Il linguaggio si evolve e le emoticon non sono da meno. Questa da sempre molto usata ora ha assunto un significato negativo.
Si stima che ogni giorno ne vengano inviate 10 miliardi. Stiamo parlando delle emoticon, le famose faccine che ormai da anni utilizziamo per arricchire le nostre conversazioni digitali. Se un tempo l’uso era esclusivo della generazione più giovane, oggi tutti le utilizzano non solo nelle conversazioni private tra parenti e amici, ma anche sul lavoro.
Il linguaggio delle emoji è in continua evoluzione e ogni anno ne vengono introdotte di nuove per restare al passo con i tempi. Si tratta ormai di una vera e propria forma di linguaggio e, come tale, anche le emoticon risentono di un’evoluzione e di un cambiamento di significato. E così un’emoji che un tempo era molto usata, oggi ha cambiato significato in negativo. Stiamo parlando del famoso pollice all’insù, che la generazione più giovane vede in malo modo: ecco perché.
L’emoji del pollice è passivo-aggressiva
L’emoji del pollice all’insù è forse la più famosa da quando sono state inventate le emoticon. È stata infatti una delle prime a essere creata e usata. Pensiamo a Facebook e al famoso tasto «mi piace», che viene raffigurato con un pollice all’insù. Per questo l’emoji del pollice, da anni si usa per dare assenso, approvazione, conferma di qualcosa. È stata usata in tutti gli ambiti: da quello informale con amici e parenti fino ad ambiti formali nel mondo del lavoro, per dare assenso a una comunicazione, un testo o un documento.
Ma oggi alla generazione Z, quella nata e cresciuta con smartphone, internet e emoji, il dito all’insù non piace: per loro rappresenta un attacco passivo-aggressivo. Considerano un gesto maleducato quello di mandare solo l’emoji del pollice. Per decenni, il pollice alzato è stato il simbolo universale di un «okay» o di un «d’accordo». Oggi è percepito come un gesto rude e impulsivo, utilizzato per mettere a disagio l’interlocutore, facendolo sentire in una posizione di inferiorità. C’è chi si aspetta una risposta più articolata e non semplicemente un pollice. Inoltre, la generazione moderna, che basa le relazioni sulle conversazioni in chat, interpreta il gesto del pollice all’insù come una forma di disinteresse, una chiara volontà di interrompere il dialogo.
Per il professor Vyvyan Evans, esperto di lingue e autore di The Emoji Code, questo cambiamento di significato fa parte del cambiamento semantico, un processo naturale di sviluppo del linguaggio che avviene da migliaia di anni.
Per Evans, la generazione Z è la prima nata digitale, in un contesto dominato da smartphone, internet e chat. Per questo è normale che loro siano più sensibili alle interpretazioni dei messaggi e delle emoticon. Se una persona adulta sa distinguere il significato di un’emoji, per loro è di importanza vitale la corretta interpretazione di un’emoticon. Così il pollice in alto ha assunto un cambiamento di significato in negativo anche per quella che il professor Evans ha definito «sazietà semantica», ovvero la condizione in cui l’uso eccessivo di una parola (o, in questo caso, di un’emoji) fa perdere il suo significato originale. Attenti quindi a usare l’emoji del pollice in su, soprattutto con le nuove generazioni.
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