Il Tribunale civile di Roma rigetta il ricorso presentato sul contratto firmato da Virginia Raggi prima delle elezioni, con la sindaca che quindi era eleggibile. Ma la sentenza non toglie molti dubbi.
Virginia Raggi era eleggibile come sindaca di Roma. Questo è il responso del Tribunale civile di Roma, che ha rigettato il ricorso presentato dall’avvocato Venerando Monello, iscritto al PD e vicino alla senatrice democratica Monica Cirinnà.
L’avvocato Monello aveva invocato l’ineleggibilità per il primo cittadino romano e l’annullamento del contratto firmato, sia dalla Raggi che dagli altri candidati del Movimento 5 Stelle, prima delle ultime elezioni comunali.
Per i giudici del tribunale, il contratto stipulato dalla Raggi non rientra tra i casi di ineleggibilità previsti dalla legge. La tesi dell’avvocato Monello invece era incentrata sul fatto che l’accordo firmato dalla sindaca con il Movimento violasse l’articolo 67 della Costituzione, che prevede l’assenza del vincolo di mandato, invocandone anche l’annullamento.
Ma la sentenza del Tribunale civile di Roma dice anche altro. Per i giudici infatti non ci si può esprimere sulla validità o meno del contratto firmato, in quanto Monello non è un portatore concreto d’interesse essendo estraneo al Movimento e non avendo sottoscritto lui stesso l’accordo.
Parole queste che aprono scenari ben diversi.
Virginia Raggi eleggibile, cosa dice veramente la sentenza?
Le ultime elezioni comunali di Roma sono state molto movimentate. Già dopo l’esito delle primarie online del Movimento 5 Stelle si era parlato di un annullamento della candidatura di Virginia Raggi, in virtù del ricorso degli attivisti pentastellati espulsi.
A maggio poi fu l’avvocato Venerando Monello a presentare il ricorso presso il Tribunale civile di Roma, per la presunta ineleggibilità della Raggi dopo la sottoscrizione del contratto con il Movimento 5 Stelle.
Il contratto in questione è quello riguardante il codice etico, che è stato fatto firmare a tutti i candidati dei Cinque Stelle. Si tratta di una serie di linee guida, tra cui c’è anche la famigerata penale di 150.000 euro da pagare in caso di danno d’immagine al Movimento.
Quindi, con questa sentenza i giudici non hanno rilevato una violazione sostanziale dell’articolo 67 della Costituzione, non pronunciandosi però nel merito della validità del contratto sottoscritto in quanto Monello è estraneo all’accordo.
In parole povere, se il ricorso fosse stato presentato dalla Raggi o dal Movimento, solo in quel caso si sarebbe entrati nel merito. Sia il primo cittadino di Roma che il Movimento, hanno comunque festeggiato alla notizia della sentenza del tribunale.
La sindaca però sa bene che, in virtù proprio del contratto firmato, il suo comportamento sul caso Marra, suo ex braccio destro arrestato per corruzione, è da ritenere al limite del regolamento.
La Raggi e i rischi del regolamento firmato?
La Raggi ha accolto la sentenza del Tribunale civile di Roma con un post sul blog di Beppe Grillo.
Tanto rumore per nulla. Dopo la batosta elettorale a Roma, il Pd ne subisce un’altra in Tribunale. Il giudice non ha accolto la richiesta con la quale i dem cercavano di ribaltare il risultato delle urne che ha visto il M5S vincere. Speravano di rendere nulla la nostra vittoria, paragonando la stipula del Codice di comportamento del M5S ad un accordo di un’associazione segreta. Non sanno più cosa inventare.
La sindaca Raggi quindi era eleggibile, ma sulla validità del contratto stipulato i giudici non si sono espressi. Dopo il caso Marra, non erano stati pochi gli esponenti del Movimento a bacchettare il primo cittadino sul non aver rispettato il regolamento.
Nel contratto si legge che tutte le proposte di nomina dei collaboratori delle strutture di diretta collaborazione, devono essere prima approvate preventivamente dai garanti del Movimento Cinque Stelle.
Se i vertici del Movimento hanno di fatti perdonato la Raggi per la nomina di Marra, viene da pensare che da adesso in poi il comportamento della sindaca sarà molto più controllato dal direttorio.
Meno autonomia decisionale quindi per la Raggi, a meno che il primo cittadino non voglia rompere il patto siglato ed incorrere nella penale di 150.000 euro, sempre che i giudici solo a quel punto la possano ritenere legittima.
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