Spread BTP-Bund orgoglio di Meloni sotto quota 100. Ora manca l’altro grande test, la data

Laura Naka Antonelli

14/05/2025

Cosa ha fatto scendere nell’ultimo mese lo spread BTP-Bund? Il differenziale sotto la soglia di 100 pb, per la gioia del governo Meloni. La prossima data clou.

Spread BTP-Bund orgoglio di Meloni sotto quota 100. Ora manca l’altro grande test, la data

Lo spread BTP-Bund a 10 anni è tornato a fare la gioia del governo Meloni scendendo oggi, mercoledì 14 maggio 2025, al di sotto della soglia di 100 punti base.

Che il differenziale tra i rendimenti dei BTP e dei Bund decennali fosse vicino a bucare l’importante soglia psicologica era diventato evidente da un po’.

Oggi, la discesa (anche se lampo), dopo un avvio che ha visto lo spread oscillare attorno ai 101 punti base, ai minimi dal settembre del 2021, ovvero dai tempi del governo Draghi, a fronte di rendimenti dei BTP a 10 anni stabili al 3,67%.

Spread Meloni buca quota 100 e torna a piombare attorno a soglia Draghi

Va precisato che la flessione al di sotto di quota 100 dello spread BTP-Bund a 10 anni - attentamente monitorato dagli investitori internazionali di tutto il mondo, in quanto considerato parametro di misurazione del rischio dell’Italia soprattutto dai tempi della crisi dei debiti sovrani - era in realtà già avvenuta, durante il governo Meloni: l’ultima volta, neanche in tempi lontani, ovvero agli inizi di marzo, quando l’annuncio dell’arrivo di un bazooka fiscale in Germania si era tradotto in una carica di sell sui Titoli di Stato tedeschi, a vantaggio dei BTP.

In quella occasione, c’era stato anche qualcuno che aveva sollevato diversi interrogativi sulla capacità dello spread di riflettere ancora l’angoscia del debito pubblico italiano, facendo notare come il vero indicatore verità fosse diventato, piuttosto, un’altro. E c’era stato anche chi, risalendo indietro nel tempo, aveva parlato perfino della fine dello spread BTP-Bund.

Agli inizi di aprile, tuttavia, le cose cambiavano in modo repentino, con la carica di sell che si era abbattuta contro gli asset di rischio sulla scia dell’annuncio dei dazi reciproci imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump che convinceva diversi investitori a tornare a privilegiare i Bund tedeschi, considerati più sicuri rispetto a diversi asset, in primis rispetto ai BTP. E così, lo spread era tornato a schizzare.

Il differenziale è tornato poi a scendere nell’ultimo mese, imboccando una traiettoria decisamente ribassista, grazie alla decisione dell’agenzia di rating S&P Global di premiare il debito pubblico dell’Italia.

BTP e spread verso la data X, countdown a giudizio rating Moody’s dopo premio S&P Global

Detto questo, manca ancora un altro grande test prima che il governo Meloni possa davvero tirare un sospiro di sollievo e magari continuare a brindare: l’aggiornamento del rating firmato da Moody’s, che sarà annunciato venerdì 23 maggio, dopo i verdetti che, nelle ultime settimane, sono arrivati dalle altre due sorelle del rating, ovvero da Fitch Ratings (occhio al giudizio) e, soprattutto, da S&P Global, che ha consegnato ai mercati la grande sorpresa dell’upgrade della valutazione riservata al debito pubblico italiano, promuovendo praticamente i BTP.

Ad annunciare l’aggiornamento del rating, in queste ultime settimane, è stata anche l’agenzia Morningstar DBRS, che ha confermato il giudizio a BBB (high) e l’outlook positivo, ponendo l’accento sul continuo impegno che il governo Meloni sta mostrando nel cercare di rimettere i conti pubblici in ordine, in linea con quanto stabilito dal Piano strutturale di bilancio.

Morningstar ha menzionato anche la solidità del mercato del lavoro e, tra gli altri fattori, la maggiore forza delle banche italiane e la stabilità dell’esecutivo italiano.

A convincere gli investitori a continuare a scommettere di più sui BTP italiani è stato comunque, senza alcuna ombra di dubbio, soprattutto l’upgrade comunicato da S&P Global, commentato dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti anche con una battuta.

Dal canto suo, fiducioso nella possibilità dell’Italia di ricevere un nuovo premio sul rating si è confermato soprattutto il governatore di Bankitalia Fabio Panetta che, nel commentare l’upgrade di S&P, ha detto che “non è finita qui, (il rating) potrebbe ancora migliorare”.

Countdown a ultimo verdetto rating Italia, ma Moody’s ora fa meno paura

I mercati attendono così il giudizio dell’altra sorella del rating Moody’s, in arrivo per l’appunto venerdì prossimo, 23 maggio 2025.

La trepidazione è alta, se si considera la grande ansia che l’agenzia, tra le grandi tre sorelle (le altre due sono per l’appunto S&P Global e Fitch), ha messo all’Italia negli ultimi anni.

In evidenza in particolare il timore esploso alla fine del 2023, quando gli investitori domestici e internazionali, e ancora più di tutti il governo Meloni, temettero il peggio, ovvero che Moody’s desse il colpo di grazia ai BTP, tagliando la propria valutazione (tuttora al di sopra del giudizio “junk” di un solo livello) al livello spazzatura.

Così non è stato, con l’agenzia che in quella occasione ha anzi migliorato l’outlook sul debito da negativo a stabile, a fronte di un rating lasciato pari a Baa3.

Rating e outlook sono stati poi confermati da Moody’s lo scorso 22 novembre del 2024.

Il giudizio di Moody’s rimane tuttavia tuttora pari a Baa3, livello ancora appena al di sopra della valutazione junk, che dunque genera ancora un po’ di nervosismo tra gli operatori di mercato.

Detto questo, l’outlook di Moody’s è stabile (quando, poco prima dell’annuncio di novembre 2023, era stato negativo), e i BTP continuano a essere considerati tuttora appetibili agli occhi degli investitori mondiali, molto di più anche rispetto agli altri Titoli di Stato dell’area euro, come dimostra il trend al ribasso dei rendimenti che, su base mensile, ha battuto praticamente tutti.

E l’ottima notizia per ora è che neanche la fine dello storico sostegno garantito dalla BCE dal 2020 fino alla fine del 2024 ha per ora provocato scossoni al debito made in Italy, visto che il ruolo salvifico esercitato dalla Banca centrale europea è stato per ora sostituito da un altro doppio assist.

Febbre per i BTP, i risultati delle ultime aste dei Titoli di Stato italiani

A confermare l’appetito per i BTP anche gli ultimi risultati delle aste indette dal MEF, Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Sotto i riflettori i numeri emersi dall’emissione di ieri da parte del Tesoro di BTP a 3, 7 e 20 anni, piazzati per un ammontare complessivo di 7,5 miliardi di euro.

Nello specifico, il Tesoro ha collocato 3,5 miliardi di euro della quinta tranche di BTP a 3 anni con scadenza al 15 giugno 2028, al rendimento pari all’1,51%, in calo di 0,04 punti percentuali e, ottima notizia, al minimo dal luglio del 2022, a fronte di un rapporto bid-to-cover pari a 1,51.

Emessa anche la seconda tranche dei BTP a 7 anni con scadenza al 15 luglio 2023, con rendimento in calo al 3,28%, per un valore di 2,5 miliardi di euro, con bid-to-cover a 1,60.

Infine, il MEF ha collocato 1,5 miliardi di euro della decima tranche dei BTP a 20 anni con scadenza al 1° settembre 2024, a un rendimento pari al 4,26% e a fronte di un bid-to-cover pari a 1,68.

Generali Investments, forte la domanda per i BTP

A proposito di emissioni, occhio al punto sulle emissioni di bond governativi che è stato fatto da Florian Spaete, senior bond strategist di Generali Investments.

Spaete ha fatto notare che, dall’inizio dell’anno al 30 aprile, i Paesi dell’area euro hanno già collocato una parte significativa del volume di emissione sovrana sul mercato: “A quasi 600 miliardi di euro (considerando quelli a scadenza oltre un anno), è stato emesso più del 45% del volume lordo annuo pianificato (leggermente più di quanto fatto negli anni precedenti, ad esempio nello stesso periodo 2024 erano 560 mld)”.

In evidenza, ha fatto notare lo strategist senior, soprattutto il progresso che, sul fronte delle emissioni, è stato compiuto dalla Grecia, dall’Austria e dall’Irlanda, “mentre per l’Italia il progresso delle emissioni è al 47%, di poco superiore alla media area euro del 45,2%”.

In termini assoluti, il valore delle emissioni di Titoli di Stato dell’area euro è ammontato a 156 miliardi al 30 aprile (rispetto ai quasi 145 miliardi dello stesso periodo del 2024) con previsioni per il 2025 a oltre 330 miliardi (rispetto ai 355 miliardi nel 2024).

Nello specifico, “la situazione macroeconomica dell’Italia si è stabilizzata” e la “forte domanda di obbligazioni governative italiane si è riflessa anche nell’emissione di obbligazioni al dettaglio da 14,9 miliardi a febbraio 2025 ”.

Per obbligazioni al dettaglio, in vista del grande ritorno del BTP Italia, Generali Investments si è riferita all’emissione del BTP Più, quinta edizione del BTP Valore, che ha confermato l’interesse dei BTP People.

Inoltre”, si legge nel report di Spaete, “le politiche economiche e tariffarie irregolari della nuova amministrazione statunitense hanno creato incertezza tra gli investitori, che ora cercano sempre più alternative liquide ”, fattore che ha portato le obbligazioni italiane a incassare di nuovo l’attenzione degli investitori stranieri dopo che la quota di investitori stranieri era “scesa dal 41% a 26% tra il 2010 e il 2023 secondo gli standard europei”.

Più emissioni di Titoli di Stato in assenza della BCE

Non poteva mancare dallo strategist senior di Generali Investments il riferimento alla fine di quei bazooka monetari lanciati dalla BCE e ormai finiti in pensione, ovvero il QE-Quantitative easing (andato in soffitta da un bel po’ di tempo) e il QE pandemico noto come PEPP-QE pandemico, a cui Christine Lagarde ha staccato di recente la spina.

La Banca centrale europea continuerà con il Quantitative Tightening (QT), iniziato nel 2023 , non reinvestendo i titoli di stato in scadenza”.

Tra l’altro, il QT sarà applicato anche al PEPP (€15 miliardi al mese), il che significa che la BCE ritirerà complessivamente quasi 410 miliardi di euro dal mercato.

Considerando che Generali Investments ha calcolato che per ora, entro la fine del mese di aprile, la BCE non ha reinvestito Titoli di Stato per un valore di 155 miliardi di euro, la conseguenza è che saranno più di 250 miliardi di euro, fino alla fine di dicembre 2025, i Titoli di Stato che non saranno più reinvestiti dall’Eurotower. Fatto quest’ultimo che comporta che, “poiché la BCE ridurrà ulteriormente il suo portafoglio di obbligazioni governative di circa 250 miliardi di euro entro la fine dell’anno nell’ambito del Quantitative Tightening, il saldo netto di emissioni rimane comunque intorno ai 450 miliardi di euro entro la fine dell’anno ”.

Generali Investments ha così rivisto al rialzo le stime annuali sull’emissione di bond sovrani, riassumendo così le spiegazioni alla base del nuovo outlook:

“Due sono i fattori cruciali: da un lato, le tensioni nell’alleanza transatlantica, che richiedono all’Europa di aumentare la spesa per la difesa, ma con un impatto limitato sulle emissioni nel 2025; dall’altro, la Germania, che grazie a margini fiscali e decisioni politiche recenti, potrebbe influenzare le emissioni di quest’anno, prevedendo un aumento moderato delle emissioni, soprattutto in Germania, di alcune decine di miliardi. Inoltre, l’ambiente economico si è deteriorato a causa di politiche e tariffe imprevedibili negli Stati Uniti, influenzando l’economia globale. La previsione di crescita di Bloomberg per il 2025 per la zona euro è scesa dallo 1,0% allo 0,8% dall’inizio dell’anno e il deficit di bilancio previsto è aumentato dal 3,0% al 3,3%. Nel complesso, l’emissione netta prevista per quest’anno è di circa 490 miliardi di euro, leggermente superiore a quella dell’anno scorso di circa 20 miliardi, ma improbabile che raggiunga il record del 2023 di 520 miliardi. Di conseguenza, la stima di un’emissione lorda record di quasi 900 miliardi di euro per il 2025 sarà ancora più elevata rispetto alle previsioni iniziali”.

Detto questo, Spaete rimane fiducioso nella capacità del mercato di assorbire la valanga di emissioni, non tralasciando comunque un certo tono di cautela:

Nonostante l’aumento previsto dell’emissione di titoli, si ritiene che il mercato possa assorbirlo senza problemi , grazie alla domanda elevata di attività rifugio come i titoli di stato dell’Eurozona. La fiducia negli investitori nei titoli statunitensi diminuisce, rafforzando l’interesse per i titoli europei, i cui fondamentali sono migliorati negli ultimi anni. Tuttavia, i rischi specifici rimangono e il mercato primario continuerà a penalizzare gli sviluppi economici indesiderati ”.

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