Stipendio: quanto prendo durante la maternità?

Simone Micocci

16 Luglio 2018 - 13:43

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Durante la gravidanza e la maternità la lavoratrice ha diritto a diversi permessi retribuiti; l’indennità percepita, però, è più bassa dello stipendio.

Stipendio: quanto prendo durante la maternità?

Quanto si guadagna durante gravidanza e maternità?

Diventare mamma da un lato regala una grande gioia, dall’altro richiede molto impegno: per questo motivo la legge riconosce alle lavoratrici diversi strumenti con le quali queste possono assentarsi dal lavoro senza perdere la retribuzione percepita prima di restare incinte.

Durante la gravidanza si può (anzi si deve) richiedere il congedo di maternità, ovvero il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro durante il quale la lavoratrice (e in alcuni casi anche la disoccupata) percepisce un’indennità sostitutiva pagata dall’INPS.

Il congedo di maternità dura però scade al compimento del 3° mese del figlio (4° per chi è andato in maternità posticipata) dopodiché la lavoratrice deve tornare a lavoro. Tuttavia, si può godere di altri due strumenti per dedicarsi alla cura del figlio: il permesso per allattamento o il congedo parentale.

Il primo consiste in alcune ore di permesso giornaliere da utilizzare per posticipare l’orario di entrata o posticipare l’orario di uscita dal lavoro; il secondo, invece, consiste in dei giorni di permesso retribuiti che possono essere goduti sia dal padre che dalla madre.

Vista la varietà di strumenti a disposizione è bene approfondire quanto previsto per la retribuzione: infatti, anche se la lavoratrice non perde lo stipendio nel periodo di astensione dal lavoro, ne percepisce solamente una parte.

Vediamo quindi quanto guadagna una lavoratrice durante la gravidanza e la maternità; per comodità prenderemo come esempio una dipendente con uno stipendio mensile di 1.500€ analizzando le conseguenze sulla retribuzione nel periodo della maternità.

Quanto prendo durante il congedo di maternità?

Tra i tre strumenti di cui vi abbiamo appena parlato il congedo di maternità è l’unico obbligatorio per la lavoratrice, la quale non vi può assolutamente rinunciare.

Come anticipato questa ha inizio il 2° mese prima della data presunta del parto e dura fino al 3° mese di età del figlio. In alternativa è possibile posticipare la data del congedo all’ultimo mese precedente alla data del parto, così da potersi dedicare al proprio figlio per 4 mesi. Questo però è possibile solamente in presenza di determinate condizioni.

Durante il congedo di maternità è il datore di lavoro ad anticipare l’indennità sostitutiva, di cui però si fa carico l’INPS. L’importo però non è pari a quello dello stipendio: durante questi 5 mesi, infatti, la lavoratrice dipendente ha diritto ad un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera (solitamente si prende in considerazione quanto percepito nell’ultimo mese prima di andare in congedo).

Nel caso suddetto, quindi, la lavoratrice percepirà un’indennità sostitutiva di maternità pari a 1.200€, 300€ in meno rispetto al suo stipendio.

Congedo parentale

Una volta concluso il congedo di maternità è ora di tornare al lavoro. Tuttavia la lavoratrice potrà restare ancora a casa beneficiando del congedo parentale, ovvero dei giorni di permesso retribuiti riconosciuti ad entrambi i genitori per un periodo che complessivamente non può superare i 10 mesi (possono salire ad 11 qualora il padre goda di almeno 3 mesi di permesso).

Di questi 10 mesi la madre ne può usufruire di un massimo di 6; possono essere goduti anche in maniera continuativa, quindi possono essere aggiunti al congedo di maternità così da restare a casa fino a quando il proprio figlio non avrà compiuto i 9 mesi.

È importante sapere, però, che nel periodo coperto dal congedo parentale lo stipendio viene ulteriormente ridotto: infatti, l’importo dell’indennità percepita è pari al 30% dello stipendio.

La lavoratrice dell’esempio, quindi, dovrebbe “accontentarsi” di un’indennità pari a 450€, molto meno rispetto a quanto avrebbe preso se fosse tornata a lavoro.

Prima di andare avanti ricordiamo che il congedo parentale può essere goduto anche in maniera frazionata entro il compimento dei 12 anni del figlio; tuttavia nel periodo che va dai 6 agli 8 anni i permessi sono retribuiti al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione, mentre dagli 8 ai 12 anni non viene mai pagato.

Permessi per allattamento

In alternativa la lavoratrice può rinunciare ai giorni del congedo parentale così da convertirli in permessi orari per allattamento: nel dettaglio, si tratta di 2 ore di permesso per chi è impiegato per più di 6 ore al giorno (altrimenti si ha diritto a solo un’ora) delle quali si può usufruire per un intero anno.

Rispetto al congedo parentale c’è un grande vantaggio: durante le ore di permesso la retribuzione non viene decurtata, poiché la lavoratrice ha diritto al 100% dello stipendio.

Quindi la lavoratrice dovrà andare comunque al lavoro ma per meno ore rispetto all’orario tradizionale; è vero che con il congedo parentale si resterebbe per più giorni a casa, ma allo stesso tempo bisognerebbe accontentarsi di una retribuzione molto più bassa rispetto a quella percepita da chi preferisce i permessi per allattamento.

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