Caparra e acconto non sono la stessa cosa. Cosa sono? Qual è la loro natura? Quando si versano e quali differenze? Qual è il trattamento fiscale di caparra e acconto? Ecco a cosa fare attenzione.
                                    
                                    
                                    
                                     
                                    
                                    
                                     
                                        
                                    
                                     
                                    
                                    
                                    
                                    
                                    
                                    Acconto e caparra non sono la stessa cosa, anche se spesso nel gergo comune quasi tutti usano indistintamente uno o l’altro termine. La diversità è abissale, riguarda la natura della corresponsione delle somme e le conseguenze, differente è anche il trattamento fiscale.
Si è soliti versare caparre o acconti in occasione della stipula di contratti preliminari per l’acquisto di un immobile, per un contratto di affitto, per la consegna di merce o anche quando si stipula un contratto per la prestazione di servizi che devono essere eseguiti in maniera differita. La caparra o l’acconto si versano soprattutto quando trascorre un lasso di tempo notevole nella conclusione di un affare o quando per l’importanza del tenore della prestazione si vuole avere una sorta di garanzia.
Vediamo quali sono i tratti distintivi di ciascuna fattispecie, caparra e acconto, e la differenze.
Cos’è l’acconto
Con il termine acconto si intende il pagamento anticipato di una parte del prezzo dovuto per un determinato acquisto.
Si parla frequentemente di acconto anche per il versamento delle imposte e costituisce proprio un versamento che sarà poi scorporato dall’imposta totale al momento del calcolo definitivo.
In genere il pagamento di un bene o di un servizio avviene nel momento della consegna del bene o nel momento in cui il servizio è stato effettivamente prestato. Nonostante questo è d’uso nelle prestazioni che hanno particolare tenore economico versare un anticipo che può essere anche considerato un aiuto per il prestatore/venditore nell’affrontare la spesa necessaria a procurare il bene. Ad esempio se devo acquistare un mobile di particolare valore, può essere richiesto il pagamento di un acconto.
Trattamento fiscale acconto
L’acconto deve essere scalato dal prezzo finale. Dal punto di vista fiscale subisce lo stesso trattamento fiscale, perché di fatto è una parte del prezzo, questo vuol dire che è assoggettato a IVA e al fine del versamento delle imposte sul reddito entra a far parte dei corrispettivi/compensi.
Quando viene versato un acconto deve essere emessa fattura con descrizione della prestazione, numero progressivo, IVA e data. Sulla base del valore pagato viene calcolata l’IVA corrispondente. La cifra pagata come acconto viene poi sottratta al momento del saldo.
In parole povere, significa che se il totale della fattura è, ad esempio 1.000 euro + 22% IVA e ne vengono pagati 200 + IVA (per un totale di 244 euro) come acconto nel giorno X. Al momento del saldo è necessario versare 800 euro +IVA.
Acconto, cosa succede se l’affare sfuma?
Cosa succede all’acconto in caso di mancata conclusione del contratto? L’acconto è parte del prezzo, questo vuol dire che nel caso in cui l’acquirente dovesse cambiare idea e non volesse più il bene o la prestazione oggetto di contratto, l’acconto dovrà essere restituito. Questo non vuol dire che il venditore/prestatore non abbia alcuna garanzia, potrà sempre chiedere un eventuale risarcimento danni. Per vie giudiziali la procedura potrebbe essere molto lunga, ecco perché è bene valutare l’opzione caparra che a breve vedremo.
Facciamo un esempio molto comune: due promessi sposi prenotano un ristorante per il giorno 10 marzo, nel contratto le parti stabiliscono che gli sposi versino un acconto (si specifica acconto) di 1.000 euro. Nel contratto viene anche stabilito che è possibile disdire l’evento entro 1 mese dalla data prevista senza conseguenze economiche. 
In questo caso se gli sposi non celebrano più le nozze, ma non disdicono, siccome quello versato è un acconto, il ristoratore deve restituire la somma, ma il ristoratore a questo punto potrà richiedere un sostanzioso risarcimento danni (materie prime già acquistate, allestimento locale, mancati guadagni per aver riservato la sala...). Se la parte non accetta di versare il risarcimento, la strada può essere lunga.
Qui è molto semplificato il concetto per far capire, in realtà la libertà contrattuale prevista nel nostro ordinamento prevede la possibilità di inserire nei contratti clausole molto specifiche a copertura delle varie situazioni che possono verificarsi.
Queste le peculiarità della natura dell’acconto.
La caparra: cos’è e differenze caparra confirmatoria e penitenziale
La natura della caparra è completamente diversa dall’acconto. In linea generale possiamo dire che la caparra ha natura di garanzia per il venditore e per l’acquirente. Non è un anticipo sul prezzo.
Per il venditore la garanzia è costituita dal fatto che nel caso in cui l’acquirente dovesse non adempiere agli obblighi assunti con il contratto, non potrà richiedere la restituzione delle somme.
La somma svolge contestualmente la funzione di garanzia  per l’acquirente perché nel caso in cui l’affare dovesse sfumare a causa del venditore/prestatore, lo stesso sarebbe obbligato a restituire il doppio della somma versata come caparra.
Caparra confirmatoria e penitenziale
Qui però occorre fare un’ulteriore distinzione, infatti, l’articolo 1385 del codice civile descrive la caparra confirmatoria:
Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Questa deve essere distinta dalla caparra penitenziale (articolo 1386 codice civile): una somma di denaro o di un bene versato come corrispettivo per il diritto di recesso da parte di una o di entrambe le parti. In altre parole, la caparra penitenziale viene stabilita quando le parti concordano la possibilità di recedere dal contratto, pagando un importo predeterminato.
Trattamento fiscale caparra
La caparra in ogni caso ha natura di garanzia e questo implica che nel contratto deve essere menzionata, ma non si paga l’IVA perché non è un corrispettivo.
Non è però esente da imposta sui redditi e qui la differenza tra caparra confirmatoria e caparra penitenziale diventa ancora più sottile perché la caparra confirmatoria deve essere dichiarata in modo ordinario e tassata secondo le regole generali. 
La caparra penitenziale ha generato molti dubbi inerenti la sua natura e, infine, è stato disposto dalla Corte di Cassazione che sia tassata con aliquota al 3%.
La caparra come visto ha natura di garanzia, ma se si adempie la somma non è persa perché imputata al prezzo di acquisto, ne deriva che su questa somma deve poi essere versata l’IVA inizialmente non prevista (imposta di registro in caso di acquisto immobili). In alternativa, al momento della conclusione dell’affare la caparra si restituisce e poi si paga il prezzo pieno (gli effetti sono identici, solo che c’è il doppio passaggio).
Caparra e acconto nell’acquisto di un immobile
Generalmente la caparra è versata per le trattative per l’acquisto di un immobile. Si tratta di una scelta molto importante, infatti, iniziare e portare avanti una trattativa simile può essere molto complesso e il potenziale acquirente vuole avere la certezza di bloccare l’affare mentre espleta le incombenze, ad esempio richiesta mutuo, valutazione dei vari preventivi di mutuo, verifiche da parte del notaio.
In questo caso versa la caparra e sa che nel caso in cui il venditore dovesse tirarsi indietro, ad esempio perché trova un acquirente che offre di più, avrà la restituzione del doppio di quanto versato come caparra.
Da parte sua il venditore viene tutelato nel caso in cui l’acquirente dovesse tirarsi indietro, ad esempio perché nessuno gli concede il mutuo, infatti, in questo lasso di tempo il venditore potrebbe ritrovarsi a rifiutare altre proposte per poi veder sfumare l’affare, trattenere la caparra gli consente di limitare i danni.
Nelle trattative di acquisto di un immobile in genere non si parla mai di acconto, proprio per la diversa natura e per le lunghe procedure che potrebbero essere necessarie per ottenere un risarcimento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA