Terre rare in Italia, dove e quali si trovano (e miniere che possono riaprire)

Giorgia Bonamoneta

10 Febbraio 2024 - 18:55

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L’Ue vuole diventare autonoma su estrazione e produzione di Terre Rare. L’Italia, da parte sua, possiede diverse miniere strategiche. Ecco quali potrebbero essere riaperte.

Terre rare in Italia, dove e quali si trovano (e miniere che possono riaprire)

Il mestiere del geologo sarà sempre più importante e risponderà alla necessità di una transizione delle tecnologie alla loro fase più sostenibile. Il futuro della transizione ecologica infatti si basa sulle Terre Rare. Per Terre Rare si intendono tipologie di metalli rari che per le loro caratteristiche sono essenziali alle attuali e future tecnologie. Dell’importanza di queste ne abbiamo avuto un assaggio durante la pandemia di coronavirus, quando si è manifestata la prima “crisi dei microchip”.

Le Terre Rare sono situate in alcuni siti specifici e di vecchia formazione. Europa e Italia sono svantaggiate rispetto alla Cina - che fino al 2010 possedeva il monopolio sull’estrazione e la lavorazione - e agli Stati Uniti. Diversamente dai paesi che possiedono grandi giacimenti di Terre Rare, l’Europa e in particolare l’Italia sono territori giovani. La corsa alle Terre Rare ha però smosso tutto il continente. Ursula von der Leyen, in un discorso all’Eurocamera tempo fa, ha affermato che in futuro il litio e le Terre Rare diventeranno più importanti del petrolio e del gas naturale. Ed è vero. Per questo rendersi autonomi attraverso la ricerca e l’estrazione o assicurandosi una fornitura conveniente è fondamentale.

In Italia sono stati individuati alcuni siti che potrebbero contenere dei metalli rari e oggi la ricerca è in fase preliminare solo in alcune zone. I motivi sono diversi, ma emergono chiaramente i limiti culturali - gli italiani sono restii ai grandi scavi sul territorio - e soprattutto ambientali. Infatti l’estrazione delle Terre Rare, che ricordiamo servono anche per la produzione di alternative a gas e al petrolio, prevede un processo lungo, costoso e ad alto impatto ambientale. In altri casi ancora i limiti sono legislativi, infatti alcune miniere si trovano all’interno di parchi e zone protette dove l’estrazione è vietata.

Un passo avanti verso l’autonomia l’ha fatto Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che in merito alla competitività futura ha parlato anche di indipendenza dell’Europa a partire dalle “materie prime critiche”.

Dove si concentrano le Terre Rare?

Le Terre Rare sono le vere protagoniste della transizione ecologica e il dominio su queste - determinato da un fattore geologico - potrebbe stabilire i futuri equilibri mondiali. A oggi la Cina risulta essere la nazione con più riserve di Terre Rare (44 milioni di tonnellate, ovvero il 60% del totale), tanto che nel 2010 possedeva il monopolio sull’industria. Con il tempo anche altri paesi (fig.1) hanno iniziato la ricerca e l’estrazione, scoprendo depositi cospicui:

  • Vietnam - 22 milioni di tonnellate di Terre Rare;
  • Brasile - 22 milioni di tonnellate di Terre Rare;
  • Russia - 12 milioni di tonnellate di Terre Rare;
  • India - 6,9 milioni di tonnellate di Terre Rare;
  • Australia - 3,4 milioni di tonnellate di Terre Rare;
  • Stati Uniti - 1,4 milioni di tonnellate di Terre Rare.
Fig.1 Fig.1 Mappa depositi e miniere di Terre Rare

Esiste però uno distacco evidente tra riserve e miniere, che comportano un inevitabile investimento costoso (una fabbrica di questo tipo ha un valore di circa 10 miliardi di dollari) e una responsabilità ambientale non indifferente. La Cina è uno dei volti delle conseguenze dell’industria con il suo primo posto per emissioni di gas serra, il 10% delle terre coltivabili contaminate da metalli pesanti e l’80% dei pozzi sotterranei non adatti al consumo.

Terre Rare in Italia: dove si trovano?

In Europa le Terre Rare ci sono. È stato scoperto in Svezia un giacimento che potrebbe rendere autonoma l’Europa rispetto all’importazione (97% dalla Cina) dei microchip e delle materie necessarie alla transizione ecologica. La scoperta di un giacimento però non viene festeggiato da tutti allo stesso modo. C’è chi si domanda come e quando le Terre Rare saranno estratte con i tempi europei e svedesi. Secondo gli esperti ci vorranno almeno 10-15 anni per iniziare l’estrazione e per fornire le prime materie al mercato.

Nel frattempo l’Italia è ancora più indietro, alla fase di ricerca di un giacimento (fase preliminare). Il ricercatore Andrea Dini dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr ha spiegato che sono stati individuati su carta dei luoghi adatti per una ricerca, ovvero dove esistono i presupposti teorici per la presenza delle Terre Rare. Tra i territori che hanno rispettato tali presupposti troviamo la Sardegna e il Lazio.

Ma, perché c’è sempre un “ma”, a frenare la ricerca c’è l’impatto ambientale. Questo è piuttosto importante tra acqua necessarie e cariche esplosive. Secondo Diego Gatta, professore del dipartimento di Scienze della terra all’Università degli studi di Milano, oggi possiamo tentare di estrarre gli elementi riducendo l’impatto ambientale. “È una questione di volontà”, ha detto.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Urso, è però stato chiaro quando ha detto che l’Italia dovrebbe concentrarsi sulla riapertura delle miniere. Una volta ogni tanto (quando c’è vantaggio per entrambe le parti) Europa e l’Italia sono d’accordo.

Impatto ambientale delle Terre Rare in Italia: i limiti delle riapeture delle miniere

Quando si parla di Terre Rare in Italia e di mappe di miniere da aprire o riaprire (fig.2) bisogna però tenere in considerazione la loro locazione attuale e se è ancora possibile l’estrazione. Molte delle miniere del passato si trovano oggi in zone dove ottenere un permesso di scavo è impossibile. Per esempio il giacimento di titanio in Liguria, più volte citato per il suo potenziale strategico, si trova all’interno di un parco naturale, il parco del Beigua. In questi parchi le estrazioni minerarie sono vietati per legge.

Molti altri siti di Terre Rare sono in fase di ricerca, ovvero nella loro fase preliminare. Si cercano le zone delle Terre Rare potenziali, ma è difficile dire quando sarà possibile avere i permessi di estrazione. in alcuni casi mai, come nei parchi naturali, in altri casi sarà anche un nuovo regolamento Ue sulle materie critiche (tra cui le Terre Rare) in lavorazione entro l’anno in corso a giocare un fattore determinante.

fig.2 fig.2 La mappa dei giacimenti dismessi (fonte: ministero delle Imprese e del Made in Italy)

Tra le possibili zone estrattive ci sono quelle in Piemonte, Lombardia e Liguria, ma al momento gli unici attivabili in tempi brevi sono quelli che prevedono l’estrazione dei minerali di flourite presenti in Sardegna e nel Lazio e per quelli di feldspato.

Alternative alle miniere estrattive: come non dipendere dall’estero

In un sistema che continua a “evolvere” in questa direzione le uniche soluzioni possibili per non dipendere totalmente dall’importazione è l’autonomia di estrazione e produzione o il miglioramento delle tecniche di riciclo. Oggi infatti si ricicla solo l’1% dei metalli rari. L’obiettivo parallelo alla ricerca è quello dello sviluppo di processi di riciclo sempre più convenienti ed efficaci.

Altro aspetto poco considerato è quello di rifiuti estrattivi. Si prendo a esempio il distretto minerario della Sardegna dove esistono circa 70 milioni di metri cubi di rifiuti. Questi sono veri e propri “depositi” e fonti di materie prime seconde. Questi rifiuti o depositi hanno buone potenzialità minerarie e potrebbero contenere, secondo i dati dell’Ispra, fino al 7-8% in zinco e altre materie prime critiche (Terre Rare).

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