Proteste contro il lockdown: il mondo si ribella, perché?

Violetta Silvestri

12 Maggio 2020 - 11:58

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Le proteste dei cittadini contro il lockdown si stanno verificando in tutto il mondo. Perché la gente scende in strada? L’intolleranza verso il blocco delle attività nasconde altri motivi e conseguenze delle manifestazioni.

Proteste contro il lockdown: il mondo si ribella, perché?

Le proteste contro l’anomala situazione del lockdown si diffondono in tutto il mondo. Cittadini arrabbiati e frustrati dalle misure restrittive imposte per arginare i contagi stanno scendendo in strada per gridare la loro stanchezza.

Non c’è solo il bisogno di tornare alla normalità e ripartire con il lavoro. Le manifestazioni raccontano molto di più: sulla storia dei singoli Paesi, sulla visione del mondo dei cittadini, sulla situazione politica degli Stati, sulla strumentalizzazione della pandemia.

Le proteste contro il lockdown: dove e perché

Dagli Stati Uniti al Brasile, dalla Germania all’India passando per Australia e Regno Unito: i cittadini del mondo stano manifestando contro il prolungamento del lockdown.

Restrizione dei diritti, delle libertà e delle attività economiche e lavorative non sono più tollerate. In molti Stati persone comuni, anche in piccoli gruppi stanno gridando la loro impazienza nei confronti delle misure restrittive.

Le manifestazioni, però, raccontano anche di estremizzazioni politiche, strumentalizzazioni da parte del potere, disperazione accumulata da anni, povertà, ignoranza.

Nelle proteste contro il lockdown, ogni Paese vuole, in realtà, dire molto altro.

Stati Uniti

Negli USA le manifestazioni in strada contro il lockdown sono emerse prima che in altre parti del mondo.

Qui la rabbia dei cittadini contro le restrizioni ha subito assunto un significato politico: i gruppi in strada, spesso armati e con slogan tipici della politica di Trump, sono stati affiliati ai gruppi repubblicani.

Lo stesso presidente USA li ha apertamente appoggiati, incalzando con loro per far riaprire tutto e in tempi veloci. E, soprattutto, additando la troppa prudena dei governatori democratici.

Brasile

Nel Paese dell’America Latina con più contagi, le proteste in alcune città hanno coinvolto cittadini arrabbiati contro i governatori. E appoggiati da Bolsonaro.

Il presidente brasiliano ha sottovalutato - e continua a farlo - l’impatto dell’epidemia, ostinandosi a non prendere misure rigorose. Per questo, i governatori dei singoli territori sono stati costretti a intervenire con il lockdown.

Nelle proteste di aprile a Brasilia, Bolsonaro si è affiancato ai manifestanti in strada che chiedevano addirittura l’intervento dell’esercito e la sospensione delle istituzioni democratiche. Osannando, naturalmente, il presidente.

A San Paolo le contestazioni contro il blocco hanno preso di mira il governatore João Doria, che si era già scontrato al riguardo con Bolsonaro.

Australia

I cittadini australiani sono scesi in strada a Melbourne e a Sydney per protestare contro le misure di autoconfinamento, distanziamento sociale e controllo con l’app di tracciamento.

Ci sono stati anche arresti per non aver rispettato le indicazioni di precauzione sanitaria. Nonostante i numeri dei manifestanti australiani siano piuttosto bassi, dietro la loro rabbia verso il lockdown si sono palesate idee estremiste, vicine ai gruppi di destra.

Alcuni hanno inneggiato contro Bill Gates, i vaccini e la teoria del complotto, secondo la quale il coronavirus sarebbe un’invenzione dei globalisti.

Germania

La Germania è in piena Fase 2 ma le proteste si stanno diffondendo lo stesso nel Paese. I politici tedeschi si sono detti preoccupati per il clima di tensione provocato dalle manifestazioni.

Questo perché, anche qui, le prime proteste sono state legate a gruppi di estrema destra e ai sostenitori no-vaccini. A Berlino si sono verificati scontro con la polizia A Dortmund ci sono state aggressioni contro i giornalisti; a Stoccarda i manifestanti hanno inveito contro Bill Gates e l’OMS e le teorie del complotto da parte del Governo contro i cittadini si sono diffuse.

Anche se la maggior parte della popolazione approva la gestione della pandemia in Germania, questi fenomeni sono un segnale di come una crisi può liberare forze estreme e anti-democratiche.

Regno Unito

La nazione è nella più totale incertezza, proprio sulla definizione dell’allentamento del lockdown. Nonostante una generale confusione e il numero di contagi ancora poco rassicurante, le proteste contro il blocco non sono di dimensione rilevante.

Da sottolineare, però, il tono che hanno assunto le manifestazioni a Londra all’inizio di maggio: anche qui, come in altri Paesi, le voci contro il lockdown hanno ripetuto storie di complotti. Questa volta contro il 5G, portatore del virus secondo alcune teorie, e in contrasto con i vaccini.

India

Proteste sinonimo della profonda povertà in India. Nel grande stato asiatico il lockdown imposto a marzo ha assunto una dimensione epocale: 1,3 miliardi di persone bloccate in casa.

E, soprattutto, costrette a non uscire per guadagnarsi da vivere. Questa è la tragedia indiana. Proprio per tale motivo, a protestare qui sono i lavoratori migranti.

Un esercito silenzioso di 40 milioni di persone che, con il blocco, hanno dovuto lasciare le città e tornare ai villaggi a piedi e senza garanzia di essere accolti nelle famiglie, timorose di contrarre il virus.

Nello stato del Gujarat centinaia di lavoratori hanno protestato per chiedere di poter tornare nelle fabbriche. Ci sono stati scontri con la polizia. Queste persone, però, non hanno reddito. E chiedono di poter sopravvivere.

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