Perché oro e argento potrebbero esplodere (ancora)

Tommaso Scarpellini

30 Settembre 2025 - 20:23

Oro ai massimi, argento i limiti del pensiero: in un’economia che cresce eppure teme l’inflazione, i metalli brillano come se anticipassero una tempesta che ancora non c’è.

Perché oro e argento potrebbero esplodere (ancora)

Oro e argento non sono soltanto metalli preziosi. Sono dei veri e propri termometri della paura globale. Ogni volta che la fiducia nelle istituzioni vacilla, che le banche centrali oscillano fra eccesso di stimolo e stretta monetaria, che i mercati percepiscono un’ombra di instabilità, le lancette di questi termometri iniziano a muoversi. Oggi stanno già segnando tempesta. O meglio: non ancora. Ed è proprio questa apparente contraddizione a renderli così appetibili.

Hai presente l’immagine poetica della quiete prima della tempesta? È un momento sospeso, in cui tutto sembra immobile e pacifico, ma in realtà si prepara lo squarcio del cielo. I mercati finanziari funzionano così: anticipano, spesso in silenzio, ciò che gli indicatori macro non mostrano ancora. E il fatto che oro e argento stiano crescendo in un contesto in cui la narrativa ufficiale non parla di rischi immediati è un segnale che non può passare inosservato.

Oro: il barometro della fiducia globale

L’oro è da sempre definito il bene rifugio per eccellenza. Nel 2025 ha superato i massimi storici, un livello che pochi anni fa sembrava inimmaginabile. Perché? Non certo perché la crescita mondiale stia crollando, anzi, le stime OCSE parlano di una crescita globale ancora sopra il 3%.

La vera ragione è legata ai rendimenti reali. Quando l’inflazione resta “appiccicosa” e le banche centrali, come la Fed, sono costrette a ridurre i tassi per sostenere la crescita, i titoli obbligazionari offrono rendimenti sempre meno interessanti in termini reali. In altre parole: il costo opportunità di detenere oro, che non paga cedole, scende drasticamente.

Un investitore, davanti a un Treasury che rende poco più dell’inflazione, preferisce rifugiarsi in un asset che ha millenni di storia come riserva di valore. L’oro sale non perché ci sia già crisi, ma perché la possibilità di una fase instabile è percepita come sempre più probabile.

Argento: il protagonista nascosto

Se l’oro cattura i riflettori, l’argento è la vera sorpresa del 2025. Dopo anni di sottovalutazione, ha superato i 45 $/oz, un livello che non si vedeva dal 2011. Ma la cosa interessante è che qui non si parla solo di funzione rifugio.
L’argento è un metallo bifronte: da un lato rappresenta una riserva di valore, dall’altro ha un utilizzo industriale fondamentale. È impiegato in settori strategici come l’energia solare, l’elettronica avanzata, le batterie e persino nei sistemi medici. Ciò significa che beneficia sia dei momenti di paura finanziaria, sia delle fasi di espansione economica.

Gli afflussi negli ETF sono impressionanti: oltre 12,8 milioni di once nel 2025. Questo dato non è banale: segnala una domanda finanziaria crescente che si somma alla domanda industriale. È l’incrocio di queste due forze a rendere l’argento così esplosivo.

L’apparente paradosso macroeconomico

Qui entra in gioco l’analisi intermarket. In apparenza, il quadro macro è positivo: crescita globale intorno al 3%, inflazione che rallenta rispetto ai picchi ma resta sopra i target delle banche centrali. In teoria, in uno scenario del genere i metalli preziosi dovrebbero essere meno attraenti.

Eppure, il contrario sta accadendo. La ragione sta nella percezione di lungo periodo:

  • Se l’economia cresce, l’argento beneficia del lato industriale.
  • Se l’inflazione resta alta, l’oro diventa il rifugio ideale.
  • Se le banche centrali tagliano i tassi, entrambi guadagnano attrattiva per via del minor costo opportunità.
    Questa asimmetria positiva è ciò che rende oggi i metalli preziosi non solo un hedge, ma un vero e proprio play strategico.

Domanda finanziaria e segnali anticipatori

I flussi sugli ETF sono un termometro ancora più raffinato della semplice quotazione spot. Quando grandi investitori istituzionali spostano miliardi su strumenti che replicano oro e argento, stanno inviando un messaggio chiaro: protezione, ma anche speculazione.

La storia insegna che i metalli preziosi spesso anticipano eventi di crisi o shock. Nel 2008, ad esempio, l’oro iniziò a muoversi mesi prima che la crisi finanziaria deflagrasse. Oggi la domanda è: quale sarà la prossima faglia a emergere?

La matematica non basta

Tutto questo porta a un punto cruciale: l’analisi intermarket mostra come i movimenti dei metalli siano coerenti con il contesto attuale, quasi matematicamente prevedibili. Ma la matematica, nei mercati, non basta mai.
La vera incognita resta il futuro. Perché se è vero che l’oro e l’argento salgono quando le condizioni macroeconomiche si allineano, resta da capire in vista di cosa stia crescendo la domanda oggi. È solo una protezione contro l’inflazione? È paura di un rallentamento globale più profondo? O è il preludio a un evento geopolitico ancora invisibile?

Non esiste una risposta univoca. E forse è proprio questo il punto: l’investitore che osserva oro e argento dovrebbe considerarli non come un’occasione da cavalcare con FOMO, ma come un segnale da interpretare con cautela. Perché i mercati – e i metalli preziosi in particolare – vedono tempeste che l’occhio umano non riesce ancora a scorgere.

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