Molte professioni non esistono più, sono state cancellate dall’innovazione tecnologica. Lo stesso succederà ad alcuni dei lavori più comuni oggi. Per questo intercettare il cambiamento è fondamentale.
“È già successo, succederà di nuovo. La vera domanda è: quando?” Così si apre il film Armageddon, che affronta la possibilità del ripetersi di eventi catastrofici come la caduta di un asteroide.
Fortunatamente, oggi non siamo di fronte a una minaccia simile. Tuttavia, l’impatto che l’intelligenza artificiale sta avendo sul mercato del lavoro rischia di essere altrettanto dirompente, tanto da scomodare i pareri di alcune delle persone più influenti del pianeta, da Bill Gates a Elon Musk.
D’altronde, l’innovazione tecnologica ha già cancellato, o quasi, professioni un tempo molto richieste e ben retribuite, oggi dimenticate. E accadrà di nuovo. Ma in questo caso, non serve nemmeno chiedersi “quando”, perché la seconda rivoluzione industriale è già in corso. E chi non la osserva con attenzione rischia di subirne le conseguenze, in negativo.
Così come alcune professioni sono scomparse nel passato, altre spariranno nel prossimo futuro. Allo stesso tempo, però, emergeranno nuove opportunità professionali: secondo il quinto Future of Jobs Report del World Economic Forum, infatti, entro il 2030 circa 92 milioni di lavoratori cambieranno mestiere. Questo però non significa una riduzione dei posti di lavoro: al contrario, le nuove tecnologie ne genereranno 170 milioni, con un saldo positivo di 78 milioni.
Sarà dunque fondamentale saper intercettare queste nuove opportunità, comprendendo fin da subito se sia il momento di formarsi in un settore diverso dal proprio. Solo così si potrà affrontare il cambiamento senza farsi trovare impreparati quando la domanda per la propria professione inizierà a calare.
I lavori del passato che non esistono più
Se guardiamo al passato e, in particolare, alle abitudini lavorative di un tempo, scopriamo mestieri che oggi ci sembrano quasi irreali, al limite dell’immaginazione, alcuni dei quali garantivano anche guadagni significativi e un certo prestigio sociale.
In un mondo senza smartphone, sveglie digitali o illuminazione elettrica, c’era chi veniva pagato per bussare alle finestre dei lavoratori e svegliarli all’alba, mentre altri erano incaricati di accendere manualmente le lanterne a gas che illuminavano le strade cittadine.
Con il passare degli anni e l’evoluzione tecnologica, molte di queste professioni sono scomparse in silenzio. Gli ascensoristi, come pure le centraliniste, figure cruciali per mettere in comunicazione due persone a distanza molto prima che la digitalizzazione automatizzasse il processo.
Ma non bisogna guardare troppo indietro per trovare esempi simili. Si pensi alle dattilografe, impiegate in quasi ogni ufficio fino agli anni ’90, che avevano il compito di battere a macchina documenti e relazioni. Come pure al videotecario, che gestiva il noleggio di Vhs e Dvd prima dell’avvento dello streaming, o al casellante autostradale, ormai quasi del tutto sostituito dai pedaggi elettronici.
Lo stesso vale per i telefonisti dei call center outbound, progressivamente rimpiazzati da chatbot e sistemi automatici, e per i tecnici che riparavano macchine da scrivere, registratori a bobina o televisori a tubo catodico, oggi strumenti per appassionati e collezionisti. Altre figure, come l’agente di viaggio tradizionale, sono state ridimensionate radicalmente: oggi molti organizzano le proprie vacanze online, senza intermediazioni.
Quali lavori rischiano di sparire con l’Intelligenza artificiale
Queste trasformazioni mostrano chiaramente come anche i lavori apparentemente solidi e “moderni” possano diventare obsoleti nel giro di pochi anni. L’intelligenza artificiale, come un tempo lo furono l’elettricità o l’automazione meccanica, rappresenta oggi una nuova ondata di trasformazione. È probabile che tra qualche decennio si legga dei mestieri di oggi con lo stesso stupore con cui oggi scopriamo quelli dimenticati del passato.
Come anticipato, secondo il recente rapporto del World Economic Forum, entro il 2030 si assisterà a una riorganizzazione profonda del mercato del lavoro, con milioni di posti destinati a sparire e altrettanti che emergeranno in settori completamente nuovi. Questa evoluzione, trainata da tecnologie come robotica, intelligenza artificiale e big data, sta già ridefinendo le competenze richieste, imponendo a lavoratori e imprese la necessità di adattarsi in tempi rapidi.
Le professioni che rischiano di scomparire riguardano in gran parte ruoli amministrativi e ripetitivi, facilmente sostituibili da software intelligenti e sistemi automatizzati. Troviamo, secondo le previsioni, impiegati postali, operatori di data entry, cassieri, sportellisti bancari, assistenti amministrativi ed esecutivi, addetti alla stampa, ragionieri, magazzinieri, addetti ai trasporti, venditori ambulanti, grafici, periti, ispettori, ufficiali legali, segretari legali e operatori di telemarketing.
Le (nuove) professioni più richieste
Tuttavia, non tutto il cambiamento è da vedere in chiave negativa.
Se alcune figure stanno scomparendo, altre stanno acquisendo centralità. Sempre secondo il World Economic Forum, entro il 2030 le professioni più richieste saranno quelle legate alla tecnologia, alla sostenibilità e alla sicurezza informatica.
In cima all’elenco troviamo specialisti dei big data, ingegneri FinTech, esperti in intelligenza artificiale e machine learning, sviluppatori di software, analisti della sicurezza, specialisti di data warehouse, progettisti UI/UX, ingegneri delle energie rinnovabili e ingegneri ambientali. Accanto a loro emergeranno anche nuove figure nel settore della mobilità elettrica e dei veicoli autonomi, dell’Internet delle cose, così come ruoli per autisti e corrieri qualificati.
Questo scenario rende evidente quanto sia fondamentale investire nella formazione continua per aggiornare le proprie competenze, intercettando le trasformazioni del mercato prima che queste diventino irreversibili. D’altronde, per quanto è vero che l’intelligenza artificiale potrà sostituire molte attività umane, non potrà fare a meno di chi la programma, la guida e ne interpreta i risultati.
E, soprattutto, non potrà replicare fino in fondo la sensibilità, la creatività e l’intuito umano, qualità che, nonostante tutto, restano al centro di ogni vera innovazione.
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