Perché Chiara Appendino si è dimessa da vice presidente del Movimento 5 Stelle?

Luna Luciano

18 Ottobre 2025 - 16:30

La decisione di Chiara Appendino scuote il Movimento 5 Stelle: dietro le dimissioni, tensioni politiche, identità smarrita e un chiaro messaggio a Giuseppe Conte.

Perché Chiara Appendino si è dimessa da vice presidente del Movimento 5 Stelle?

Chiara Appendino ha stupito tutti, annunciando le sue dimissioni da vicepresidente del Movimento 5 Stelle. Una stoccata al partito, che è stato vissuto come un tradimento da una parte dei colleghi pentastellati.

La decisione, comunicata durante il Consiglio nazionale del Movimento, arriva a sorpresa, anche se da giorni circolavano segnali di crescente malcontento da parte dell’ex sindaca di Torino. Appendino ha scelto di lasciare il suo ruolo di vice proprio a una settimana dal voto degli iscritti per la riconferma di Giuseppe Conte alla guida del M5S, un tempismo che non può essere casuale.

Negli ultimi mesi, Appendino aveva più volte espresso dubbi sulla direzione presa dal Movimento, criticando l’eccessiva vicinanza al Partito Democratico e l’assenza di nuovi temi capaci di riaccendere l’entusiasmo dei militanti. Le recenti sconfitte elettorali in regioni come Toscana, Calabria e Marche hanno acuito il dibattito interno. Le sue dimissioni, dunque, non sono solo un gesto personale, ma un atto politico che apre una riflessione profonda sul futuro del M5S. Ma quali saranno le conseguenze? Ecco le ragioni di Appendino e le possibili ripercussioni sul partito.

Chiara Appendino, ecco perché ha lasciato il Movimento 5 Stelle

Alla base della scelta di Appendino c’è un disagio politico e identitario maturato nel tempo. L’ex sindaca di Torino, tra le figure più autorevoli e popolari del Movimento, aveva già manifestato in più occasioni la necessità di un ritorno alle origini, a quella spinta civica e antisistema che aveva caratterizzato i primi anni del M5S.

Nelle ultime assemblee parlamentari, aveva invitato i colleghi a non “appiattirsi sul PD” e a recuperare la capacità di parlare ai cittadini disillusi, agli astenuti, a chi si è allontanato dalla politica per mancanza di fiducia. “È tempo di rimetterci tutti in discussione”, ha dichiarato nel suo intervento al Consiglio Nazionale, con un tono che ha lasciato trasparire non solo amarezza ma anche un chiaro messaggio politico.

Le sue dimissioni arrivano inoltre in un momento cruciale, alla vigilia del voto per il secondo mandato di Conte. Una tempistica che rende la sua scelta un chiaro segnale di dissenso verso la leadership in carica. Infatti, l’ex sindaca di Torino ritiene che il Movimento, sotto la leadership di Giuseppe Conte, stia perdendo la sua autonomia, diventando un alleato stabile del centrosinistra senza però incidere davvero sul dibattito politico. “Non possiamo auto-assolverci”, avrebbe detto in un confronto interno, sottolineando la necessità di elaborare nuovi temi e proposte concrete.

Il suo gesto, quindi, è anche una denuncia: il M5S rischia di trasformarsi in un partito come gli altri, smarrendo quella vocazione di cambiamento che lo aveva reso un unicum nel panorama politico italiano. Nonostante la carica fosse in scadenza, la sua uscita di scena ha un peso simbolico rilevante: è un invito al Movimento a guardarsi allo specchio, a fare autocritica e a ridefinire la propria identità politica prima che sia troppo tardi.

Movimento 5 Stelle, quali sono le conseguenze delle dimissioni di Appendino

La decisione di Appendino ha aperto una crepa all’interno del Movimento 5 Stelle proprio nel momento in cui Conte si appresta a consolidare la sua leadership. Ma quali saranno le ripercussioni della decisione dell’ex sindaca di Torino? Formalmente, le conseguenze operative sono minime, i vertici saranno rinnovati dopo la votazione del prossimo weekend, ma dal punto di vista politico l’impatto è profondo. Le dimissioni della vicepresidente più popolare tra gli iscritti hanno riacceso un dibattito interno sulla direzione del partito, sulle alleanze e sulla capacità di rappresentare un’alternativa credibile.

Molti militanti hanno accolto il gesto di Appendino come un campanello d’allarme: il Movimento, dicono, ha bisogno di tornare a parlare di temi concreti, di lavoro, ambiente e giustizia sociale, e non limitarsi a inseguire equilibri parlamentari. Altri, invece, interpretano la sua scelta come un atto di rottura inutile, che rischia di indebolire ulteriormente il partito in una fase già delicata.

Per Giuseppe Conte, si tratta della prima vera prova di tenuta interna. La rielezione alla presidenza sembra scontata, ma il segnale arrivato da Appendino non può essere ignorato. Il M5S dovrà dimostrare di saper gestire le differenze interne senza perdere coesione. Resta ora da capire se Appendino resterà nel Movimento come semplice deputata o se il suo gesto preluderà a un distacco più netto. In ogni caso, le sue dimissioni segnano un punto di svolta per i pentastellati e non resta che vedere come affronteranno questa crisi interna.

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