Petrolio: dalla Libia alla Russia l’offerta è a rischio

Violetta Silvestri

18/04/2022

18/04/2022 - 10:45

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Il prezzo del petrolio continua a oscillare tra massimi e ribassi nel contesto geopolitico del momento. Non solo Russia: in focus anche la Libia, con la minaccia di ulteriori strette sull’offerta.

Petrolio: dalla Libia alla Russia l’offerta è a rischio

I prezzi del petrolio sono saliti ai massimi di quasi tre settimane mentre crescevano i timori per la stretta offerta globale, con l’aggravarsi della crisi in Ucraina che aumenta la prospettiva di sanzioni più pesanti da parte dell’Occidente al primo esportatore russo.

Alle ore 9.40 circa, il Brent scambia a 110,91 dollari al barile e il WTI a 105,50 dollari al barile.

Le quotazioni sono, in realtà, in lieve ribasso rispetto all’apertura ma restano su livelli elevati considerando gli scenari bellici ucraini, con le relative sanzioni, e novità dalla Libia.

Il petrolio sempre più in balia di un’offerta che si fa scarsa. E prezzi stimati in rialzo.

Cosa spinge il prezzo del petrolio? Russia e Libia in focus

Il petrolio ha iniziato la settimana all’insegna dei rialzi a causa dell’interruzione delle forniture dalla Libia e considerando che la Russia ha avvertito di potenziali prezzi record se più nazioni bandiranno la sua energia.

Le ultime notizie hanno riportato che due porti libici sono stati costretti a interrompere il carico di petrolio dopo le proteste contro il primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, con la produzione fermata a El Feel, un campo da 65.000 barili al giorno.

Fatti, questi ultimi, che hanno riacceso i riflettori sulla grave instabilità del Paese nord-africano.

La struttura del mercato del greggio si è quindi spostata più in profondità in un modello rialzista, con il rapido spread del Brent che è tornato al di sopra di $1 al barile.

Sul fronte della guerra ucraina, il vice primo ministro russo Alexander Novak ha affermato che se più nazioni vietassero i flussi energetici russi, i prezzi potrebbero “superare significativamente” i massimi storici.

Gli Stati Uniti e il Regno Unito si sono mossi per bloccare il greggio dal paese dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, e c’è pressione affinché l’Unione Europea segua.

L’embargo sul greggio russo è un tema attuale e spinoso.

“I prezzi sono più alti, con la carenza di offerta globale che supera le preoccupazioni per il rallentamento della domanda in Cina”, ha affermato Stephen Innes, managing partner di SPI Asset Management Pte. Con la fine della guerra in vista, più società commerciali stanno cercando di auto-sanzionarsi, con contratti a termine che non vengono rinnovati, ha aggiunto.

“La guerra senza segni di cessate il fuoco ha alimentato i timori sull’offerta, soprattutto perché si prevede che la domanda aumenterà con l’avvicinarsi della stagione trainante nell’emisfero settentrionale,” ha affermato Chiyoki Chen, analista capo di Sunward Trading.

L’Agenzia internazionale per l’energia aveva avvertito che circa 3 milioni di barili al giorno (bpd) di petrolio russo potrebbero essere chiusi da maggio in poi a causa delle sanzioni o degli acquirenti che evitano volontariamente i carichi dalla Russia.

Intanto, la produzione petrolifera russa ha continuato a diminuire ad aprile, calando del 7,5% nella prima metà del mese da marzo, secondo quanto riportato venerdì dall’agenzia di stampa Interfax.

Non solo, alcuni analisti hanno fatto notare che l’impennata dei prezzi del petrolio da riscaldamento negli Stati Uniti è stata alla base del recente rally poiché sono cresciute le aspettative che il mercato petrolifero statunitense sarebbe diventato più restrittivo a causa della crescente domanda di esportazioni in Europa.

Da evidenziare, inoltre, che in una telefonata del fine settimana, Vladimir Putin e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman hanno dato una “valutazione positiva” dei loro sforzi per stabilizzare il mercato petrolifero, suggerendo che non è probabile alcun cambiamento nella politica di produzione Opec. Tradotto: nessun aumento di erogazione di greggio come da sempre suggerito dagli Usa con l’obiettivo di calmare i prezzi.

Tenendo in osservazione anche la domanda cinese di petrolio, destinata a calare con il ritorno al lockdown di alcune città, gli analisti comunque mettono in evidenza che l’impennata del petrolio quest’anno è stata parte di un più ampio progresso delle materie prime energetiche fino a toccare record storici.

Si segnala, infatti, che i prezzi del gas naturale negli Stati Uniti hanno raggiunto il livello più alto in più di 13 anni, poiché la forte domanda mette alla prova la capacità dei perforatori di espandere le forniture.

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