Terre rare in Italia, dove trovarle (e quali sono)

Anche l’Italia possiede terre rare, metalli essenziali per lo sviluppo tecnologico, ma quali sono e dove si trovano?

Terre rare in Italia, dove trovarle (e quali sono)

Il ruolo del geologo sarà sempre più cruciale, destinato a diventare un punto cardine nella fase più sostenibile della transizione delle tecnologie. La transizione ecologica del futuro, infatti, si fonda sull’utilizzo delle cosiddette Terre Rare. Con il termine Terre Rare si fa riferimento a un insieme di metalli poco diffusi ma fondamentali per molte tecnologie attuali e emergenti. La loro importanza è emersa con forza durante la pandemia da coronavirus, quando si è verificata la prima grande “crisi dei microchip”.

Le Terre Rare si trovano in giacimenti specifici e antichi. Da questo punto di vista, Europa e Italia risultano penalizzate rispetto a Paesi come la Cina – che ha detenuto fino al 2010 il monopolio mondiale per estrazione e lavorazione – e agli Stati Uniti. A differenza delle aree con giacimenti significativi, l’Italia e buona parte del continente europeo sono territori geologicamente giovani. Tuttavia, la corsa alle Terre Rare ha smosso l’interesse europeo. Ursula von der Leyen, in un intervento all’Eurocamera, ha sottolineato che in futuro il litio e le Terre Rare assumeranno un ruolo persino più rilevante di petrolio e gas. Un’affermazione che riflette la realtà. L’autonomia in questo ambito – ottenuta tramite estrazione o accesso garantito alle forniture – diventa quindi una priorità.

In Italia, alcuni siti sono già stati identificati come potenzialmente ricchi di metalli rari, ma la fase operativa è ancora agli inizi e riguarda solo alcune aree. I motivi del rallentamento sono molteplici, ma tra i principali ostacoli troviamo quelli culturali – gli italiani tendono a opporsi ai grandi lavori sul territorio – e soprattutto ambientali. L’estrazione delle Terre Rare, impiegate anche per produrre alternative a gas e petrolio, è un processo complesso, costoso e con un impatto ambientale significativo. A complicare ulteriormente il quadro ci sono i vincoli legislativi: alcuni giacimenti ricadono infatti in parchi o aree protette, dove l’attività estrattiva è vietata.

Un’iniziativa concreta è arrivata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha sottolineato l’importanza di conquistare l’autonomia europea proprio a partire dalle cosiddette “materie prime critiche”.

Dove si concentrano le Terre Rare?

Le Terre Rare sono al centro della transizione ecologica e il controllo di queste risorse – che dipende da fattori geologici – potrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici globali. Attualmente, la Cina detiene le riserve più consistenti (44 milioni di tonnellate, pari al 60% del totale globale) e nel 2010 controllava interamente il mercato. Con il tempo, altri Paesi si sono attivati nella ricerca e nell’estrazione, ottenendo risultati importanti (fig.1):

  • Vietnam – 22 milioni di tonnellate;
  • Brasile – 22 milioni di tonnellate;
  • Russia – 12 milioni di tonnellate;
  • India – 6,9 milioni di tonnellate;
  • Australia – 3,4 milioni di tonnellate;
  • Stati Uniti – 1,4 milioni di tonnellate.
Fig.1 Fig.1 Mappa depositi e miniere di Terre Rare

Tuttavia, va sottolineata la discrepanza tra riserve e miniere operative. Avviare un impianto di estrazione richiede un investimento imponente (circa 10 miliardi di dollari) e comporta notevoli responsabilità ambientali. La Cina, leader del settore, ne è un esempio: è al primo posto per emissioni di gas serra, con il 10% dei terreni agricoli contaminati da metalli pesanti e l’80% delle falde sotterranee inadatte al consumo umano.

Terre Rare in Italia: dove si trovano?

Anche l’Europa possiede giacimenti di Terre Rare. Una scoperta importante è avvenuta di recente in Svezia, e potrebbe rendere il continente indipendente rispetto all’importazione (oggi al 97% dalla Cina) delle materie fondamentali per la transizione ecologica. Tuttavia, il ritrovamento di un giacimento non coincide automaticamente con la sua operatività. Le tempistiche di estrazione in Europa e in Svezia sono lunghe: si stima che serviranno 10-15 anni prima di vedere i primi risultati.

Nel frattempo, l’Italia si trova ancora nella fase iniziale della ricerca. Come ha spiegato il ricercatore Andrea Dini dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, sono stati individuati dei luoghi teoricamente idonei, come la Sardegna e il Lazio, dove si potrebbero avviare ricerche più approfondite.

Tuttavia – perché c’è sempre un “ma” – a ostacolare i progressi è l’impatto ambientale. L’estrazione richiede notevoli quantità d’acqua e l’uso di cariche esplosive. Secondo Diego Gatta, docente di Scienze della Terra all’Università degli Studi di Milano, è possibile oggi puntare a tecniche che riducano i danni ambientali. “È una questione di volontà”, ha dichiarato.

Il ministro Urso è stato netto: l’Italia dovrebbe puntare alla riapertura delle miniere. Su questo punto, per una volta, Italia ed Europa sembrano trovarsi sulla stessa linea.

Impatto ambientale delle Terre Rare in Italia: i limiti delle riaperture delle miniere

Affrontare il tema delle Terre Rare in Italia e della possibile riattivazione di miniere (fig.2) implica una riflessione attenta sulla loro collocazione e sulla reale possibilità di procedere con l’estrazione. Molti giacimenti storici oggi ricadono in aree dove ottenere permessi è proibito. È il caso, ad esempio, del giacimento di titanio in Liguria, spesso citato per la sua rilevanza strategica, che si trova però all’interno del Parco del Beigua, dove le attività minerarie sono vietate per legge.

Numerosi altri potenziali siti di Terre Rare si trovano ancora in fase di studio. Sebbene siano state individuate aree promettenti, non è semplice capire quando – e se – sarà possibile ottenere l’autorizzazione all’estrazione. In alcune zone, come quelle protette, non sarà mai possibile. In altri casi, sarà il nuovo regolamento Ue sulle materie prime critiche, previsto per quest’anno, a dettare tempi e condizioni.

fig.2 fig.2 La mappa dei giacimenti dismessi (fonte: ministero delle Imprese e del Made in Italy)

Tra le zone estrattive potenziali si segnalano alcune aree di Piemonte, Lombardia e Liguria. Tuttavia, per ora, le uniche località dove si può agire in tempi relativamente brevi sono quelle della Sardegna e del Lazio, dove si trovano minerali di fluorite e feldspato.

Alternative alle miniere estrattive: come non dipendere dall’estero

In uno scenario in continua evoluzione, le uniche vere alternative alla totale dipendenza dalle importazioni sono rappresentate dall’autonomia estrattiva e dallo sviluppo di strategie di riciclo più efficaci. Attualmente, infatti, solo l’1% dei metalli rari viene riciclato. Parallelamente alla ricerca di nuovi giacimenti, è necessario investire su tecnologie di riciclo sempre più sostenibili ed economicamente vantaggiose.

Un elemento spesso trascurato è quello dei rifiuti estrattivi. In particolare, nel distretto minerario della Sardegna, si stima la presenza di circa 70 milioni di metri cubi di scarti, che costituiscono vere e proprie miniere di materie prime secondarie. Secondo l’Ispra, questi residui potrebbero contenere fino al 7-8% di zinco e altri elementi strategici, incluse le Terre Rare. Una risorsa preziosa che potrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dall’estero e ad avvicinare l’Italia a una reale autonomia mineraria.

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