Sospensione della partita Iva: come e quando è possibile

Paolo Ballanti

31 Maggio 2022 - 11:44

condividi

Stai pensando di sospendere la partita Iva ma non sai se puoi farlo e soprattutto come? Ecco una guida completa sulle alternative a disposizione e come evitare spiacevoli sorprese

Sospensione della partita Iva: come e quando è possibile

Hai un’impresa o una professione con partita Iva che sta vivendo un momento difficile e vorresti avere del tempo a disposizione per valutare i passi successivi? Le condizioni attuali del mercato sono incerte e stai considerando di dover sospendere l’attività in attesa di momenti migliori?

Sono dubbi comprensibili e naturali soprattutto in un periodo come quello attuale, dopo la forte crisi legata alla pandemia seguita poi dalla guerra in Ucraina, che sta mettendo a dura prova la tenuta del tessuto economico-produttivo italiano.

Se da un lato aprire e mantenere la partita Iva comporta una serie di costi fissi, come i contributi previdenziali, le spese amministrative e quelle legate alla consulenza dei professionisti, dall’altro cessare definitivamente la propria posizione è una scelta da valutare con attenzione, considerato soprattutto cosa è necessario fare se si ritorna sui propri passi.

Nell’articolo forniremo tutti i dettagli necessari per sapere se e quanto conviene sospendere la partita Iva e, in particolare, quali altre alternative ci sono, dalla chiusura della posizione sino al semplice cambiamento di regime fiscale.

Si può sospendere la partita Iva?

Nell’ordinamento fiscale italiano non è prevista la possibilità di sospendere la partita Iva.

Di conseguenza, le uniche alternative per quanti si trovano nel dubbio se proseguire o meno l’attività e preferirebbero semplicemente metterla in stand-by, sono rappresentate dalla possibilità di:

  • chiudere la partita Iva;
  • attendere che l’Agenzia Entrate notifichi l’avvio della procedura di chiusura d’ufficio della posizione;
  • rilanciare l’attività, ad esempio in un settore economico o in un luogo completamente diversi (in tal caso si dovrà trasmettere una comunicazione di variazione);
  • modificare il regime di determinazione del reddito.

È importante precisare che, in tutti i casi di chiusura della posizione, sarà poi necessario riaprirne una nuova a fronte della ripresa dell’attività, facendosi carico naturalmente di tutti i costi connessi (ad esempio quelli del professionista che si preoccupa di inviare la dichiarazione di apertura della partita Iva all’Agenzia Entrate).

Comunicazione di chiusura della partita Iva

La dichiarazione di cessazione della partita Iva dev’essere trasmessa entro 30 giorni decorrenti da:

  • data di ultimazione delle operazioni riguardanti la liquidazione dell’azienda, per gli imprenditori individuali;
  • cancellazione dal Registro Imprese per le società;
  • cessazione definitiva dell’attività professionale o artistica (se la partita Iva è chiusa senza aver fatturato tutte le operazioni, a fronte del successivo pagamento il contribuente dovrà emettere fattura, riaprire la posizione e assoggettare l’incasso a Iva);
  • cessazione totale di qualsiasi attività economica, per i soggetti diversi dai precedenti, iscritti al Rea.

Un’eccezione alla scadenza dei 30 giorni riguarda le ipotesi di morte del contribuente. In questo frangente, la dichiarazione di cessazione (da parte degli eredi) dovrà essere trasmessa entro 6 mesi dal decesso.

Al contrario, si applicano le tempistiche ordinarie per tutte le altre operazioni, ad esempio gli adempimenti per la liquidazione dell’azienda.

Come si trasmette la comunicazione di chiusura partita Iva?

Le modalità di trasmissione della comunicazione di cessazione partita Iva sono identiche a quelle previste in caso di inizio attività. È pertanto necessario trasmettere all’Agenzia Entrate il modello:

  • AA9/12 se trattasi di imprenditori individuali, artisti e professionisti;
  • AA7/10 per società e altri soggetti iscritti al Rea.

L’invio dei moduli, ricordiamolo, deve avvenire, in alternativa:

  • con modalità telematiche, sfruttando i sistemi Web-browser o Web-service;
  • con consegna diretta su supporto informatico (modulo firmato digitalmente) con l’inoltro al Registro Imprese della Comunicazione unica.

Chiusura d’ufficio della partita Iva: quando?

L’Agenzia delle Entrate provvede a chiudere d’ufficio le partite Iva di coloro che, in base ai dati in suo possesso, non hanno esercitato attività d’impresa, arte o professione nei tre anni precedenti.

A tal proposito, si considerano «inattivi» coloro che, nelle tre annualità precedenti, non hanno trasmesso la dichiarazione dei redditi di lavoro autonomo/d’impresa ovvero la dichiarazione Iva annuale.

I soggetti diversi dalle persone fisiche incorrono, oltre che nell’estinzione della partita Iva, anche nella perdita del codice fiscale.

In ogni caso, prima di procedere alla chiusura d’ufficio, l’Agenzia Entrate invia una comunicazione preventiva al contribuente, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.

Nei 60 giorni successivi alla ricezione della raccomandata, il contribuente può recarsi presso una qualsiasi sede dell’Ade per fornire chiarimenti in merito alla propria posizione e chiedere di mantenere la partita Iva aperta.

A sua volta l’Agenzia può:

  • accogliere le argomentazioni del contribuente, archiviando la procedura di chiusura della posizione;
  • rigettare l’istanza del contribuente, con diniego motivato.

Chiusura partita Iva: cosa accade dopo?

Una volta chiusa la partita Iva, si producono i seguenti effetti:

  • i beni in precedenza utilizzati per l’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, destinati alla vita privata, devono essere auto-fatturati (si considerano auto-consumati);
  • tutte le operazioni effettuate a titolo privato, dopo la cessazione dell’attività, non sono soggette a Iva (un’eccezione riguarda le somme percepite dall’artista/professionista, relative a prestazioni svolte durante l’esercizio dell’attività, che non erano state fatturate).

Si possono inviare comunicazioni di variazione?

Ipotesi diversa rispetto alla cessazione completa della partita Iva è il caso in cui il contribuente ha necessità di modificare uno o più dati, rispetto a quelli indicati nella dichiarazione di inizio attività.

In tal caso, la comunicazione deve avvenire entro 30 giorni dalla variazione, grazie agli stessi modelli utilizzati per segnalare la cessazione dell’attività.

Possono rappresentare ipotesi di variazione:

  • il trasferimento del domicilio fiscale;
  • l’esercizio di una nuova attività;
  • le modifiche nella composizione della base sociale;
  • la variazione del luogo in cui sono conservate le scritture contabili.

Cambiare il regime di determinazione del reddito

Un’alternativa è quella di modificare il regime di determinazione del reddito, passando, se ne ricorrono i requisiti, al regime forfettario.

Quest’ultimo, caratterizzato da una serie di semplificazioni, anche in termini di adempimenti Iva, prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva di Irpef, addizionali regionali/comunali e Irap, pari al 5% per i primi 5 anni di attività, salvo poi passare al 15%.

Per accedere al regime forfettario è necessario, nell’anno precedente:

  • aver conseguito ricavi non superiori a 65mila euro;
  • aver sostenuto spese non eccedenti i 20mila euro per lavoratori dipendenti, collaboratori coordinati e continuativi, prestazioni di lavoro accessorio, borse di studio, assegno, sussidio o addestramento professionale, utili da partecipazione riconosciuti agli associati che apportano solo lavoro, prestazioni di lavoro effettuate dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Iscriviti a Money.it