Perché il numero dei precari in Italia rischia di aumentare presto

Ilena D’Errico

30/04/2023

30/04/2023 - 21:56

condividi

In arrivo il nuovo decreto Lavoro, così il numero dei precari in Italia rischia di aumentare presto, con conseguenze dannose soprattutto per i lavoratori stagionali.

Perché il numero dei precari in Italia rischia di aumentare presto

Il Consiglio dei ministri voluto dalla premier Meloni in occasione della Festa dei lavoratori valuterà per l’appunto un provvedimento dedicato al lavoro. Oltre all’abolizione del reddito di cittadinanza in favore di diverse misure alternative, il decreto Lavoro dovrebbe accogliere le richieste delle aziende, rilanciando i mini jobs e l’occupazione flessibile, contro le necessità dei lavoratori e dichiarate anche dai sindacati, oltre che dall’opposizione. Ecco perché il numero di precari in Italia rischia di aumentare presto, con un insieme di procedimenti che Cgil, Cisl e Uil hanno definito “liberalizzazione del precariato”.

Il numero di precari in Italia è destinato a salire con il decreto Lavoro del governo Meloni

Fra le proposte del nuovo decreto Lavoro si è a lungo parlato del reddito di cittadinanza e della drastica diminuzione dei sussidi a favore dei cittadini. Tra le delibere, però, sono tanti gli interventi che andranno a incidere drasticamente sul mondo del lavoro, con la nuova normativa del tutto sbilanciata in favore delle aziende.

Fra i punti più importanti e contestati dai sindacati vi è l’autorizzazione dei contratti a termine “acausali” per 24 mesi, prorogabili fino ad arrivare a 36 mesi. In sintesi, i contratti a tempo determinato potranno durare fino a 3 anni, senza che il datore di lavoro abbia l’obbligo di motivare per questo le ragioni dell’assunzione. La liberalizzazione dei contratti a termine è tanto più evidente se si considerano i casi in cui è prevista l’applicazione della nuova normativa. In particolare, sarà possibile sottoscrivere contratti a termine di 24 mesi senza causali:

  • Per le esigenze previste dai contratti collettivi stipulati dai sindacati nazionali o dall’azienda;
  • per le esigenze tecniche, organizzative e produttive concordate tra le parti, anche se non individuate dai contratti collettivi, e autorizzate da una commissione;
  • per le sostituzioni di altri lavoratori.

È proprio il secondo punto a lasciare qualche perplessità e sollevare le critiche, perché di fatto espone ai lavoratori privi di rappresentanza sindacale alle condizioni poste dalle aziende. Restando la possibilità di proroga di 12 mesi (in vigore dal 2015) la durata complessiva dei contratti a termine può arrivare fino a 36 mesi, senza che il datore di lavoro abbia l’obbligo di motivare l’assunzione ma con stipula presso la direzione territoriale del lavoro competente.

Via libera ai voucher, lo scontento dei sindacati fra l’aumento del precariato e la compromissione del lavoro stagionale

La regolamentazione dei contratti a termine continua a essere preda degli interventi legislativi dei governi che si succedono, talvolta in modo più stringente e altre volte – come sta per accadere – quasi nell’ottica del laissez faire. Senza dubbio il nuovo decreto Lavoro favorirà in maniera indiscussa il precariato, considerando che circa il 95% delle aziende italiane ha meno 9 di addetti, privi di rappresentazione sindacale. Così, i lavoratori devono sottoporsi senza alcuna tutela agli accordi diretti con i datori di lavoro, evidentemente finendo molto spesso per accettare il contratto a termine piuttosto che restando con un pugno di mosche in mano.

Così, il governo Meloni interviene per ridurre le fonti di contenzioso giudiziario fra i dipendenti e i datori di lavoro, nel concreto contribuendo a una forte sproporzione fra le parti contrattuali. Tania Scacchetti, segretaria confederale di Cgil, ha parlato dell’individualizzazione della contrattazione, definendola “alla stregua del ricatto”. Ma le novità in arrivo domani non si fermano qui, poiché il governo intende ampliare ulteriormente la possibilità di utilizzo dei voucher per il pagamento di alcuni lavoratori, peraltro sulla scia di manovre cominciate già nel 2017. In sintesi, le aziende avranno la flessibilità richiesta e il massimale annuale da spendere in voucher salirà a 15.000 euro, mentre il vincolo dei lavoratori stabili – oltre cui è vietato l’utilizzo dei voucher - arriverà a 25. Questa normativa, da Cgil considerata come “la morte del lavoro stagionale” è relativa in particolare ai seguenti settori:

  • Turismo;
  • agricoltura;
  • discoteche e night club;
  • fiere ed eventi.

Anche i voucher come le questioni del contratto a termine sono stati oggetto di diversi interventi governativi, soprattutto per la frequenza con cui questa forma di pagamento mascherava abusi, dal lavoro nero alla dipendenza mascherata. Considerando i dati attuali, comunque, bisogna ricordare che un voucher retribuisce un’ora di lavoro con 10 euro lordi, dunque 7,50 euro netti, e che il lavoratore non può ottenere più di 2.500 euro all’anno dal medesimo datore o 5.000 euro all’anno da più datori di lavoro. Prima della loro abolizione, i voucher hanno contribuito a un picco di lavoratori precari e si può quindi presumere che lo stesso si ripeterà presto.

Iscriviti a Money.it