Usucapione tra coniugi è ammessa?

Ilena D’Errico

16 Agosto 2023 - 21:32

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Usucapione tra coniugi, ecco quando è ammessa secondo la legge, quali sono i requisiti previsti, come influisce il regime patrimoniale e che cosa succede dopo il matrimonio.

Usucapione tra coniugi è ammessa?

L’usucapione è definita come mezzo di acquisto a titolo gratuito, in quanto un soggetto acquista la proprietà di un bene senza dover pagare alcun corrispettivo ma semplicemente comportandosi come proprietario, purché il titolare non si opponga. Principalmente si fa riferimento all’usucapione riguardo a beni abbandonati o inutilizzati, anche se non è raro il ricorso a questo metodo di comune accordo tra le parti per evitare le spese.

Ci si chiede però se sia ammessa l’usucapione tra coniugi, considerando il particolare rapporto che intercorre e che si riflette anche sulla proprietà e l’utilizzo dei vari beni a disposizione. Ecco cosa prevede la legge.

Usucapione tra coniugi, cosa dice la legge

L’usucapione è un istituto giuridico fondamentale, in virtù del quale se una persona si appropria di un bene comportandosi come proprietario per un certo periodo di tempo (e il proprietario legittimo non si oppone), allora acquista la proprietà del bene. Affinché l’usucapione operi, però, è previsto che il possesso sia pubblico e quindi potenzialmente a conoscenza del proprietario, ma anche che a quest’ultimo sia impedito di conseguenza di godere del bene come suo diritto. Nello specifico, è necessario che il possesso sia esercitato in modo esclusivo.

È evidente che non facilmente si può verificare questo meccanismo tra coniugi, in primis perché spesso i beni non sono di proprietà esclusiva di uno solo dei due coniugi, ma anche perché è raro che si verifichi un reale impedimento di utilizzo per il legittimo proprietario. Ciononostante, l’usucapione tra coniugi è ammessa dalla legge, semplicemente il meccanismo risulta praticamente più ostico per via del legame matrimoniale.

Usucapione durante il matrimonio, regole e requisiti

L’usucapione durante il matrimonio è di per sé possibile, nel senso che la legge non la vieta, ma di fatto la sua realizzazione è piuttosto complessa. È infatti assai improbabile l’esercizio di un possesso esclusivo sui beni dell’altro coniuge, soprattutto alla luce dell’obbligo di convivenza.

Questo impedimento è particolarmente rilevante riguardo alla casa coniugale, alla mobilia e in genere a tutto ciò che è conservato e utilizzato nelle parti comuni. È invece più semplice l’usucapione di altri beni, ad esempio un’autovettura appartenente all’altro coniuge o perfino un secondo immobile che non sia la residenza abituale della famiglia. Il periodo utile all’intervento dell’usucapione, così come gli altri requisiti, restano però invariati.

In particolare, l’usucapione si compie in 20 anni per quanto riguarda i beni immobili, ma anche per i beni mobili acquistati in mala fede. Altrimenti, se il possesso viene acquisito in buona fede, sono sufficienti 10 anni per l’usucapione dei beni mobili. Esiste poi l’usucapione abbreviata (articolo 1162 del Codice civile) dedicata ai beni mobili iscritti in pubblici registri e che, a determinate condizioni, si compie in soli 3 anni.

In ogni caso, è necessario che siano rispettati i requisiti previsti dalla legge:

  • Acquisto del possesso in modo non clandestino o violento;
  • esercizio di poteri spettanti al proprietario;
  • possesso ininterrotto per il periodo stabilito;
  • assenza di rivendicazione da parte del proprietario.

Bisogna ricordare che per rivendicare il bene è necessario presentare ricorso al tribunale e non è sufficiente una diffida o un avvertimento informale. Su questo punto, l’usucapione tra coniugi potrebbe essere agevolata. Per far valere l’usucapione è comunque necessario rivolgersi al tribunale, affinché la sentenza accerti l’acquisto di proprietà.

Al rispetto di questi requisiti l’usucapione può compiersi anche tra coniugi, seppur con le difficoltà già citate.

Differenze tra comunione e separazione dei beni

Riguardo all’usucapione tra coniugi è opportuno distinguere rispetto al regime patrimoniale vigente nel matrimonio. La comunione dei beni, con cui i coniugi condividono la proprietà della maggior parte dei beni, risulta infatti incompatibile con l’esercizio dell’usucapione. Non è possibile configurare l’utilizzo da parte di uno dei coniugi in comunione dei beni come valido ai fini dell’usucapione essenzialmente per due motivi:

  • Il possesso esercitato è facilmente riconducibile alla proprietà del bene, che spetta a ognuno al 50%;
  • è quasi impossibile dimostrare che il coniuge abbia esercitato un possesso esclusivo.

La giurisprudenza ha più volte ribadito questo principio, richiamando l’interruzione della prescrizione durante il matrimonio e definendo che l’usucapione tra coniugi in comunione dei beni è incompatibile anche dopo una separazione di fatto. L’unica modalità con cui è possibile usucapire un bene appartenente alla comunione rappresenterebbe infatti l’impedimento nei confronti del comproprietario, negandogli l’utilizzo del bene senza ricevere opposizioni.

Al contrario, quando i coniugi hanno scelto come regime patrimoniale la separazione dei beni, il possesso ai fini dell’usucapione è più facilmente dimostrabile, proprio perché viene esercitato da una persona che non ha alcun diritto al riguardo. Anche in questo caso, tuttavia, non è sufficiente il possesso da parte del coniuge non proprietario, ma è richiesto il possesso esclusivo.

Usucapione dopo la separazione e il divorzio

In seguito alla separazione e al divorzio l’usucapione è evidentemente molto più semplice, agendo di fatto come accadrebbe tra qualsiasi altra coppia di soggetti. L’usucapione non è però ammessa durante l’assegnazione della casa coniugale, ovviamente per quanto riguarda il bene in questione, proprio perché sussiste un titolo esecutivo che ne regola possesso e utilizzo.

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