Prescrizione crediti lavoro 2023: fino a quando spettano stipendi, straordinari e Tfr non pagati?

Ilena D’Errico

25 Febbraio 2023 - 11:32

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A quanto corrisponde la prescrizione dei crediti di lavoro? Ecco fino a quando è possibile richiedere stipendi, straordinari e Tfr non pagati.

Prescrizione crediti lavoro 2023: fino a quando spettano stipendi, straordinari e Tfr non pagati?

I crediti di lavoro si prescrivono in un certo periodo fissato dalla legge, proprio come qualsiasi altro credito. Il termine varia a seconda del tipo di credito preso in considerazione, per fare un esempio è diverso fra Tfr e indennità di trasferimento. Il termine legale può quindi essere di 5 anni oppure di 10, a seconda dei requisiti fissati dalla legge. La Cassazione è intervenuta in tempi recenti, tuttavia, per chiarire il termine di decorrenza di tale termine, in modo da tutelare maggiormente l’interesse del lavoratore, ed evitare così che possa perdere i crediti dovuti, compresi stipendi e straordinari non pagati.

In quanto tempo si prescrivono i crediti di lavoro?

La legge non affronta direttamente la prescrizione dei crediti di lavoro, in quanto questa casistica è compresa nelle regole generali sulla prescrizione. In particolare, si prescrivono in 5 anni tutti quei crediti il cui pagamento sarebbe dovuto avvenire entro 1 anno, o termini più brevi. Al contrario, per i crediti il cui pagamento è dovuto per frazioni di tempo più ampie oppure una tantum, il termine di prescrizione è pari a 10 anni. Dato che i crediti di lavoro possono essere davvero molti, bisogna dividerli in due gruppi a con il rispettivo tempo di prescrizione.

Nel dettaglio, si prescrivono in 5 anni:

  • Stipendi mensili non versati.
  • Tredicesima.
  • Quattordicesima.
  • Gratifiche.
  • Premi di produzione e rendimento.
  • Differenze retributive per errori in busta paga.
  • Straordinari non pagati.
  • Differenze di stipendio per diverso inquadramento o qualifica.
  • Crediti spettanti per lo svolgimento di mansioni superiori.
  • Tfr, a prescindere dal contratto, in quanto viene comunque accantonato su base mensile.

Di conseguenza, si prescrivono in 10 anni:

  • Premi di fedeltà.
  • Indennità di trasferimento.
  • Diritti per il passaggio di qualifica.
  • Tutte le erogazioni previste una tantum.
  • Indennità sostitutive per ferie e permessi non goduti.
  • Risarcimento dei danni per il mancato versamento dei contributi previdenziali.
  • Crediti derivanti da riqualificazione del rapporto lavorativo.

Da quando decorre il termine di prescrizione?

Individuare il termine di prescrizione è fondamentale per richiedere in tempo i crediti maturati ed evitare di perdere irrimediabilmente questo diritto. Allo stesso tempo, è quindi necessario sapere anche da quando decorre questo termine secondo la legge. Innanzitutto, in questo caso la prescrizione non si calcola dal momento in cui sarebbe dovuto avvenire il pagamento.

Si tratta in qualche modo di un’eccezione alla regola, infatti la giurisprudenza ha per lungo tempo considerato la partenza del tempo di prescrizione proprio dal giorno del mancato pagamento. Questa normativa, però, metteva in seria difficoltà il lavoratore ancora dipendente del datore di lavoro creditore. È infatti evidente che avviare una causa giudiziaria verso il proprio datore di lavoro, seppure perfettamente legittimo e legale, può comportare a conseguenze spiacevoli. Il motivo per il quale la legge non aveva tutelato particolarmente questa circostanza è che esiste la tutela reintegrativa, con la quale il dipendente ottiene il ripristino della posizione lavorativa in caso di licenziamento illegittimo.

Si può dire, quindi, che il datore di lavoro non può licenziare il dipendente per ritorsione di una causa legale, anche se ciò non gli impedisce di fatto di creare situazioni spiacevoli dal punto di vista dell’ambiente lavorativo. Allo stesso tempo, la tutela reintegrativa è stata brevemente soppiantata dal risarcimento danni in caso di licenziamento illegittimo, che pur restando una forma di scoraggiamento dei licenziamenti ingiusti non è di fatto altrettanto efficace per il dipendente.

Di conseguenza, la Corte di cassazione è intervenuta per migliorare la situazione del lavoratore, stabilendo che per i rapporti di lavoro la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro. In altre parole, il dipendente che continua a lavorare per il datore di lavoro debitore non ha limiti di tempo per pretendere i suoi crediti da lavoro, qualsiasi siano. Dal momento del licenziamento o delle dimissioni, poi, inizia a decorrere la prescrizione e il lavoratore potrà richiedere quello che gli spetta entro 5 o 10 anni a seconda del credito.

Prescrizione crediti di lavoro 2023

Da quanto emerso, è facile capire che quest’anno incombe la prescrizione per i crediti maturati da rapporti lavorativi terminati nel 2018, ad esempio per gli straordinari e la tredicesima, e per quelli terminati nel 2013, per esempio per i premi di fedeltà. Nel 2023 inizia a decorrere il periodo di prescrizione dei crediti di lavoro, invece, soltanto per i rapporti terminati quest’anno. Fino al termine del rapporto lavorativo, perciò, i crediti di lavoro continuano a essere un diritto del lavoratore, anche superando i 10 anni.

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