Torna lo smart working (ma questa volta per il troppo caldo)

Chiara Esposito

22/07/2023

22/07/2023 - 22:19

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Si cerca un accordo tra Ministero, aziende e sindacati per tutelare i professionisti esposti alle alte temperature. Anche la cassa integrazione è tra le opzioni.

Torna lo smart working (ma questa volta per il troppo caldo)

Come in tempi di Covid-19, lo smart working e la cassa integrazione vengono invocate come soluzione per la tutela della salute dei lavoratori - stavolta però la causa non è legata all’emergenza sanitaria ma alle temperature. A proporre queste misure in risposta al caldo senza precedenti è il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, risponde assicurando di voler «intervenire potenziando gli strumenti già esistenti e disegnando ulteriori strategie» e lo fa aprendo un tavolo di confronto per la gestione integrata degli interventi contro il caldo per definire misure e buone prassi, comprese nuove forniture di dispositivi di protezione individuale e supporti anticalore. Manca ancora però un vero e proprio protocollo d’intesa che delinei le tempistiche.

In tal senso l’attenzione è proiettata sulla nuova convocazione di martedì 25 luglio, data in cui dovrebbe concretizzarsi un prospetto congiunto in linea con le indicazioni fornite dal Ministero della Salute, dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), dall’Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) e dalle parti sociali (associazioni di categoria dei datori di lavoro e sindacati).

Estensione smartworking: regolamento attuale e contrattazioni in corso

La possibilità di accordi aziendali e procedure semplificate per il lavoro agile mette in luce la stringente necessità di ridefinire i modelli organizzativi in base alle condizioni climatiche.

Al momento, lo smart working è la prospettiva più sicura. È tra l’altro ancora in vigore la proroga post pandemica che prevede una gestione lavorativa ibrida fino alla fine dell’anno per dipendenti del settore privato con condizioni di fragilità o con figli fino a 14 anni. Per i dipendenti pubblici invece il termine è stato fissato al prossimo 30 settembre.

Si ragiona però anche su una una diversa modulazione degli orari di lavoro e delle pause con maggiori informazioni sull’utilizzo dei Dpi da rendere disponibili per fronteggiare anche le future crisi.

La visione dei sindacati

I sindacati però iniziano il pressing.
«Non c’é tempo di discutere protocolli. Serve subito un decreto legge che protegga i lavoratori dalle temperature elevate e vieti i lavori particolarmente esposti, oltre i 33 gradi» è il monito più volte rilanciato sia dal leader di Cgil Maurizio Landini e che dal segretario Uil Pierpaolo Bombardieri.

Per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, invece «è urgente e necessaria un’intesa nelle prossime ore tra governo e parti sociali da recepire in un decreto nel solco dei protocolli sulla sicurezza attivati durante il Covid».

Cig per il caldo: come funziona?

In caso di emergenza caldo la legge c’è anche le prospettiva della cassa integrazione. Secondo le normative vigente le aziende possono chiederla se le temperature superano i 35°. Lo aveva precisato nel luglio 2022 una nota congiunta di Inps-Inail.

L’Inps però, in una nuova comunicazione del 20 luglio 2023, spiega come sia possibile attivare la Cig anche per temperature sotto i 35 gradi se si lavora sotto il sole o se l’umidità dell’aria aumenta il valore del caldo percepito. Un aspetto interessante è che non è necessario che i gradi centigradi siano rilevabili dai termometri, è sufficiente far riferimento a quelli percepiti.

Interessati da queste misure per il troppo caldo sarebbero tutti quei lavoratori alle prese con mansioni particolarmente esposte al rischio calore quali operai dei cantieri stradali o degli altiforni. Compresi quindi i professionisti attivi in:

  • lavori di stesura del manto stradale;
  • lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni;
  • lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione;
  • tutte le fasi lavorative che vengono svolte in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore.

Lo stesso regolamento può tuttavia valere per chi lavora al chiuso in caso di malfunzionamenti dei sistemi di raffreddamento.

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