Nike perde il 12% in un anno. Il CEO Elliott Hill ammette che la ripresa “richiederà tempo” e punta su una riorganizzazione per sport e sul ritorno ai partner all’ingrosso per rilanciare il brand.
Nike sta decisamente attraversando una delle fasi più complesse della sua storia recente. Il titolo ha perso circa il 12% nell’ultimo anno, mentre i ricavi e i margini hanno mostrato segnali di indebolimento. A quasi dodici mesi dal suo insediamento, il CEO Elliott Hill ha riconosciuto in un’intervista alla CNBC che il percorso verso una crescita redditizia “richiederà tempo”.
Nonostante alcuni segnali di progresso, l’obiettivo di tornare a tassi di espansione a una cifra medio-alta non è ancora a portata di mano. “Non sarà un processo lineare - ha spiegato Hill - ma abbiamo tracciato la strada per riportare l’intero portafoglio di marchi e aree geografiche a lavorare in sinergia”.
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Gli errori strategici di Nike
Le difficoltà, ha ammesso il manager, derivano anche dall’eredità di scelte strategiche che si sono rivelate meno efficaci in un contesto post-pandemico in rapido mutamento. Sotto la guida del precedente CEO, John Donahoe, Nike aveva spinto con decisione verso il modello direct-to-consumer, concentrandosi sulle vendite dirette tramite i propri negozi e l’e-commerce. Una strategia vincente nel pieno della pandemia, quando la domanda online era esplosa, ma che ha mostrato i suoi limiti con la riapertura del retail fisico.
Hill ha sottolineato come questa impostazione abbia finito per “limitare le scelte dei consumatori” e ridurre la presenza del marchio sugli scaffali di partner storici, lasciando spazio ai concorrenti.
La strategia di Hill per fronteggiare la crisi
Una delle prime mosse di Hill è stata proprio quella di ristabilire i rapporti con i principali distributori, con l’obiettivo di recuperare visibilità nei punti vendita e riconquistare la fiducia del mercato. La strategia prevede anche nuove collaborazioni, come quella con Aritzia, specializzata in abbigliamento donna, per rafforzare la presenza del brand nel segmento femminile.
Allo stesso tempo, l’azienda ha avviato una revisione profonda della propria struttura interna, tornando a un’organizzazione centrata sugli sport, piuttosto che sulle categorie di prodotto (uomo, donna, bambino). Ogni disciplina avrà ora un team dedicato, con competenze trasversali e obiettivi specifici, per sviluppare innovazioni mirate e rispondere meglio alle esigenze degli atleti.
Questa scelta segna un ritorno alle origini di Nike, che fin dalla sua nascita ha fondato il proprio successo sull’ascolto diretto delle necessità di chi pratica sport. Hill ha sottolineato come questo approccio stia già contribuendo a “rendere più agili e mirate” le decisioni sui prodotti e sull’innovazione. Dopo le critiche ricevute per aver puntato troppo su modelli classici come Air Force 1 e Dunk, l’azienda punta ora a riaccendere la creatività dei team di sviluppo per ritrovare la leadership tecnologica nel settore delle calzature e dell’abbigliamento sportivo.
La ripresa ci sarà, ma sarà lenta
Oltre alle sfide interne, Nike deve fare i conti con un contesto macroeconomico complicato. Nella recente trimestrale, la società ha rivisto al rialzo le stime sui costi legati ai dazi doganali, che dovrebbero pesare per circa 1,5 miliardi di dollari nell’esercizio fiscale in corso, rispetto alla precedente previsione di 1 miliardo. L’impatto atteso sui margini lordi è ora stimato intorno a 1,2 punti percentuali.
Per contenere questi effetti, Hill ha spiegato che l’azienda sta lavorando “a stretto contatto con fornitori, fabbriche e partner commerciali” e ha già introdotto alcuni aumenti di prezzo per compensare parzialmente il rialzo dei costi.
Gli analisti restano cauti, ma non mancano segnali di fiducia sul medio periodo. Il piano di riorganizzazione, insieme al recupero dei canali all’ingrosso e al rilancio dell’innovazione sportiva, potrebbe rappresentare la base per un ritorno alla crescita. Tuttavia, la strada sarà lunga. Come ha ammesso lo stesso Hill, “la ripresa non sarà immediata”, ma l’obiettivo è costruire un modello più equilibrato, capace di garantire redditività sostenibile e riconnettere Nike con la sua identità più autentica: quella di un marchio creato dagli atleti, per gli atleti.
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