Vietato chiedere ai colleghi se sono vaccinati: ecco perché nemmeno il datore può farlo

Isabella Policarpio

07/06/2021

07/06/2021 - 17:06

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Né i colleghi né il datore di lavoro possono chiedere ad un dipendente se ha fatto il vaccino contro il Covid-19, quando e quale. Queste informazioni sono riservate. Le precisazioni del Garante della Privacy.

Vietato chiedere ai colleghi se sono vaccinati: ecco perché nemmeno il datore può farlo

Ai colleghi e ai dipendenti non si possono chiedere informazioni che riguardano il vaccino contro il Covid-19, salvo in specifici casi indicati dalla legge.

Vaccinarsi contro il coronavirus, infatti, non è obbligatorio e non è previsto il licenziamento per coloro che non si sono prenotati e non intendono farlo.

A fugare ogni dubbio sul vaccino ci ha pensato il Garante della Privacy con una circolare emanata lo scorso febbraio: la scelta di fare o non fare il vaccino rientra tra le informazioni personali e riservate, per questo i colleghi e i vertici aziendali non possono obbligare un dipendente/collega a rilasciare dichiarazioni o certificazioni.

Diversa è invece la posizione del medico competente in azienda, come spiegheremo di seguito.

Posso sapere se un collega è vaccinato?

Aderire alla campagna vaccinale contro il Covid-19 - anche se fortemente consigliato - non è obbligatorio; per questa ragione i colleghi non possono pretendere di sapere chi è vaccinato e chi no, a meno che un dipendente non decida di dichiaralo spontaneamente.

Le informazioni riguardanti il vaccino sono strettamente personali e riservate e devono essere trattate con particolare attenzione, come si evince dalle Faq del Garante della Privacy pubblicate lo scorso 18 febbraio 2021.

I dettagli sul vaccino non possono essere divulgati ai colleghi nemmeno dietro il consenso espresso del diretto interessato, anzi il Garante precisa che:

“Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo.”

Il datore può chiedere ai propri dipendenti se sono vaccinati?

A questa domanda la risposta è negativa. Allo stesso modo dei colleghi, il datore di lavoro non può pretendere che i dipendenti comunichino se si sono sottoposti al vaccino, in quale data e che tipologia.

Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

E, come si è già visto, il dati sulla vaccinazione dei dipendenti non possono essere trattati nemmeno sulla base del consenso, in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo.

Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nomi dei dipendenti vaccinati?

No, il datore di lavoro non può in nessun caso chiedere al medico competente dell’azienda i nominativi dei dipendenti che hanno aderito alla campagna vaccinale.

Queste informazioni - in quanto strettamente sanitarie - possono essere trattate soltanto dal medico in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica.

Secondo la disciplina legale, il datore di lavoro può venire a conoscenza unicamente del giudizio di idoneità/inidoneità alle mansioni e delle eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati, senza poter prendere visione di ulteriori dettagli di carattere medico-sanitario.

La vaccinazione anti Covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro?

Al momento nessuna norma impedisce l’accesso agli ambienti di lavoro ai dipendenti senza vaccino. E, nel silenzio delle legge, un simile divieto non può di certo essere imposto a discrezione dei vertici aziendali.

Allo stato dei fatti, spetta al medico competente - in qualità di anello di congiunzione tra Sistema sanitario e contesto lavorativo - valutare se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, nei casi di obiettiva esposizione ad “agenti biologici”.

Costituiscono un’eccezione gli operatori sanitari (medici ed infermieri) per i quali il decreto legge n. 44/2021 prevede che la mancata vaccinazione contro il coronavirus comporti la sospensione dall’esercizio della professione fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale.

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