Pensioni, una notizia ufficiale spiazza tutti. Dite addio a questa misura

Simone Micocci

3 Giugno 2025 - 11:03

Pensioni, dal prossimo anno addio a un’importante misura di flessibilità. Ecco cosa ci sarà al suo posto.

Pensioni, una notizia ufficiale spiazza tutti. Dite addio a questa misura

La riforma delle pensioni per il 2026 parte già a una notizia quasi ufficiale: non ci sarà il rinnovo di Quota 103, la misura che per il terzo anno consente a coloro che hanno raggiunto i 62 anni di età, oltre a 41 anni di contribuzione, di anticipare l’accesso alla pensione.

A darne conferma è stato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, il quale ritiene che sia scaduto il tempo di affidarsi al meccanismo delle quote per passare a una riforma che preveda regole più strutturali ma senza trascurare un aspetto fondamentale, quello della sostenibilità.

Ma d’altronde non si tratta di un addio così doloroso come si potrebbe pensare: è vero infatti che con l’addio a Quota 103 non si potrà più andare in pensione a 62 anni - se non con le altre poche opzioni che lo consentono - ma lo è altrettanto il fatto che in questi anni, specialmente negli ultimi due, le persone che vi hanno fatto ricorso per un collocamento in quiescenza anticipato sono state sempre meno. Complice una novità introdotta con la legge di Bilancio 2024, poi confermata da quella per il 2025, che ha previsto un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno per coloro che vanno in pensione con Quota 103. Una vera e propria penalizzazione in uscita che ha portato molti lavoratori a rinunciare a una tale possibilità.

È anche per questo motivo che il governo, spiazzando tutti visto che si pensava si potesse continuare con le proroghe di Quota 103 almeno fino al termine della legislatura - sembrerebbe aver deciso di cambiare rotta orientandosi su una differente riforma delle pensioni.

Addio a Quota 103

Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro in quota Lega, ha molto peso nel governo Meloni per quanto riguarda la definizione della riforma delle pensioni. Ecco perché le sue dichiarazioni in merito a cosa ne sarà di Quota 103 sono molto importanti, in quanto tracciano la strada per il futuro rispondendo a coloro che vogliono sapere con quali regole si andrà in pensione il prossimo anno.

Non credo sia giusta cosa continuare con Quota 103”, ha spiegato il sottosegretario, “dobbiamo potenziare le altre flessibilità in uscita”.

Come abbiamo già avuto modo di anticipare, d’altronde, per Quota 103 questi ultimi due anni ha segnato un vero e proprio fallimento. Da quando è stato introdotto il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno, infatti, sempre meno lavoratori ne hanno usufruito per accedere anticipatamente alla pensione. Insomma, il disincentivo ha funzionato, ma al tempo stesso ha tolto a Quota 103 quel ruolo di alternativa alla legge Fornero che gli era stato ritagliato nel corso del 2023 quando non c’erano tagli per chi vi ricorreva.

Ecco perché puntare ancora su Quota 103 non ha senso, ragion per cui molto probabilmente nella prossima legge di Bilancio non ci saranno le risorse per confermarla per un altro anno. Ma questo non significa che non ci saranno altre misure di flessibilità.

Cosa ci sarà al posto di Quota 103?

L’alternativa proposta da Claudio Durigon è quella rappresentata dall’opzione contributiva della pensione anticipata, la quale consente - esclusivamente a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 - di smettere di lavorare all’età di 64 anni, a fronte di 25 anni di contributi e con un assegno il cui importo deve essere pari ad almeno 3 volte il valore dell’Assegno sociale, 2,8 volte per le lavoratrici madri di 1 figlio e 2,6 volte per chi ne ha almeno due.

Una novità importante entrata in vigore nel 2025 è quella per cui nel valutare se la rendita mensile raggiunge le suddette soglie si considera anche l’importo dell’eventuale pensione integrativa maturata dal lavoratore.

Una misura che secondo Durigon pone le basi per la prossima riforma. Questo, infatti, ritiene che l’opzione contributiva della pensione anticipata vada estesa anche a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e quindi ha una parte di assegno calcolata con le regole del retributivo.

Abbiamo inserito un’importante innovazione” - spiega Durigon - “il collegamento tra primo e secondo pilastro che ha fatto fare un salto epocale al sistema”.

Una possibilità, questa, che adesso andrebbe estesa a tutti e non solo: ai fini della prossima riforma, infatti, si sta ragionando anche sulla possibilità di utilizzare il TFR accantonato dall’Inps per sostenere forme di uscita come questo.

Come si possono utilizzare le risorse del Tfr nell’Inps

Su quest’ultima possibilità Durigon ha voluto smentire la possibilità che quanto versato fino a oggi di liquidazione possa essere dirottato verso i fondi pensione (ricordiamo infatti che il versamento non può essere retroattivo).

Semplicemente, per il sottosegretario queste risorse potrebbero essere utilizzate per produrre rendite individuali: non più quindi un pagamento in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto di lavoro, ma una vera e propria seconda pensione.

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