Una guerra culturale, ad opera degli Stati Uniti e danno dell’Europa, è già in atto. Trump si starebbe insinuando negli equilibri europei con l’obiettivo di “spostare il baricentro ideologico”.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, starebbe cercando di interferire attivamente nelle elezioni dei Paesi europei, nonché di spostare le relazioni transatlantiche verso valori più conservatori. Ma non solo. Starebbe anche radunando i populisti di destra europei facendo leva sul tema della libertà di parola.
Di questo, e molto altro, parla uno studio, frutto del lavoro congiunto della European Cultural Foundation (ECF) e dell’European Council on Foreign Relations (ECFR). Il fulcro del report (disponibile qui)? Trump sta portando avanti una guerra culturale contro l’Europa, spingendo chi abbraccia l’ideologia del movimento Maga nel continente e umiliando pubblicamente l’UE sulla scena mondiale. Il tutto verrebbe esacerbato dalle divisioni interne all’Europa, la mancanza di una direzione comune e l’approccio «adulatorio, accomodante, distratto» dei leader dell’UE nei confronti di Trump.
Cosa dice lo studio
Basato su ricerche e sondaggi condotti in tutti i 27 Stati membri dell’UE, all’interno del report i due istituti sostengono che un “numero sufficiente” di questi Paesi è guidato da governi filoeuropei. In questi Paesi l’opinione della popolazione verso l’Europa è “sufficientemente forte”, tanto da bastare affinché il blocco economico possa alzarsi in piedi e “difendere un’Europa che scrive il proprio copione”.
Lo studio paragona la situazione dell’Europa a quella del personaggio principale di The Truman Show, che alla fine si rende conto di trovarsi in una serie televisiva la cui unica priorità è aumentare gli ascolti e deve decidere se abbandonare il comfort dell’unica realtà che conosce o iniziare, finalmente, a vivere una vita libera.
L’Europa sarebbe troppo impegnata a spegnere gli incendi controllati appiccati da Trump (dai dazi agli scontri su libertà di parola, immigrazione, fino ad arrivare all’innalzamento della spesa per la difesa). Tanto da non accorgersi che “nella guerra culturale di Trump, l’Europa stessa è il bersaglio”, come riferito da Pawel Zerka dell’ECFR.
La guerra USA-Europa è iniziata 7 mesi fa
Secondo l’esperto, la guerra USA-Europa è iniziata lo scorso febbraio, quando il vicepresidente JD Vance ha dichiarato che l’Europa si sta “allontanando dai valori fondamentali condivisi”.
Il discorso di Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco ha rivelato l’intenzione di Washington di interferire nelle elezioni. Ha inquadrato le relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea in un contesto di «divisione di valori» e ha fatto della libertà di parola il fulcro dei partiti che abbracciano la causa Maga in Europa.
Da quel momento in poi Trump ha “ulteriormente rivelato le sue carte in questo senso escludendo i leader dell’UE dai colloqui sul futuro dell’Ucraina, attaccando i principali partiti politici del continente ed estorcendo denaro alle istituzioni di Bruxelles nei negoziati commerciali”, ha affermato Zerka.
Secondo il report, la Polonia è un esempio lampante del tentativo di Trump di “spostare il baricentro ideologico della politica europea”. La Casa Bianca ha accolto di recente Karol Nawrocki, il candidato nazionalista alla presidenza, e lo ha spinto sui social media.
L’appello del dipendente del Dipartimento di Stato americano Samuel Samson agli “alleati della civiltà in Europa” è, secondo l’esperto, “un focolaio di censura digitale, migrazione di massa, restrizioni alla libertà religiosa e altri attacchi all’autogoverno democratico”.
Una guerra culturale
Zerka ne è convinto. La guerra culturale si articola su due livelli: un conflitto ideologico sui valori che sono alla base della politica europea, ma anche “una lotta per la dignità, la credibilità e l’identità dell’Europa come attore autonomo sulla scena globale”.
Bruxelles e tutti i membri dell’UE sono chiamati ad “accettare di essere in una guerra culturale, con l’Europa come bersaglio” e agire di conseguenza, ha affermato.
Sfruttando i propri punti di forza, l’UE può “prosperare anziché soffrire in un ordine mondiale la cui destabilizzazione è stata accelerata dal presidente degli Stati Uniti”.
Le condizioni, secondo lo studio, sarebbero “mature” affinché i leader europei abbandonino definitivamente il “set cinematografico” di Trump.
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