest’anno, a fronte di un balzo di quasi il 20% delle “Big Tech” cinesi, di un’impennata del 25% dell’oro e di un boom del 60% dei titoli della difesa europei.
La scadenza imminente per gli accordi tariffari, le prospettive contrastanti per gli utili e le domande sul debito americano e sulla leadership della Federal Reserve temi di grande interesse per il futuro.
“Siamo più cauti che costruttivi” ha affermato Joe Gilbert, gestore di portafoglio di Integrity Asset Management LLC interpellato da Bloomberg insieme ad altri esperti. “Le prospettive per la seconda metà dell’anno sono sempre inquadrate dal punto di partenza, e quel punto di partenza, in termini di valutazione e crescita degli utili, non è poi così allettante”.
La visione di Gilbert rispecchia il sentiment negativo degli investitori istituzionali da Singapore a Londra e New York con l’avvicinarsi della fine di giugno. Si riflette anche nel posizionamento azionario dei gestori patrimoniali globali, che rimane ben al di sotto dei livelli storici.
In questo contesto, cosa sta per accadere? I prossimi mesi sono pieni di aspettative e fattori difficili da prevedere. Con 5 incertezze in agguato.
1. Incertezza tassi
Il secondo semestre inizia subito con un focus sulle banche centrali. Martedì 1 luglio i banchieri centrali si incontreranno per il forum annuale della BCE alle pendici dei monti Sintra in Portogallo. Tutti gli analisti sono già in attesa di cosa diranno i responsabili sulla definizione dei tassi, dalla presidente della BCE Christine Lagarde a Powell della Fed, in merito alle infinite turbolenze geopolitiche.
Che si tratti dell’impatto economico delle rinnovate tensioni in Medio Oriente o della scadenza tariffaria del 9 luglio, la situazione è poco chiara e ciò offusca le aspettative sui tagli dei tassi.
Gli investitori cercheranno indizi sulla politica della BCE e Powell è sotto i riflettori, mentre Trump sta valutando di nominare in anticipo il suo successore, alimentando i timori sull’indipendenza della Fed.
La BCE potrebbe anche annunciare i risultati della sua revisione strategica. Nonostante le turbolenze post-pandemiche, i responsabili politici sembrano ignorare le richieste di autocritica, sostenendo l’aggressivo programma di stimolo dell’ultimo decennio.
2. Cina, decollo in vista?
Siamo già a metà anno, ma la ripresa economica cinese, a lungo attesa, non ha ancora preso piede.
È probabile che i dati ufficiali dell’indice dei responsabili degli acquisti di fine giugno dipingano lo stesso quadro desolante che gli investitori hanno affrontato per gran parte dell’anno, con i dazi di Trump che hanno colpito l’attività manifatturiera.
La lettura dell’indice PMI manifatturiero globale Caixin/S&P segue la pubblicazione ufficiale il giorno dopo, e l’asticella per superare i numeri deprimenti di maggio è relativamente bassa.
I funzionari cinesi sembrano ottimisti circa le prospettive di crescita, ma incombono enormi incertezze.
Le pressioni deflazionistiche interne continuano ad aggravarsi e una fragile tregua commerciale sino-americana non è certo la soluzione definitiva. Le tensioni tra le due maggiori economie mondiali permangono.
3. Geopolitica
La fine delle ostilità tra Israele e Iran ha fatto scendere i prezzi del petrolio, attenuando le preoccupazioni degli investitori azionari su come ciò avrebbe potuto ripercuotersi sull’inflazione e complicare il percorso della Fed verso i tagli dei tassi di interesse. Tuttavia, il miglioramento del sentiment è fragile, dato che l’incertezza aleggia sul futuro del programma nucleare iraniano.
“Nonostante questo temporaneo sollievo, continuiamo a considerare il rischio geopolitico strutturalmente elevato”, ha affermato Francisco Simón, responsabile strategia Europa di Santander Asset Management.
Anche le relazioni tese tra Stati Uniti e Cina tengono gli investitori con il fiato sospeso. I dettagli dell’accordo commerciale che le due parti hanno dichiarato di aver raggiunto questa settimana sono tutti da decifrare. Tra i punti chiave, vi è da scoprire se l’intesa consentirà alle aziende americane di accedere alle terre rare cinesi e se rimuoverà gli ostacoli che impediscono alle aziende tecnologiche cinesi di ottenere chip statunitensi all’avanguardia.
4. Tregua dazi, dopo il 9 luglio cosa accadrà?
Una minaccia immediata al rally azionario è la data del 9 luglio, fissata dal presidente Donald Trump, per raggiungere accordi commerciali con i principali partner statunitensi. La posta in gioco è alta, poiché gli esportatori senza un accordo saranno colpiti da dazi molto più elevati dell’attuale livello del 10% applicato alla maggior parte dei paesi.
Il Regno Unito è un caso isolato, avendo raggiunto un accordo sulla carta. L’Unione Europea e gli Stati Uniti ritengono di poter raggiungere in tempo un qualche tipo di accordo commerciale, ha riportato Bloomberg News venerdì, mentre proseguono i colloqui con India, Giappone e molti altri. Bloomberg News ha anche riferito che gli Stati Uniti si stanno avvicinando ad accordi con Messico e Vietnam.
Tuttavia, gli investitori sono consapevoli dei rischi di improvvise turbolenze. A testimonianza dell’imprevedibilità del contesto, Trump ha dichiarato venerdì 27 giugno che avrebbe interrotto i colloqui commerciali con il Canada in risposta a una tassa del 3% sui servizi digitali.
Gli investitori concordano generalmente sull’improbabilità di uno shock tariffario sui mercati delle dimensioni del “Giorno della Liberazione” di inizio aprile. Si spera anche che la scadenza possa essere posticipata. Tuttavia, Anthi Tsouvali, stratega di UBS Global Wealth Management, ha affermato che, sebbene “i mercati non siano più compiacenti, sussistono rischi finché non verrà annunciato un accordo definitivo”. La sua posizione è neutrale sull’azionario. Ci sarà molta incertezza, molta volatilità, ha aggiunto.
5. Debito USA e FED
Gli Stati Uniti hanno perso il loro ultimo rating di credito massimo a maggio, a causa delle crescenti preoccupazioni degli investitori per il debito pubblico sempre più alto.
Nel frattempo, si prevede che la legge di Trump su tasse e spesa aggiungerà migliaia di miliardi all’indebitamento federale nei prossimi anni.
“Sappiamo che il problema non si risolverà”, ha affermato Neil Robson responsabile del settore azionario globale di Columbia Threadneedle Investments. Ha osservato che un crollo del mercato che provochi un’impennata dei rendimenti obbligazionari e un crollo delle valutazioni azionarie rimane un evento poco probabile. “Ma dobbiamo esserne consapevoli”, ha concluso.
Per Nicolas Wylenzek, stratega macroeconomico di Wellington Management, anche la gestione della successione del presidente della Fed è una questione importante per gli investitori. Mercoledì Trump ha dichiarato di avere in mente tre o quattro persone che succederanno a Jerome Powell alla scadenza del suo mandato l’anno prossimo.
Un rischio menzionato da alcuni investitori è che gli Stati Uniti vivano una loro versione del “momento Liz Truss” del Regno Unito del 2022. Questo è stato in parte “innescato dalla spesa incontrollata, in combinazione con alcuni dubbi sull’indipendenza della Banca d’Inghilterra”, ha affermato Wylenzek.
“Potremmo assistere a qualcosa di simile? C’è il rischio che i mercati inizino improvvisamente a preoccuparsi che il prossimo presidente della Fed non sia indipendente come forse lo sono stati in passato”, ha sottolineato.
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