Da marzo l’importo delle pensioni sopra i 2.100€ (circa) verrà adeguato all’inflazione. Ci saranno degli aumenti, ma guardando da un altro punto di vista sarebbe più corretto parlare di tagli.
Dal 1° marzo 2023 gli importi delle pensioni sopra i 2.100 euro saranno aumentati per effetto dell’inflazione. Entra in campo, infatti, il meccanismo della cosiddetta rivalutazione automatica delle pensioni, grazie al quale l’importo percepito viene adeguato al caro prezzi registrato nei 12 mesi precedenti.
È giusto, quindi, parlare di aumenti ma è bene sottolineare che l’incremento sarebbe potuto essere più elevato laddove il governo Meloni non avesse rivisto le percentuali di rivalutazione con la legge di Bilancio 2023, attuando di fatto un taglio dell’importo per tutti gli assegni d’importo superiore a 4 volte il trattamento minimo.
Senza dimenticare che oltre a rivedere - riducendo - le percentuali di rivalutazione, il governo ne rivede anche le modalità di applicazione: mentre con la perequazione ordinaria la percentuale ridotta si applicava solamente sulla parte di pensione che supera una certa soglia, con il nuovo meccanismo come definito dalla manovra questa si applica sull’intero importo, penalizzando ancora di più l’interessato.
Piuttosto che parlare di aumenti, quindi, sarebbe più corretto porre l’attenzione sui tagli: ecco, di fatto, quanto perderanno i pensionati che percepiscono un assegno d’importo superiore a 4 volte il trattamento minimo.
Attenzione: tutte le cifre indicate sono da considerare al lordo delle tasse.
Pensione da 2.500 euro, a quanto ammonta il taglio
Per il 2023 è stato applicato un tasso di rivalutazione provvisorio del 7,3% (mentre quello definitivo, che sarà utilizzato da gennaio 2024 con conguaglio per i mesi precedenti è pari all’8,1%).
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Secondo la regola generale, questo tasso sarebbe stato applicato per intero sotto le 4 volte il trattamento minimo (2.101,53 euro), mentre per la parte di pensione che supera tale soglia ma che comunque è inferiore a 5 volte (2.626,90 euro) il trattamento minimo la rivalutazione sarebbe dovuta essere del 90%.
Prendiamo come esempio una pensione di 2.500 euro, che con le precedenti regole avrebbe goduto di un aumento pari a:
- più 7,3% per i primi 2.101,53 euro: 153,41 euro;
- più 6,57% (90% del tasso) per la quota restante, ossia 398,47 euro: 26,17 euro.
In totale, quindi, l’aumento sarebbe stato pari a circa 180 euro al mese.
Tuttavia, la legge di Bilancio 2023 ha rivisto le percentuali di rivalutazione, oltre a stabilire che l’aliquota ridotta si applica sull’intero importo di pensione.
Ciò significa che una pensione da 2.500 euro lordi mensili, per la quale la rivalutazione avviene all’85%, quindi con un tasso del 6,205%, godrà da marzo di un aumento di 155 euro circa, con un taglio quindi di 25 euro per ogni mese di pensione.
E ancora peggio va a chi ha una pensione più elevata, per i quali le percentuali di rivalutazione sono state riviste ulteriormente al ribasso.
Pensione da 3.000 euro, a quanto ammonta il taglio
Con le vecchie regole di rivalutazione era previsto che la parte di pensione che supera le 5 volte il trattamento minimo avrebbe goduto di un aumento con percentuale ridotta al 75%.
Con l’attuale tasso del 7,3%, quindi, la rivalutazione sarebbe stata del 5,475%, ma appunto solamente per la parte di pensione che supera i 2.626,90 euro lordi.
Ad esempio, consideriamo una pensione da 3.000 euro lordi, per la quale l’incremento con le precedenti regole di rivalutazione sarebbe stato pari a:
- più 7,3% per i primi 2.101,53 euro: 153,41 euro;
- più 6,57% (90% del tasso) per la parte compresa tra i 2.101,53 e i 2.626,90 euro, ossia 525,37 euro: 34,51 euro;
- più 5,475% (75% del tasso) per la quota restante, quindi 373,10 euro: 20,42 euro.
In totale, l’aumento sarebbe stato di circa 208,34 euro.
La nuova rivalutazione, invece, prevede che per le pensioni tra le 5 e le 6 volte il trattamento minimo, quindi nella fascia che va da 2.626,91 a 3.152,28 euro, l’aumento è pari al 53% del tasso, quindi del 3,869% quest’anno, calcolato sull’intero importo.
Significa che una pensione di 3.000 euro aumenterà di 116,07 euro, con un taglio di circa 92 euro ogni mese rispetto a quanto sarebbe spettato con la precedente rivalutazione.
Pensione da 4.000 euro
Concludiamo con un assegno più elevato, di 4.000 euro, che con le vecchie regole avrebbe avuto diritto a una rivalutazione così calcolata:
- più 7,3% per i primi 2.101,53 euro: 153,41 euro;
- più 6,57% (90% del tasso) per la parte compresa tra i 2.101,53 e i 2.626,90 euro, ossia 525,37 euro: 34,51 euro;
- più 5,475% (75% del tasso) per la quota restante, quindi 1.373,10 euro: 75,17 euro.
Complessivamente l’aumento sarebbe stato quindi di circa 263 euro. Cifra a cui non ci si avvicinerà neppure con la nuova rivalutazione, in quanto per la fascia oltre le 6 ma entro le 8 volte il trattamento minimo (4.203,04 euro) la percentuale viene portata al 47% del tasso, quindi pari a 3,431%. Ne consegue un aumento di 137 euro, con un taglio di 126 euro.
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