I Trattati di Maastricht, di Amsterdam e l’attuale di Lisbona fissano al 3% del PIL il limite del disavanzo. Il tasso nominale di crescita del PIL è al 2,8% superiore di quasi mezzo punto al disavanzo. Migliora il rapporto debito/Pil
Il disavanzo del 3% presente nel Protocollo 5 del Trattato di Maastricht, nel Trattato di Amsterdam (art 104) e nell’attuale Trattato di Lisbona (art 126 TFUE).
L’articolo 104 del Testo Unico Europeo (TUE) consente anche di sforare il 3% in via “eccezionale”. In sostituzione del Trattato è stato imposto il Patto di Stabilità e Crescita che impone con efficacia retroattiva il pareggio di bilancio.
Il tasso medio di crescita dell’Italia dal 1950 al 1990 pari al 4,35%. Ultimo ventennio tasso allo 0,28%. La strage della occupazione da parametri contabili alla vigilia della robotizzazione con intelligenza artificiale di gran parte dei sistemi produttivi. Una azione di popolo democraticamente forte e una denuncia alla Corte di Giustizia UE per mancato rispetto dei Trattati
DEF sotto esame: le critiche mosse
Una serie di osservazioni cercando di restare nel perimetro dell’argomentare tecnico, giuridico e istituzionale. Appare francamente eccessiva la santabarbara attivata da quasi tutto il sistema mediatico nei confronti della Nota di aggiornamento al DEF.
Un disavanzo del 2,4% del PIL con sforamento di meno di un punto percentuale (0,8) di PIL, a copertura della sterilizzazione dell’Iva ereditata dai governi Renzi e Gentiloni come clausole di salvaguardia per i mancati tagli alla spesa pubblica, ha generato una sfilza di attacchi, che di certo hanno anche connotazioni politiche.
I 12,5 mld di euro di Iva da aumentare ereditati corrispondono proprio allo 0,8% del PIL. Le risorse disponibili per attuare parzialmente quello che, in una democrazia normale, corrisponde agli impegni presi con gli elettori e sui quali si è ottenuto la maggioranza per governare.
Cosa faranno con queste risorse? Dieci miliardi per il reddito di cittadinanza, che chiamerei come dice Panerai “reddito di mancato lavoro”. Non ha lavorato perché non c’è stato sufficiente sviluppo. I numeri hanno la testa dura infatti dal 1950 al 1990 il tasso medio di crescita italiano è stato del 4,35% e durante il regime euro dello 0,28%.
Problemi strutturali, perdita di produttività, ma anche una curva di Philips che non lascia scampo tra bassa inflazione perseguita dalla Bce e alta disoccupazione. Uno sviluppo che non dimenticarlo mai impatterà con la robotica collaborativa integrata dall’intelligenza artificiale in un futuro vicinissimo.
Quattro miliardi servono per portare le pensioni minime a 780 euro a cui si aggiungono 1,5 mld, per la riforma del fisco, 1,5 per chi è stato frodato acquistando obbligazioni secondarie di banche che poi sono fallite, 8 mld per l’uscita dal lavoro per chi raggiunge la quota 100 tra età e contributi e infine i 12,4 mld della sterilizzazione dell’Iva dei governi Renzi e Gentiloni.
Inoltre ai tanti latrati bisogna, io credo, rispondere con minime considerazioni di aritmetica. L’incubo fondamentale è il mancato rispetto del programma di convergenza verso il rapporto debito/pil al 60%, in rispetto del Trattato sulla Stabilità Monetaria conosciuto meglio come Fiscal Compact.
In proposito due considerazioni oltre che rimandare a quanto scritto in questo articolo. La prima: nel rapporto debito/PIL il denominatore fa riferimento al tasso nominale di crescita del PIL. Tasso nominale composto dal tasso reale di crescita più il tasso di inflazione.
Ora il tasso di crescita reale atteso è dell’1% e quello di inflazione a 1,8%, per un totale del 2,8% superiore alla crescita del debito, che aumenta del disavanzo pari al 2,4%. Rapporto debito/Pil migliora dello 0,40%!
La seconda considerazione riguarda la illegittimità del Fiscal Compact. Un eminente giurista come il Prof. Guarino già ministro delle finanze, dell’industria e delle partecipazioni statali, da anni dimostra sulla punta del diritto la illegittimità del pareggio di bilancio. Il disavanzo del 3% è presente nel Protocollo 5 del Trattato di Maastricht, nel Trattato di Amsterdam (art 104) e nell’attuale Trattato di Lisbona (art 126 TFUE ).
L’articolo 104 del Testo Unico Europeo (TUE) consente anche di sforare il 3% solo, in via “eccezionale”. In sostituzione del Trattato è stato imposto il Patto di Stabilità e Crescita che impone con efficacia retroattiva (sic!) il pareggio di bilancio introdotto nel 1997 dal Regolamento 1466.
All’indebitamento del 3% è stato sostituito il pareggio di bilancio interferendo in tal modo sulla crescita. Chi era in carica nel tempo del Regolamento 1477/97? La commissione Santer e per l’Italia come commissari Monti e la Bonino. Incredibile che le norme di un Regolamento modificano quelle di un Trattato! Il Fiscal Compact con il pareggio strutturale di bilancio che ha modificato l’art 81 della Costituzione si applica inoltre nei limiti di conformità ai Trattati (Maastricht, Amsterdam e Lisbona).
L’Italia aveva un tasso di disoccupazione del 4,4% negli anni 80, del 7% negli anni 90. Oggi tra crisi e parametro tecnico creato dall’UE e denominato tasso di disoccupazione strutturale (NAWRU) la disoccupazione è stabilmente sopra il 10%.
L’obiettivo del Trattato di Maastricht, art 2 TUE su crescita armoniosa, sostenibile, che crea posti di lavoro sacrificati sul pareggio di bilancio fissato da un Regolamento quale è il 1466 /1997, che obbliga gli stati ad avere un bilancio a medio termine con saldo zero.
La guerra scatenata sulla Nota al DEF ha proprio come causa la convergenza verso il saldo zero di bilancio. Inoltre il pareggio da conseguire su un programma elaborato dalla Commissione Stato, per Stato. La difesa dello Stato di Diritto e del regime parlamentare deve passare, in questa fase attraverso azioni forti.
Ricorso alla Corte di Giustizia per il rispetto del TUE e del TUEF oltre che della Carta di Nizza con estremizzazione della posizione di Governo fino al veto sul bilancio comunitario 2021/2026, in caso di reiterazione di comportamenti palesemente inaccettabili come le dichiarazioni di Junker e Moscovici. Infine coinvolgimento nel contenzioso del Comitato Europeo dei Diritti Sociali.
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