PIL USA, forte downgrade: -0,5% in I trimestre. Dollaro di nuovo sotto attacco

Laura Naka Antonelli

26 Giugno 2025 - 15:59

Nel primo trimestre del 2025 il PIL degli Stati Uniti ha segnato una contrazione decisamente peggiore di quanto atteso, scendendo dello 0,5%.

PIL USA, forte downgrade: -0,5% in I trimestre. Dollaro di nuovo sotto attacco

Nel primo trimestre del 2025 il prodotto interno lordo degli Stati Uniti (PIL USA) si è contratto dello 0,5%, decisamente peggio rispetto al -0,2% atteso dal consensus.

Occhio al trend del dollaro, che ha già iniziato una sessione pessima, scivolando nei confronti delle principali valute a causa dei timori degli investitori rivolti al futuro della Fed di Jerome Powell.

I minimi del dollaro USA verso euro, sterlina, franco svizzero

A scatenare l’ansia è stato un articolo del Wall Street Journal, che ha riportato alcune indiscrezioni secondo le quali il presidente degli Stati Uniti Donald Trump starebbe considerando l’opzione di annunciare il sostituto del banchiere centrale, il cui mandato scade nel maggio del 2026, addirittura a settembre oppure a ottobre.

La notizia ha innescato le vendite sul dollaro USA, fattore che ha fatto salire il rapporto EUR-USD fino a $1,1708, al record per la moneta unica dal 2021, prima di un lieve dietrofront.

Già prima della pubblicazione del dato relativo al PIL USA, il dollaro aveva perso terreno anche nei confronti dello yen e della sterlina.

Ora il cambio USD-JPY cede lo 0,55%, a quota JPY 144,44, mentre il rapporto sterlina-dollaro GBP-USD sale dello 0,30% circa, a quota $1,3702, al record dall’ottobre del 2021.

Il dollaro scivola anche nei confronti del franco svizzero, capitolando al valore più basso in più di un decennio, a quota 0,8007.

Rimane così decisamente deprimente la performance dell’indice Dollar Index che, dall’inizio del 2025, ha perso il 10% e che si avvia a chiudere il sesto mese consecutivo in territorio negativo, per la prima volta dal 2017.

Crisi dollaro USA, oggi vendite partite con Trump VS Powell. La nota di JPMorgan

Il valore del Dollar Index oscilla attorno a quota 97,28, al minimo dagli inizi del 2022. La valuta america sconta oggi principalmente due fattori: la preoccupazione degli investitori, che temono per l’indipendenza della banca centrale america, ergo Federal Reserve, e già da un bel po’ di tempo, vista la raffica di insulti che arriva puntualmente da Trump, ora a quanto pare determinato ad agire per rendere più concreta la sua scelta di mettere alla porta Powell, colpevole a suo avviso di non avere taglio i tassi.

Ma certo il dollaro ora ha un motivo in più per scendere: la frenata del PIL USA, che è anche più importante di quanto temuto.

JPMorgan ha nel frattempo diramato una nota, sottolineando che i dazi americani si tradurranno in un rallentamento della crescita del PIL e in un rialzo dell’inflazione USA, risultando in definitiva in una probabilità dell’avvento di una recessione pari al 40%. “Il rischio di ulteriori shock negativi è elevato, e noi prevediamo che i dazi USA saliranno”. Tutti sviluppi che, secondo JPMorgan, puntano su “uno scenario di base che incorpora la fine della fase dell’eccezionalismo americano ”.

PIL USA in contrazione per la prima volta dal primo trimestre del 2022

Quella pubblicata oggi è stata la revisione finale del dato relativo al PIL USA, dopo la prima revisione, che aveva indicato una contrazione, per l’economia degli Stati Uniti, limitata al -0,2%.

Nel quarto trimestre del 2024, il PIL degli States aveva segnato un ritmo di crescita pari a +2,4%.

Dal dato appena pubblicato, è emersa la solidità della componente delle vendite finali, che sono state riviste perfino al rialzo, a un tasso di crescita pari a +3,3%, rispetto al +3,2% reso noto nella prima revisione del dato.

Rivista al ribasso invece la spesa per consumi, salita nei primi tre mesi dell’anno dello 0,5%, rispetto al +1,2% inizialmente reso noto. Gli utili societari sono scesi del 3,3%, meno della flessione pari a -3,6% riportata in precedenza.

Da segnalare che la contrazione del PIL USA è stata la prima su base trimestrale da quella del primo trimestre del 2022.

La flessione è stata provocata soprattutto dal balzo delle importazioni (molto probabilmente dovuto alla decisione di diverse aziende americane di fare shopping di prodotti esteri prima dell’entrata in vigore dei dazi di Trump) e dal calo delle spese federali. A essere saliti sono stati invece gli investimenti delle aziende e le spese per consumi.

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