Meloni ha spiegato che il governo non può cancellare le commissioni bancarie perché sarebbe incostituzionale, quindi ha difeso l’eliminazione delle multe per chi rifiuta i piccoli pagamenti con carta.
Cancellare le commissioni bancarie sarebbe “incostituzionale”. A dirlo è Giorgia Meloni, nel suo format settimanale sui social network “Gli appunti di Giorgia”. La presidente del Consiglio risponde così alle polemiche degli ultimi giorni sulla decisione del governo di eliminare le sanzioni per i commercianti che rifiutano i pagamenti elettronici entro i 60 euro.
La norma è inserita nella legge di Bilancio, che va approvata entro la fine dell’anno, onde evitare l’esercizio provvisorio dello Stato. Le critiche più dure sono arrivate dalle opposizioni, ma anche dai sindacati e da Confesercenti. L’accusa è la stessa: favorire l’evasione fiscale con pagamenti in contanti senza scontrino.
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Le transazioni digitali (che sono sempre tracciabili e sottoposte alle tasse) avvengono per lo più entro la soglia degli 80 euro e togliendo le sanzioni si toglie di fatto l’obbligo di accettare carte e bancomat. La norma nasce per favorire i commercianti, che si lamentano di commissioni bancarie troppo alte, quindi Meloni ha voluto replicare a chi gli chiedeva di abolire del tutto questi costi.
Pos, perché il governo Meloni non abolirà le commissioni bancarie
Secondo l’inquilina di Palazzo Chigi di sicuro “la moneta elettronica ha un problema di commissioni”, tuttavia toglierle per legge sarebbe “incostituzionale”, perché “si tratta di una moneta privata ed è un servizio offerto dalle banche”. Pertanto lo “Stato non può impedire a chi offre quel servizio di guadagnarci sopra una commissione”.
Si possono abbassare le commissioni sul pos?
Meloni, però, non ha parlato di abbassare i guadagni delle banche, imponendo per legge una soglia massima entro cui azzerare le commissioni, come propone Confesercenti. Questo provvedimento avrebbe la finalità di non svantaggiare soprattutto i piccoli esercenti e ci sono appositi emendamenti alla manovra in Parlamento.
Il governo potrebbe poi prevedere degli sconti per i commercianti tramite crediti d’imposta. Lo ha fatto ad esempio l’esecutivo Conte II, con uno sconto del 30% di credito d’imposta sulle commissioni pagate, per ricavi e compensi al di sotto dei 400mila euro. Il provvedimento scade a fine anno e non è stato confermato dal governo Meloni.
Conviene il pos o il denaro contante?
In linea di massima, oggi, non solo per i clienti (che hanno più libertà di scelta e meno rischi), ma anche per il commerciante sono più convenienti i pagamenti digitali rispetto a quelli in contante. I soldi che finiscono nelle tasche delle banche sono in percentuale tra lo 0 e il 2% di ogni singola transazione.
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Almeno fino a fine anno la maggior parte degli istituti di credito ha praticamente eliminato il costo delle commissioni per i piccoli pagamenti, mentre esistono Pos con canoni mensili davvero vantaggiosi. Usando meno contante si abbassano poi i rischi su furti, rapine e smarrimenti (per evitare i quali spesso si ricorre a sofisticati sistemi di allarmi antifurto e cassaforti).
Non solo, nel contratto del commercio c’è un’indennità di cassa al 5% per i dipendenti che maneggiano denaro contante: una sorta di assicurazione che deve pagare il datore di lavoro, quindi l’esercente in questo caso. Secondo un’indagine della Banca d’Italia, quindi, il costo dei pagamenti in contante, anche se meno visibile, è più alto di quello delle transazioni digitali.
Pos, i casi in cui ci rimette il commerciante
In ogni caso esistono alcuni casi limite, come per i tabaccai, che per diverse operazioni come il pagamento di multe, bollo dell’auto e bollettini guadagnano circa un euro, ma a prescindere dall’importo dell’operazione. Se la cifra è superiore ai 100 euro, il guadagno è azzerato dalle commissioni.
Per quanto riguarda benzinai, poi, con alcuni tipi di carta di credito, i rifornimenti di 50 euro portano a dei margini sotto lo zero. Insomma, ci rimettono.
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