Nuova scoperta in Ungheria: un giacimento di petrolio capace di produrre 1.000 barili al giorno. Una svolta per l’economia nazionale e non solo: ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.
Mille barili al giorno di petrolio. È questo quanto si stima potrebbe produrre il “nuovo” giacimento di petrolio scoperto in Ungheria.
La scoperta, frutto della collaborazione tra la compagnia petrolifera e del gas ungherese MOL e O&GD, è giunta con la realizzazione del pozzo Galgahévíz-4, situato a circa 2.400 metri di profondità nei pressi del villaggio di Galgahévíz, non lontano da Budapest.
Secondo le prime stime degli esperti, questa nuova risorsa contribuirà a incrementare la produzione nazionale di petrolio, rafforzando la sicurezza energetica di un Paese che, in anni più recenti ha puntato tutto sul ridurre la propria dipendenza dalle importazioni. Un risvolto più che positivo, dato che potrebbero anche consolidare la posizione dell’Ungheria sulla scacchiera geopolitica.
Difatti, in un periodo segnato da incertezze geopolitiche e tensioni sulle forniture di energia, avere un giacimento nazionale da cui attingere rappresenta una garanzia per la stabilità interna e una leva strategica per il futuro. Ma come sarà gestito il nuovo giacimento e quali potrebbero essere nel concreto il suo impatto sull’economia e nel panorama internazionale? È questa una delle domande a cui bisogna rispondere per comprendere la rilevanza della scoperta. Di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.
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Petrolio, nuovo giacimento in Ungheria: ecco tutto quello che sappiamo finora
Con la scoperta del nuovo giacimento di petrolio, il pozzo Galgahévíz-4 è stato completato in tempi record: le operazioni di perforazione, iniziate a maggio nell’area di concessione di Mogyoród, hanno raggiunto la profondità di 2.400 metri in soli 37 giorni. Dopo una fase di test positiva, il pozzo è già stato messo in funzione. La perforazione è stata realizzata dalla sussidiaria di MOL, Rotary, con la piattaforma R-69, segno della capacità tecnica e della solidità infrastrutturale del gruppo ungherese.
La produzione prevista, di circa 1.000 barili al giorno rappresenta un contributo significativo per il fabbisogno nazionale, infatti, secondo le prime stime, questa nuova risorsa contribuirà a incrementare la produzione nazionale di petrolio di circa il +4%. Non solo. Il giacimento costituisce anche una prova del ruolo crescente di MOL nella scena energetica regionale. Con circa 1.300 pozzi già operativi nel Paese, MOL copre da sola il 39% della produzione nazionale complessiva di idrocarburi. Nel 2022, la compagnia ha garantito il 47% della produzione di greggio ungherese e quasi l’80% della produzione di gas naturale.
Questa scoperta si inserisce in una strategia più ampia di cooperazione energetica. MOL non solo ha stretto un accordo di partnership con O&GD per Galgahévíz, ma ha anche avviato progetti con Turkish Petroleum per esplorare nuove aree in Ungheria, come quelle di Tamási e Buzsák. Un modo intelligente per rafforzare i legami internazionali senza però rinunciare alla centralità della produzione nazionale, ormai considerata la chiave per la sicurezza energetica.
Ungheria, nuovo giacimento di petrolio: impatto e rischi per la transizione energetica
L’impatto della nuova scoperta del giacimento di petrolio sul quadro energetico ungherese è notevole. Con un aumento del 4% della produzione nazional MOL, infatti, rafforzerebbe la sua posizione e offrirebbe al Paese una maggiore autonomia rispetto alle importazioni, riducendo al contempo la vulnerabilità legata alle rotte internazionali di approvvigionamento. Dal punto di vista geopolitico, questo rappresenta un vantaggio strategico: in un’Europa ancora fortemente dipendente dall’energia estera, l’Ungheria potrebbe contare su una risorsa domestica più sicura e meno esposta alle tensioni globali.
Tuttavia, non mancano i rischi, che giungono su un altro fronte: quello dell’ambiente. Difatti, come temono molti ambientalisti, la crescita della produzione di petrolio potrebbe tradursi in un rallentamento della transizione energetica. Se da un lato un giacimento nazionale rafforza l’economia e la sicurezza degli approvvigionamenti, dall’altro rischia di disincentivare gli investimenti in fonti rinnovabili e in tecnologie sostenibili. In altre parole, la scoperta rischia di diventare un’arma a doppio taglio: una boccata d’ossigeno nel breve termine, ma un possibile ostacolo per gli obiettivi climatici di medio-lungo periodo, come già dimostrato dal forte immobilismo politico di Orbán su un tema così sensibile come il riscaldamento globale.
Tuttavia, ritardare la transizione significa aggravare le conseguenze del cambiamento climatico e l’Ungheria ne sa qualcosa, pagando a caro prezzo l’indifferenza del suo primo ministro di fronte alla crisi climatica: proprio questa estate il Paese è stato colpito da eventi climatici estremi, con venti a 130 km/h, un uragano che ha sradicato alberi e tetti di palazzi, obbligando i vigili del fuoco a intervenire in 12.000 località. La vera sfida per l’Ungheria, non sarà quindi quella di come investire i futuri introiti per la produzione di 1.000 barili al giorno, ma quella di distogliere lo sguardo dai benefici immediati del petrolio, per poter guardare lucidamente al proprio destino e a quello dell’ambiente.
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