Qui 1 cittadino su 5 compra su Temu e Shein. Così si perdono 5.000 posti di lavoro in un anno

Alessandro Nuzzo

6 Settembre 2025 - 16:38

I due colossi cinesi sono sempre più integrati nel commercio online europeo. In questo Paese sono a rischio 5.000 posti di lavoro all’anno.

Qui 1 cittadino su 5 compra su Temu e Shein. Così si perdono 5.000 posti di lavoro in un anno

Prosegue senza sosta l’ascesa di Shein e Temu nel mercato europeo del commercio online. I due portali, dove è possibile acquistare praticamente di tutto a prezzi contenuti (anche se spesso con qualità discutibile, ndr), registrano una crescita costante in Europa. In Paesi come Spagna, Francia, Italia, Germania, Portogallo e Grecia accumulano milioni di visite e ordini ogni mese. Una crescita che sposta enormi flussi di denaro verso la Cina, sottraendoli alle economie nazionali. Un problema da non sottovalutare.

Uno dei Paesi più preoccupati dall’espansione di Shein e Temu è la Grecia, dove si stima che nel 2025 i due colossi del commercio digitale aumenteranno il fatturato del 50%. Sempre più giovani, spinti dalle pubblicità diffuse sui social, acquistano sui portali privando lo Stato di entrate fiscali e contribuendo alla perdita di migliaia di posti di lavoro.

Boom di Shein e Temu in Grecia

I dati diffusi dalla Confederazione Ellenica del Commercio e dell’Imprenditoria (ESEE) sono eloquenti. Solo nel 2024 i consumatori greci hanno generato un fatturato stimato tra 529 e 627 milioni di euro su Shein e Temu. Si calcola che tra il 17,6% e il 20,9% degli acquisti online in Grecia siano stati assorbiti proprio dalle due piattaforme. Le conseguenze per le casse pubbliche e per le imprese sono già tangibili. Per quanto riguarda la fiscalità, nel 2024 lo Stato ellenico avrebbe perso tra 30 e 35,5 milioni di euro di contributi previdenziali, tra 7,6 e 9 milioni di euro di imposte sui salari e circa 56,5 milioni di euro di dazi doganali. Sul fronte occupazionale si stima invece la perdita di 4.725-5.601 posti.

Secondo le stime dell’ESEE, l’economia greca avrebbe subito un danno complessivo compreso tra 188,1 e 204 milioni di euro, calcolato includendo i moltiplicatori fiscali diretti (tra 105,7 e 114,8 milioni) e altri effetti correlati. Una cifra enorme, pari a circa tre volte il gettito generato dall’imposta figurativa sulle attività commerciali al dettaglio o dall’intera tassa sulle imprese.

Oltre la metà degli acquisti riguarda abbigliamento, seguiti da elettronica e articoli per la casa. Per lo più si tratta di prodotti di bassa qualità, acquistati perché attraggono con prezzi irrisori. I numeri, però, sono destinati a crescere: la Grecia oggi è il quarto mercato europeo per Shein e Temu, ma la situazione potrebbe peggiorare rapidamente se non verranno introdotte contromisure efficaci.

Urgono interventi rapidi

Il presidente dell’ESEE, Stavros Kafounis, esprime un forte pessimismo e avverte che senza interventi rapidi il rischio è il collasso del settore. «I commercianti greci non hanno possibilità di difendersi, perché le regole non sono uguali per tutti. Chiediamo solo condizioni eque. Il problema è molto più grave di quanto si creda e, se non affrontato, metterà in ginocchio migliaia di imprese, non solo in Grecia ma in tutta Europa», ha dichiarato.

Secondo Kafounis, la causa principale delle perdite è l’attuale regime di esenzione, che consente l’ingresso di pacchi fino a 150 euro senza dazi doganali. Per risolvere la questione, l’ESEE propone di abolire questa normativa entro il 2026 e di introdurre una tassa amministrativa. L’associazione suggerisce inoltre un meccanismo di controllo aggiuntivo per le spedizioni di piccolo valore, gestito congiuntamente da autorità pubbliche e operatori privati sotto la supervisione statale.

La situazione in Italia

Situazione simile si registra in Italia. I dati aggiornati al primo trimestre 2025 mostrano Amazon ancora leader con 35,5 milioni di utenti unici, seguita da Temu al secondo posto con 20,4 milioni, in crescita del 63% rispetto allo stesso periodo del 2024. Terzo posto per eBay con 15,9 milioni di visitatori, ma in calo del 10,5% in un anno. A prima vista il calo di Amazon sembra minimo, solo un punto percentuale, ma rappresenta un chiaro segnale: il mercato digitale si sta spostando sempre più verso la Cina. E come in Grecia, anche in Italia gli effetti potrebbero presto farsi sentire su entrate fiscali e occupazione.

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