Pensioni tagliate nel 2024: servono soldi per le riforme, pagano (ancora) i pensionati

Simone Micocci

29/08/2023

29/08/2023 - 09:52

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Pensioni, nuovi tagli nel 2024 per finanziare la legge di Bilancio? Per il governo rappresenta l’ultima spiaggia per recuperare le risorse necessarie per le riforme.

Pensioni tagliate nel 2024: servono soldi per le riforme, pagano (ancora) i pensionati

Ci risiamo: le pensioni potrebbero essere utilizzate per fare cassa. Come noto il ministero dell’Economia e delle Finanze è già al lavoro per quantificare le risorse a disposizione per la prossima manovra ed è alla ricerca di soluzioni per recuperarne il più possibile così da permettere al governo di mantenere alcune, importanti, promesse elettorali.

A tal proposito, Giorgia Meloni ha già confermato il taglio del cuneo fiscale per il 2024, una misura che a seconda di quella che sarà la percentuale dello sgravio contributivo richiederà da sola dagli 8 ai 10 miliardi di euro. C’è poi la riforma fiscale, senza sottovalutare le questioni benzina ed energia, per i quali si valuta l’introduzione di nuovi bonus per le famiglie.

Complessivamente il governo conta di avere a disposizione dai 25 ai 30 miliardi per la legge di Bilancio, tuttavia - come riporta Repubblica - al momento con il deficit non si arriva neppure a un quinto di questa cifra.

Ed ecco quindi che potrebbe essere ripetuta l’operazione già fatta lo scorso anno, quando una stretta alla rivalutazione, il meccanismo che adegua gli importi delle pensioni al costo della vita, permise di recuperare 10 miliardi in tre anni, ben 37 miliardi nel decennio.

Anche nel 2024 saranno i pensionati a pagare le riforme?

Va detto che nel 2024 già ci sarà una rivalutazione parziale delle pensioni. Il meccanismo introdotto nel 2023 per recuperare risorse da poter utilizzare con la manovra, con il quale vengono tagliate le percentuali di rivalutazione per gli assegni che superano di 4 volte il trattamento minimo, infatti, sarà utilizzato anche per l’adeguamento in programma il prossimo gennaio.

Tuttavia, non è da escludere che le percentuali possano essere ulteriormente ridotte per gli assegni più elevati: una nuova stretta alla rivalutazione, d’altronde, permetterebbe al governo di recuperare una parte delle risorse che serviranno per attuare il programma politico dell’Esecutivo, con l’obiettivo di sostenere tutte le famiglie in un periodo in cui il caro prezzi, a cui si è aggiunto anche il caro mutui, non accenna a fermarsi.

Nel dettaglio, per il momento l’inflazione prevista per il 2024 è pari al 5,7%, come anticipata nel Def di aprile, ma la sensazione è che con la nota di aggiornamento questa percentuale sarà rivista, leggermente, al rialzo.

Per il governo quindi si prospetta un altro esborso importante in legge di Bilancio, ragion per cui potrebbe esserci un nuovo taglio così da contenere le risorse necessarie e poter dedicare quanto risparmiato ad altri capitoli di spesa.

Al momento, comunque, è ancora presto per fare previsioni, come d’altronde confermato da Giancarlo Giorgetti (Mef), e la sensazione è che una stretta alla rivalutazione ci sarà solo nel caso in cui sia strettamente necessario, ossia laddove il ministero dell’Economia e delle Finanze - rastrellando dai residui avanzati di vecchie o nuove misure, nonché dai fondi non spesi da altri ministeri - non riuscisse a recuperare quanto necessario.

Pensioni, la stretta alla rivalutazione non è costituzionale?

Anche perché va detto che i tagli all’indicizzazione delle pensioni potrebbero anche essere incostituzionali. Già in passato, con la sentenza n. 234 del 2020, la Corte Costituzionale ha specificato che la revisione delle fasce di rivalutazione non è legittima quando è “reiterata”, contestando così tutte quelle misure “intese a paralizzare il meccanismo di adeguamento”.

A tal proposito, va detto che negli ultimi 5 anni solamente in un’occasione - governo Draghi del 2022 - è stata attuata una rivalutazione piena, come disciplinata dalla legge n. 448 del 1998, ed è per questo motivo che Uil pensioni, attraverso delle cause pilota, conta di ottenere al più presto un parere favorevole della Corte Costituzionale.

Già la stretta alla rivalutazione attuata nel 2023, quindi, sarà presto oggetto di giudizio e guardando all’orientamento giurisprudenziale degli ultimi anni non è da escludere che i giudici possano dare ragione al sindacato obbligando il governo a tornare a una rivalutazione più favorevole. Una nuova stretta - oltre a quella già prevista - nel 2024 rappresenterebbe un rischio troppo grande per il governo visto che potrebbe portare la Consulta a decidere in favore dei pensionati, ragion per cui - come già anticipato - la sensazione è che un nuovo taglio verrà considerato solo come ultima spiaggia.

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