Tra mBridge e Project Agorá, si scontrano due visioni dei pagamenti globali. La sfida non è solo tecnica: ridefinire la finanza significa riscrivere anche gli equilibri geopolitici.
L’attenzione globale si sta concentrando sempre più su una trasformazione silenziosa ma decisiva: la rivoluzione dei pagamenti transfrontalieri. Il vecchio sistema, basato sulla rete di corrispondenza bancaria e sull’egemonia del dollaro USA, è oggi messo in discussione dall’ascesa di nuove tecnologie come le stablecoin e la tokenizzazione della moneta. In apparenza, la questione sembra tecnica, ma le implicazioni sono profondamente geopolitiche: ridefinire il modo in cui avvengono i pagamenti internazionali significa anche ridisegnare il potere economico globale.
Il sistema attuale, dominato da SWIFT e dal dollaro, è lento, costoso e vulnerabile a ingerenze politiche. Ogni pagamento deve attraversare una complessa catena di banche, fusi orari e normative nazionali, comportando ritardi, costi elevati e conversioni multiple. Questo assetto, però, offre agli Stati Uniti e ai suoi alleati un potente strumento di controllo: la possibilità di escludere nazioni avversarie dall’accesso alla finanza globale, come è accaduto con l’Iran e la Russia.
Su questo terreno si stanno muovendo progetti ambiziosi, ciascuno con visioni opposte sul futuro. mBridge, inizialmente promosso dalla BRI e ora in mano a cinque banche centrali asiatiche e mediorientali, punta a costruire un’infrastruttura alternativa per pagamenti istantanei tra valute digitali sovrane, senza passare da SWIFT né dal dollaro. Il ritiro della BRI dal progetto nel 2024, ufficialmente per motivi tecnici, è stato interpretato da molti come una mossa per prendere le distanze da una piattaforma che rischia di diventare uno strumento per aggirare le sanzioni internazionali. [...]
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