Ecco quali sono i Paesi che danno più armi a Israele e quale ha addirittura intensificato i rapporti.
Il sostegno a Israele non passa soltanto per la politica e i rapporti commerciali, ma anche e soprattutto per la diretta fornitura di armi a Tel Aviv. Quando si guarda ai rapporti internazionali spesso si perde di vista quanto in realtà i Paesi, anche europei, siano coinvolti direttamente nella capacità bellica israeliana. In un momento in cui la sensibilità pubblica è così accesa e le informazioni arrivano in maniera così numerosa e confusa è opportuno riportare un ordine.
Gli interessi economici, i contratti che sostengono l’economia di Israele, le dichiarazioni e le reazioni rispetto all’andamento del conflitto sono importanti, ma passano in secondo piano rispetto al supporto diretto, al vero e proprio finanziamento della guerra in corso. Da qui si dovrebbe partire per capire effettivamente qual è la posizione dell’Europa e più nello specifico dell’Italia, visto che ha apparentemente mantenuto un legame solido con Tel Aviv finora. Vediamo quindi quali Paesi danno più armi a Israele e chi invece ha scelto la strada opposta.
I Paesi che danno più armi a Israele
Secondo l’ultimo report dello Stockholm international peace research institute (Sipri), datato marzo 2025, quasi tutte le armi fornite all’Israele dall’estero provengono da questi Paesi:
- Stati Uniti;
- Germania;
- Italia.
Posizioni che non stupiscono del tutto, visto che i rapporti tra Stati Uniti e Israele sono finora rimasti dei più solidi e lo stesso Donald Trump non ha mai fatto mistero del proprio sostegno alla causa israeliana. Negli ultimi anni la fornitura di armi statunitensi è comunque diminuita, passando dal 90% circa delle esportazioni alla nazione al 40%. Una percentuale che rimane elevata nonostante il conflitto a Gaza, che peraltro non tiene conto del diretto sostegno economico americano. Negli ultimi 80 anni gli Stati Uniti hanno finanziato la difesa israeliana con più di 200 miliardi di dollari, tra equipaggiamenti e servizi militari.
Un supporto costante che ha fatto la differenza nella risposta israeliana all’attacco di Hamas di ottobre 2023 e nell’offensiva a Gaza. In ogni caso, gli aiuti militari statunitensi non si sono mai interrotti e anzi l’amministrazione Usa ha autorizzato un altro pacchetto di aiuti militari dal valore di oltre 6 miliardi di dollari, raddoppiando gli aiuti bellici del 2025. Subito dopo gli Stati Uniti troviamo la Germania, che tra il 2020 e il 2024 ha fornito a Israele circa un terzo delle armi usate dal Paese, arrivando a rappresentare il 33% dell’export di armi, contro il 5,9% del 2016. Un obbligo insito nella “ragion di Stato” tedesca cui Berlino non intende sottrarsi nonostante la pressione e la causa pendente presso la Corte internazionale di giustizia.
Ecco dov’è l’Italia
L’Italia è al terzo posto tra i maggiori fornitori di armi a Israele, ma grazie (o a causa) della predominanza americana e tedesca rappresenta solo l’1% dell’import israeliano di armi. Anche per il Belpaese, tuttavia, non c’è alcuna intenzione di interrompere gli aiuti. Nonostante ciò, le autorizzazioni alle esportazioni di armi a Tel Aviv sono state sospese dalla proclamazione dello stato di guerra, dichiarato il 7 ottobre 2023, lasciando in essere alcune licenze autorizzate prima di questa data e giudicate incompatibili con l’attacco dei civili (con tanto di consegna delle armi durante la guerra). Rapporti non comunque trascurabili, visto che nel 2024 tra le armi e le munizioni l’Italia ha esportato merci in Israele per oltre 5 milioni di euro.
L’Italia, piuttosto, continua a importare massicciamente armi da Tel Aviv. Un comportamento formalmente corretto, visto che si deve guardare all’uso delle armi e non alla loro provenienza, ma che ha fruttato a Israele circa 155 milioni di euro. Come se non bastasse, l’Italia ha infatti aumentato le importazioni, peraltro proprio per garantire la sicurezza nazionale in questo fragile contesto politico, tanto che Israele è passato in un anno dalla settima alla seconda posizione come fornitore di armi a Roma.
Nessun Paese europeo può finora garantire un embargo effettivo, ma Stati come la Spagna, la Francia e il Regno Unito stanno compiendo sforzi effettivi ed evidenti in tal senso. I rapporti commerciali continuano e riguardano anche materiali bellici, ma la differenza rispetto all’epoca precedente alla guerra è abissale. L’Italia, al contrario, ha intensificato gli scambi.
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