Pensioni, cambiano ancora le regole: novità per Opzione donna?

Giacomo Andreoli

4 Gennaio 2023 - 13:26

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Il governo Meloni sta pensando di rivedere quanto appena deciso sulle pensioni, a partire da Opzione donna, i cui criteri potrebbero essere resi meno stringenti con un decreto in arrivo a fine mese.

Pensioni, cambiano ancora le regole: novità per Opzione donna?

Il governo potrebbe cambiare ancora una volte le regole per andare in pensione. Con l’ultima legge di Bilancio è stata introdotta Quota 103, con la possibilità di uscita anticipata dal lavoro a 62 anni di età e 41 di contributi, assieme a una stretta su Opzione donna, con criteri più selettivi che hanno ristretto la platea di chi può accedervi. Ora, però, la ministra del lavoro, Marina Calderone, starebbe lavorando ad alcune modifiche.

L’idea, come confermato anche dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è quella di varare una riforma complessiva del sistema pensionistico entro il 2023. Nel frattempo, però, ci potrebbe essere una prima limatura proprio a Opzione donna, con un decreto lavoro in arrivo a fine gennaio.

L’idea sarebbe quella di intervenire dopo le diverse proteste arrivate dal mondo del lavoro e visti i mal di pancia interni alla maggioranza di centrodestra. Opzione donna, così, potrebbe essere modificata da subito, riavvicinandosi alle vecchie regole e quindi ampliando la platea di chi può accedervi. Vediamo come.

Come si va in pensione con Opzione donna nel 2023

Con la legge di Bilancio 2023 sono cambiati i criteri per accedere a Opzione donna. Ne dettaglio, bisogna far parte di una di queste categorie:

  • coloro che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • le invalide almeno al 74%;
  • le lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa.

Se si ha uno di questi requisiti, assieme ad almeno 35 anni di contributi maturati, si può andare in pensione anticipata a 60 anni, altrimenti se si ha un figlio a 59 anni o se se ne hanno due o più a 58. Per tutte le donne che vi rientrano, poi, la pensione viene ricalcolata con il sistema contributivo, con un taglio dell’assegno che può arrivare anche al 30% rispetto alla pensione ordinaria.

Tutto ciò ha comportato uno svantaggio per le lavoratrici dipendenti, che fino alla fine del 2022 potevano andare in pensione a 58 anni indipendentemente dal numero di figli e senza rientrare in una delle tre categorie citate. La platea prevista, ad oggi, sarebbe di tremila persone all’anno, contro le potenziali 17mila della versione precedente.

Opzione donna 2023, cambiano ancora le regole?

Il prossimo decreto lavoro della ministra Calderone, quindi, potrebbe intervenire riavvicinando Opzione donna alle vecchie regole, con solo qualche lieve modifica, in attesa della riforma complessiva per superare la legge Fornero. Quindi potrebbero bastare 58 anni d’età e 35 di contributi, o qualcosa di simile. L’allentamento varrebbe per sei mesi.

D’altronde la stessa ministra ha assicurato che quest’anno il governo si prende l’impegno di “lavorare anche su questo fronte”, capendo se c’è spazio per una proroga di Opzione donna con gli stessi requisiti del 2022.

In ogni caso l’accesso alla pensione anticipata dedicata al mondo femminile sarà possibile con le vecchie regole per tutte coloro che hanno raggiunto i requisiti previsti dalla normativa valida fino al 2022 entro il 31 dicembre 2021.

Il piano del governo per superare la legge Fornero

Per il resto la riforma pensionistica potrebbe avvicinare il sistema a quello di Quota 41, rendendo possibile l’uscita dal lavoro a quasi tutti coloro che raggiungono i 41 anni di contributi, contro gli attuali 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne).

Per il resto si lavora a forme di uscita flessibile a partire dai 62 anni d’età, contro i 67 della legge Fornero, creando una pensione di garanzia per i giovani, incentivando l’accesso alle forme di previdenza complementare e aumentando gli assegni delle pensioni minime.

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