Zuppe di pollo fatte con la stampante 3D. Campell’s finisce nella bufera dopo le frasi di un dirigente

P. F.

28 Novembre 2025 - 17:58

Brutto periodo per lo storico marchio americano di zuppe. Stanno girando sul web degli audio in cui l’ex vicepresidente dell’azienda definisce i loro prodotti come cibo immangiabile e “per poveri”.

Zuppe di pollo fatte con la stampante 3D. Campell’s finisce nella bufera dopo le frasi di un dirigente

Campbell’s, una delle aziende alimentari più iconiche degli Stati Uniti, è finita al centro di una tempesta mediatica dopo la diffusione di un audio compromettente. Nella registrazione, l’ex Vicepresidente e Chief Information Security Officer, Martin Bally, avrebbe definito i prodotti dell’azienda come “cibo per poveri”, usando espressioni volgari e denigratorie nei confronti delle celebri zuppe in lattina.

Il dirigente avrebbe inoltre affermato che lui stesso non acquista quasi più i prodotti Campbell’s, poiché è a conoscenza di “cosa ci mettono dentro”. A far discutere ancora di più è un passaggio in cui Bally parla di “carne bioingegnerizzata” e sostiene che il pollo utilizzato nelle zuppe sarebbe “uscito da una stampante 3D”, un’affermazione totalmente priva di fondamento che è subito diventata virale online.

Le accuse di discriminazione e clima tossico

La registrazione è stata allegata a una causa intentata da un ex dipendente del reparto cybersecurity, che sostiene di aver subito un licenziamento ritorsivo dopo aver segnalato la cattiva condotta del dirigente. L’ex dipendente ha denunciato anche commenti razzisti rivolti da Bally a colleghi indiani, descritti con insulti e termini dispregiativi.

Secondo la ricostruzione contenuta negli atti, l’uomo avrebbe chiesto di poter riferire tutto al reparto di Risorse Umane, ma la sua richiesta sarebbe stata ignorata. Nei mesi successivi sarebbe stato poi allontanato dall’azienda. Da qui la decisione di intraprendere un’azione legale per ottenere un risarcimento per danni morali, economici e stress.

La risposta di Campbell’s: licenziamento immediato e smentite sugli ingredienti

Di fronte all’esplosione del caso, Campbell’s ha tagliato rapidamente i ponti con il dirigente, comunicando pubblicamente che Martin Bally non lavora più per l’azienda. Il gruppo ha definito le sue affermazioni “oscene, offensive e false” e si è dichiarato distante sia dal linguaggio utilizzato che dalle insinuazioni sulla qualità dei prodotti.

In una nota ufficiale, Campbell’s ha ribadito che il pollo utilizzato nelle sue zuppe proviene da fornitori statunitensi approvati dalle autorità sanitarie e che non viene utilizzata carne stampata in 3D, né ingredienti bioingegnerizzati. Il CEO Mark A. Clouse ha definito le dichiarazioni dell’ex dirigente “ridicole e imbarazzanti”, sottolineando che non rappresentano in alcun modo i valori del gruppo:

“I commenti erano volgari, offensivi e falsi e ci scusiamo per il danno che hanno causato. Questo comportamento non riflette i nostri valori e la cultura della nostra azienda e non tollereremo questo tipo di linguaggio in nessuna circostanza”.

Le possibili ripercussioni sul fronte legale e reputazionale

Lo scandalo arriva mentre Campbell’s cerca, ormai da anni, di riposizionarsi sul mercato con un ampliamento dell’offerta oltre le zuppe tradizionali e investimenti in prodotti più moderni. La tempesta mediatica in corso rischia però di minare la fiducia dei consumatori proprio sul terreno più sensibile: la qualità degli ingredienti.

La diffusione dell’audio ha inoltre aperto un dibattito sul clima aziendale. Il fatto che un dirigente di alto profilo si esprimesse in questi termini durante una riunione privata, poi registrata dal dipendente, fa emergere interrogativi sul controllo interno e sulle dinamiche di potere nel gruppo.

La causa intentata dall’ex dipendente potrebbe trasformarsi così in un caso simbolo per la tutela dei lavoratori contro comportamenti discriminatori e ritorsivi. Se un tribunale dovesse accertare che il licenziamento sia stato una rappresaglia per aver denunciato comportamenti inappropriati, Campbell’s rischierebbe non solo un danno economico, ma soprattutto reputazionale.

Per ora, l’azienda cerca di contenere gli effetti della bufera ribadendo trasparenza e qualità dei prodotti. Ma per riconquistare la fiducia dei consumatori potrebbe non bastare. La vicenda ha messo in luce quanto sia fragile l’immagine di un brand, anche se costruito in oltre un secolo di storia e nonostante abbia fatto da “musa” per numerosi quadri di Andy Warhol.

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