I media americani parlano di questione di giorni se non ore. Ecco perché gli Stati Uniti starebbero per attaccare il Venezuela.
Gli Stati Uniti starebbero per attaccare il Venezuela. I media americani parlano di un’azione imminente, una questione di giorni se non di ore. Questo nonostante il presidente Trump, ieri, abbia smentito, dichiarando che al momento non sta prendendo in considerazione attacchi, anche se solo la scorsa settimana aveva affermato di essere pronto a ordinare raid terrestri.
L’indiscrezione arriva da alcune fonti anonime ritenute vicine ai fatti. Un ulteriore segnale è il massiccio dispiegamento navale americano nel mar dei Caraibi, qualcosa che non si era mai visto prima. Secondo il Miami Herald, «l’amministrazione Trump ha preso la decisione di colpire le installazioni militari all’interno del Venezuela e gli attacchi potrebbero arrivare in qualsiasi momento».
Concorda anche il Wall Street Journal, che definisce l’attacco imminente e certo. Ma perché Donald Trump avrebbe deciso di sferrare un’azione militare contro le infrastrutture venezuelane? Il motivo principale sarebbe il cartello della droga di Soles, che ogni anno esporta circa 500 tonnellate di cocaina verso Europa e Stati Uniti. Secondo gli investigatori americani, a proteggere il cartello sarebbe lo stesso governo di Nicolás Maduro, che a sua volta starebbe chiedendo aiuto a Russia, Iran e Cina in caso di attacco statunitense.
Raid Usa in Venezuela contro il cartello di Soles
Lo scontro con il Venezuela è nato nel momento in cui Donald Trump è tornato alla Casa Bianca lo scorso gennaio. Tra le prime mosse del suo secondo mandato, il presidente ha spinto il Dipartimento di Stato a classificare i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche. Tra questi figurano anche quelli venezuelani, in particolare il cartello di Soles.
L’obiettivo degli Stati Uniti è combattere e distruggere il cartello della droga dei Soles, che, secondo Washington, godrebbe della protezione del governo venezuelano, soprattutto del ministro dell’Interno Diosdado Cabello.
Già ad agosto gli Stati Uniti hanno iniziato a schierare nel mar dei Caraibi un ampio dispositivo militare. Nei prossimi giorni arriverà anche la portaerei USS Gerald Ford, la nave più potente della Marina americana. È probabile che si attenda il suo arrivo prima di dare il via alle operazioni terrestri. In totale saranno 14 le navi coinvolte: si tratta del più imponente spiegamento militare in acque internazionali dai tempi della Guerra del Golfo.
Dalla portaerei decolleranno caccia e bombardieri destinati a distruggere le imbarcazioni dei narcos, ma si ipotizzano anche attacchi contro obiettivi militari all’interno del Venezuela, sospettati di essere utilizzati per produrre cocaina. Già nelle scorse settimane gli Stati Uniti hanno colpito e affondato diverse barche, anche in acque internazionali, perché sospettate di trasportare cocaina. L’Onu ha definito questi attacchi inaccettabili, ma gli USA sembrano determinati a proseguire verso il loro obiettivo.
Su Maduro, accusato di essere parte del cartello criminale, pende una taglia di 50 milioni di dollari, la più alta mai offerta. Sul ministro dell’Interno e su quello della Difesa la ricompensa è di 25 milioni ciascuno.
Diversi senatori americani hanno invitato Maduro a fuggire in Russia o in Cina il prima possibile, se non vuole rischiare di restare intrappolato nel proprio Paese. Secondo il Washington Post, il leader venezuelano starebbe cercando appoggio internazionale: avrebbe scritto una lettera a Putin chiedendo supporto in caso di attacco, e avrebbe chiesto aiuto anche a Cina e Iran per ottenere equipaggiamenti e assistenza militare. I tre Paesi, al momento, non sembrano però intenzionati a sostenerlo.
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