Primarie Lega Nord: Roberto Maroni conferma la sua simpatia nei confronti di Gianni Fava, lo sfidante di Matteo Salvini nel voto di domenica per scegliere il nuovo segretario del carroccio.
Primarie Lega Nord: a pochi giorni dal voto il governatore della Lombardia Roberto Maroni esce allo scoperto e, anche se non dichiara apertamente per chi voterà, lascia intendere di preferire la candidatura di Gianni Fava, lo sfidante di Matteo Salvini.
Non sono forti come quelli all’interno del Partito Democratico, ma anche in casa Lega Nord i toni sulle primarie di domenica prossima sono accesi. Dopo le parole di Salvini, che ha dichiarato che farà un passo indietro se non dovesse ottenere almeno l’80%, ecco arrivare le parole di Maroni.
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il governatore della Lombardia analizza a tutto tondo il momento politico del suo partito, che ora sta chiamando a raccolta i propri militanti per eleggere il nuovo segretario.
Maroni conferma quello che da sempre è il suo pensiero, ovvero che la Lega sbaglia a rincorrere le posizioni della Le Pen e che dovrebbe tornare alle sue origini. Tutte obiezioni queste che coincidono con quelle che il candidato Fava ha mosso nel momento in cui ha deciso di sfidare Salvini per la segreteria del partito.
Primarie Lega, Maroni appoggia Fava?
Nella disputa tra Matteo Salvini e Gianni Fava per queste primarie della Lega Nord interviene anche Roberto Maroni, con il governatore della Lombardia che prende una chiara posizione a riguardo.
Anche se nell’intervista al Corriere della Sera non rivela per chi voterà, è abbastanza lampante che le idee di Fava, che è anche suo assessore all’Agricoltura al Pirellone, siano molto apprezzate da Maroni.
Il nocciolo della questione è sempre lo stesso: la Lega Nord deve tornare alle sue origini e non spostarsi troppo a destra. Concetto questo che Maroni ribadisce durante l’intervista rilasciata al quotidiano di via Solferino.
Io credo che la parentesi lepenista si possa considerare conclusa. Occorre tornare alle nostre origini di movimento post ideologico, né di destra né di sinistra. La nostra identità è l’identità dei nostri territori.
Un messaggio chiaro quello del governatore, che non è stato mai entusiasta della vicinanza tra Matteo Salvini e Marine Le Pen, una scelta politica che per Maroni non può che nuocere alla Lega.
Io ho sempre considerato l’alleanza con Le Pen tattica e non strategica, lei ha un progetto diverso da quello della Lega, vuole tornare agli stati nazionali. Noi siamo per l’Europa delle Regioni.
Una dichiarazione di intenti che quasi in automatico porta Roberto Maroni sulle posizioni di Gianni Fava, l’outsider che proverà a contrastare Matteo Salvini alle primarie della Lega Nord di domenica prossima.
Io non faccio dichiarazioni di voto. Ma io sostengo chi fa certe battaglie. Detto questo, è evidente che chiunque dica che la Lega ha il dovere di difendere il Nord fa un discorso per me interessante. Io sarò anche il passato, ma sono molto legato a quelle origini. E per me le battaglie di ieri sono quelle di oggi.
Quello all’interno della Lega sembrerebbe essere un classico dibattito su due visioni diverse che le correnti hanno riguardo il futuro del partito. Dietro però ci potrebbe essere un discorso più ampio, dove le esigenze politiche di Salvini e quelle di Maroni potrebbero essere anche diametralmente opposte.
Che futuro per la Lega?
Oltre che essere stato ministro e ricoprire al momento il delicato compito di guidare una regione come la Lombardia, Roberto Maroni è anche un politico esperto e navigato, un leghista della prima ora che ha scritto pagine importanti del proprio partito.
L’intervista rilasciata pochi giorni prima delle primarie e i concetti espressi non sono da intendersi come casuali. La Lega Nord infatti si trova ad un bivio, essendo al momento disorientata dalle ambizioni governative di Salvini e le esigenze degli amministratori locali del carroccio.
Come vale anche per Maroni, dove governa la Lega lo fa sempre con l’appoggio indispensabile di Forza Italia. Un’alleanza che si riproporrà anche per le elezioni amministrative di giugno, dove il centrodestra si presenterà unito in tutte le principali città.
Anche a livello nazionale poi, tutte le volte che il carroccio è stato al governo è stato per merito di Silvio Berlusconi, un leader ingombrante ma prezioso che ora però Salvini vorrebbe rottamare.
La Lega in questo momento si trova di fronte a due scenari. Il primo è quello suggerito da Maroni, ovvero di abbandonare le posizioni lepeniste, tornare a pensare più alle esigenze del territorio e dichiarare fedeltà a Berlusconi, sperando di riuscire poi a vincere le prossime elezioni.
Il secondo scenario è quello di una separazione da Forza Italia e uno spostamento ancora più marcato verso destra. Ipotesi questa che sarebbe la preferita da Matteo Salvini, ma che potrebbe portare anche ad un clamoroso cambiamento.
Una Lega Nord del genere avrebbe poco senso di esistere: abbandonate le idee di secessione, rimarrebbe comunque il pregiudizio dell’elettorato del Sud. Un partito del genere non potrebbe mai ambire a vincere le elezioni.
Marine Le Pen ha fatto registrare un ottimo risultato alle elezioni francesi, ma nulla ha potuto di fronte ad un candidato più trasversale come Emmanuel Macron. Ecco perché, nonostante i tanti voti presi, ha deciso di riformare il Front National, rendendolo meno ancorato alle vecchie etichette di razzismo e xenofobia.
Da noi potrebbe succedere la stessa cosa. Già con il movimento Noi con Salvini l’attuale segretario della Lega sta provando a creare qualcosa di diverso a livello nazionale. Spesso si è parlato di un patto tra varie realtà locali, ma il progetto sembrerebbe essere debole.
Se Matteo Salvini vuole staccarsi da Berlusconi e puntare a governare il paese, allora ha bisogno di una nuova forza politica nazionale, assieme a Fratelli d’Italia e altri movimenti sovranisti.
Un nuovo partito quindi che si specchi in maniera totale sulle idee e sulla figura di Salvini, che potrebbe permettergli di radicalizzarsi anche al Sud aumentando così il proprio bacino elettorale, condizione necessaria e sufficiente questa per creare una forza politica che possa aspirare a guidare il paese.
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