In arrivo controlli fiscali per chi vende sulle piattaforme online come Vinted ed Ebay e non paga le tasse. Ecco chi non rischia e chi, invece, deve mettersi in regola con il Fisco.
                                    
                                    
                                    
                                     
                                    
                                    
                                     
                                        
                                    
                                     
                                    
                                    
                                    
                                    
                                    
                                    Per chi vende su piattaforme online come Vinted, Wallapop, Subito.it ed Ebay potrebbero essere in arrivo controlli del Fisco. L’utilizzo di queste piattaforme, con il passare del tempo, si è diffuso largamente e se sono comodissime per disfarsi di oggetti che non si usano più, sono usate, spesso, come espediente da chi ha un’attività e non paga le tasse.
Vendendo online, infatti, è molto più semplice celare le attività commerciali vere e proprie evadendo il Fisco. Nel mondo virtuale non sempre applicare le regole fiscali appare semplice e proprio per questo molti “furbetti” sulle piattaforme in questione portano avanti affari non sempre a norma.
Vendere beni su Vinted, Wallapop o Ebay non comporta sempre l’obbligo di pagare le tasse. Quando si vendono oggetti di seconda mano non è prevista tassazione. Ma se la vendita di oggetti diventa una vera e propria attività a quel punto l’obbligo di dichiarare al Fisco i proventi c’è.
Chi corre il rischio di ricevere controlli del Fisco per le vendite online?
Se, saltuariamente, si decide di vendere qualche oggetto o vestito che non si usa più su Vinted o Wallapop (o su qualsiasi altra piattaforma) non si è tenuti al pagamento delle imposte e non è obbligatorio alcun adempimento fiscale. In presenza di specifici requisiti, però, non solo si rischiano sanzioni per i redditi non dichiarati, ma si sarà costretti all’apertura di una partita Iva con tutto quello che ne consegue. Il problema principale è la linea di demarcazione che c’è tra vendite occasionali e professionali, un limite che non è vincolato a guadagni minimi o a numero di vendite, ma alla tipologia di commercio.
In Italia la novità è entrata in vigore il 1° gennaio 2023 (prime comunicazioni nel 2024), con l’obbligo, da parte delle piattaforme, di comunicazione dei dati sulle vendite online realizzate dagli utenti. Anche la Corte di Cassazione con la sentenza 7552 del 21 marzo 2025 ha stabilito che un venditore privato e senza partita Iva se supera un certo numero di vendite online nell’anno può essere considerato come un imprenditore ed è tenuto, in questo caso, a pagare le tasse su quanto ha guadagnato.
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La direttiva Dac7 del 2021, che obbliga tutte le piattaforme di vendita online a comunicare i dati di vendita degli utenti, coinvolge anche l’Italia e con un provvedimento del 20 novembre 2023 l’Agenzia delle Entrate individua i termini e le modalità di comunicazione dei dati sulle vendite di beni e servizi.
Le piattaforme online che consentono la vendita di beni e servizi (anche per quel che riguarda oggetti usati) sono obbligate a trasmettere tutti i dati delle vendite che gli utenti realizzano e proprio per questo, in alcuni casi, l’obbligo di apertura della partita Iva potrebbe coinvolgere chi vende oggetti usati su Vinted o Wallapop (o su altre piattaforme similari).
L’obiettivo di questa modifica sostanziale è quello di contrastare l’evasione fiscale che con il commercio elettronico non sempre salta all’occhio.
Non solo Vinted e Wallapop
Da sottolineare che la direttiva UE non coinvolge solo Vinted e Wallapop, ma tutte le piattaforme che consentono una vendita di prodotti o servizi ai propri utenti. Amazon, Etsy, Vestiaire Collective, eBay, e anche Airbnb sono piattaforme costrette a trasmettere i dati delle vendite alle autorità fiscali. Su queste piattaforme, al superamento di un determinato numero di vendite o di un determinato importo guadagnato nell’anno solare, il venditore è costretto a compilare il modulo con i propri dati (che comunque non implica necessariamente l’obbligo di versare le tasse: quest’ultimo deve essere verificato con la normativa in vigore nel proprio Paese di residenza).
Il modulo deve essere compilato quando si raggiunge una delle seguenti condizioni:
-  effettuare, in un anno solare, almeno 30 vendite;
oppure - guadagnare, in un anno solare, dalle vendite più di 2.000 euro.
 
Chi non raggiunge le 30 vendite e non guadagna più di 2.000 euro in un anno non sarà costretto a compilare il modulo in questione. Chi, invece, raggiunge una delle due condizioni sopra illustrate deve compilare il modulo indicando:
- nome e cognome;
 - data di nascita;
 - indirizzo;
 - codice fiscale o partita Iva.
 
Se il venditore, invece, è una persona giuridica i dati da indicare nel modulo sono:
- ragione sociale;
 - indirizzo;
 - numero di identificazione fiscale;
 - partita Iva.
 
Da sottolineare che la piattaforma comunica all’Agenzia delle Entrate anche l’Iban collegato all’account e il titolare del conto corrente, oltre agli importi percepiti.
La piattaforma Vinted, al riguardo, nel 2024 ha tranquillizzato i suoi utenti chiarendo che:
«Vogliamo ribadire che la vendita di oggetti personali tramite Vinted non è tassabile in Italia, anche se gli oggetti vengono venduti a un prezzo più alto di quello pagato inizialmente. È fondamentale capire che il raggiungimento della soglia definita dal regolamento DAC7 e la richiesta di fornire informazioni non implicano l’obbligo di pagare le tasse. In genere, solo le attività commerciali dovrebbero dover pagare le tasse. Pertanto, non è corretto affermare che le persone sono state multate a causa delle loro vendite su alcune piattaforme. In caso di dubbi sugli obblighi fiscali individuali, le persone possono rivolgersi alle autorità fiscali locali per verificare se e cosa devono dichiarare»
Il tutto, però, è vero in parte. Se si acquista un oggetto personale, lo si usa (o si scopre di non averne bisogno) e si rivende su una piattaforma, non si tratta di commercio professionale, ma di una vendita occasionale. Comprare, invece, per rivendere rappresenta un’attività professionale sulla quale le tasse sono dovute a prescindere e che implica l’apertura della partita Iva.
Quando c’è l’obbligo di aprire partita Iva e pagare le tasse?
Le piattaforme di vendita online, come Vinted e Wallapop, sono obbligate a fornire i dati dei venditori che potranno essere controllati, in Italia, dall’Agenzia delle Entrate. La comunicazione dei dati deve avvenire entro il 31 dicembre di ogni anno (solo per il 2023 questo adempimento è stato fatto slittare al 31 gennaio 2024).
Come funziona la trasmissione dei dati e dopo quanto l’Agenzia delle Entrate pretenderà il pagamento delle imposte? Come abbiamo detto, entro il 31 dicembre di ogni anno la piattaforma è tenuta a trasmettere i dati degli utenti raccolti all’amministrazione fiscale del proprio Paese di residenza. Quest’ultima, a sua volta, provvederà a trasmettere i dati relativi agli utenti allo Stato in cui sono residenti fiscalmente.
L’Agenzia delle Entrate, per gli utenti italiani, una volta ricevuti i dati effettuerà i dovuti controlli per valutare se sussiste una attività commerciale o se le vendite vanno considerate non abituali. La riscossione delle eventuali imposte, quindi, non è immediata.
L’Agenzia delle Entrate, tramite i dati ricevuti, non avrà difficoltà a controllare i redditi percepiti dai venditori annualmente e proprio per questo motivo è necessario che ogni venditore, i cui dati sono trasmessi, verifichi se nel suo caso c’è l’obbligo di aprire una partita Iva. In Italia l’apertura di partita Iva è obbligatoria quando le vendite non sono sporadiche e non abituali. Se l’attività di vendita è continuativa il venditore deve aprire partita Iva e, di conseguenza, pagare i contributi e le imposte sui ricavi.
Per chi, invece, vende sporadicamente qualche oggetto usato e non supera determinate soglie, non solo non sarà necessaria la compilazione del modulo con i dati da trasmettere, ma sulle vendite effettuate non sarà neanche necessario versare le imposte sul reddito.
Per evitare controlli del Fisco si deve capire che tipo di attività si svolge
Il problema principale è rappresentato dalla trasmissione dei dati dei venditori è che l’Agenzia delle Entrate potrebbe esaminare il tipo di attività che si svolge. Anche se è vero che il solo vendere un oggetto usato su piattaforme come Vinted e Wallapop non implica che si tratti di un’attività di vendita professionale, è pur vero che se le vendite sono abituali, ricorrenti e organizzate si potrebbe presumere che non si tratti di un’attività occasionale. Se l’attività di commercio si profila come professionale è necessario provvedere agli adempimenti fiscali e all’apertura della partita Iva.
Se l’Agenzia delle Entrate, quindi, nell’esaminare i dati trasmessi dalle varie piattaforme, dovesse rilevare un’attività commerciale di tipo professionale che non è stata correttamente dichiarata (con apertura della partita Iva e con l’indicazione dei guadagni in dichiarazione dei redditi) potrebbe procedere a un accertamento fiscale con la richiesta del pagamento delle imposte eventualmente evase.
Controlli fiscali per chi vende online, come difendersi
In caso si riceva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per aver effettuato vendite online, non è detto che le imposte richieste siano dovute. Chi riceve l’avviso può difendersi. Tuttavia, va sottolineato che gli accertamenti scattano quando:
- si superano le soglie di occasionalità previste;
 - si effettuano molte vendite dai costi rilevanti;
 - se si ricevono pagamenti tracciabili dai movimenti elevati;
 - si acquistano beni in stock per essere rivenduti;
 - il Fisco, incrociando i dati bancari con la dichiarazione dei redditi, evidenzia anomalie e incongruenze.
 
Con un controllo fiscale l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare l’esercizio dell’attività di impresa in nero, l’omissione della dichiarazione dei redditi dell’attività commerciale con sanzioni che possono arrivare al 240% dell’imposta evasa.
In caso di accertamento fiscale, come abbiamo detto, ci si può difendere dimostrando che le vendite rientrano in quelle occasionali per le quali non vi è l’obbligo di dichiarazione. Si può dimostrare di avere venduto beni personali usati senza scopo di lucro o che si è stati erroneamente classificati come imprenditori mentre il volume, la frequenza e l’organizzazione delle vendite erano compatibili con l’occasionalità.
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