Perché inflazione in Europa è ancora un problema. E la Bce lo ha ribadito

Violetta Silvestri

3 Febbraio 2023 - 11:22

L’allarme inflazione è in corso in Europa e le ultime parole di Lagarde lo hanno confermato. Se negli Usa si può azzardare a parlare di disinflazione, in Eurozona no. Perché?

Perché inflazione in Europa è ancora un problema. E la Bce lo ha ribadito

L’inflazione viaggia in direzioni diverse in Europa rispetto agli Usa? Sebbene l’allerta sui prezzi resti accesa in entrambe le zone del mondo, alcune divergenze di valutazione ci sono.

E sono emerse chiaramente nelle ultime riunioni di Fed e Bce di inizio febbraio. A questo punto, sembra che Lagarde sia diventata la più aggressiva tra i banchieri centrali: perché?

Powell ha espresso una nota di ottimismo spiegando che si sentiva finalmente in grado di rallentare il ritmo degli aumenti dei tassi. Un processo di disinflazione è in corso, sebbene nelle fasi iniziali, ha affermato il presidente della Federal Reserve.

Christine Lagarde è stata molto più cupa: anche se l’inflazione complessiva aveva iniziato a diminuire nell’Eurozona, è ancora “troppo alta” e le pressioni sui prezzi sottostanti sono “vive e vegete”.

Di conseguenza, se negli Usa i tassi sono aumentati di 25 punti base, la Bce li ha alzati di 50 punti base, promettendo un incremento identico a marzo. Se è vero che comunque l’Eurotower resta indietro rispetto alle mosse della Fed, altrettanto importante è sottolineare che le caratteristiche dell’inflazione non sono uguali nelle due aree.

Perché, quindi, in Europa c’è più allarme sui prezzi che negli Usa?

L’inflazione in Europa è diversa dagli Usa: i motivi

La premessa è d’obbligo: il divario tra i regolatori dei tassi c’è. Dopo mesi in cui le banche centrali su entrambe le sponde dell’Atlantico hanno imposto aumenti eccezionali del costo del denaro questa divergenza è in parte spiegata dalla decisione della Bce di attendere più a lungo prima di iniziare a inasprire la politica monetaria. Anche se il rialzo di marzo andasse avanti, il tasso sui depositi di Francoforte al 3%, in aumento rispetto all’attuale 2,5%, rimarrebbe inferiore ai suoi equivalenti negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Tuttavia, esistono importanti differenze nella valutazione dell’inflazione e Lagarde ha indicato diversi motivi per potrebbe rivelarsi più difficile da domare nell’Eurozona che negli Stati Uniti, anche se i rischi sono diventati più equilibrati rispetto al passato.

Innanzitutto un grafico Ispi può aiutare a capire dove si trova l’inflazione europea, con l’indice core che non sta scendendo:

Inflazione Eurozona Inflazione Eurozona indice generale e core

Guardando al divario con gli Usa, ecco alcune motivazioni.

La prima ragione risiede nell’effetto dei sostegni fiscali in corso per i consumatori e le imprese, che in alcuni casi non verranno rimossi automaticamente con il calo dei prezzi dell’energia. “Ora è importante iniziare a ritirare prontamente queste misure”, ha affermato Lagarde, avvertendo che altrimenti sarebbe necessaria “una risposta monetaria più forte”. Questo perché i sussidi possono incentivare la domanda e quindi premere ancora sui prezzi. Oltre, ovviamente, ad avere effetti sulla spesa pubblica.

Poi c’è il focus sulla crescita dei salari, che sebbene sia ancora fonte di preoccupazione per tutte le banche centrali, sta rallentando negli Stati Uniti. Invece, sta ancora accelerando nell’Eurozona mentre gli accordi pluriennali stipulati con i sindacati stanno appena per essere rinegoziati. Questi potrebbero fissare le retribuzioni a livelli significativamente più alti, riflettendo il forte aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia che i lavoratori hanno dovuto assorbire nell’ultimo anno.

“È più facile a dirsi che a farsi, ma è importante in quei negoziati che ci sia un approccio lungimirante a ciò che sarà l’inflazione e che la riporteremo al 2%”, ha detto Lagarde.

Il presidente della Bce ha anche segnalato l’impatto che la riapertura della Cina può avere sui prezzi globali delle materie prime: più domanda del dragone spingerà l’inflazione globale. Infine, occorre considerare il fattore energia, molto influente in Europa e poco negli Usa: anche se ora il prezzo del gas sta calando, il vecchio continente resta in balia di un driver esterno e molto dipendente dall’incerta evoluzione della guerra in Ucraina.

Nuove scosse al mercato del gas e del petrolio, infatti, possono colpire più l’Europa a corto di energia che gli Usa.

In questo contesto, l’inflazione europea risulta preoccupante e meno solida nel suo percorso di raffreddamento. La Bce sarà costretta a essere falco ancora per molto?

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