Pensioni, costo “proibitivo” per l’Italia nel 2020: cosa succede adesso?

Antonio Cosenza

25/09/2020

02/12/2022 - 15:09

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L’Italia non può permettersi Quota 100: record assoluto nel 2020 per il rapporto tra PIL e spesa pensionistica.

Pensioni, costo “proibitivo” per l’Italia nel 2020: cosa succede adesso?

Pensioni: il calo del PIL avrà degli effetti per il sistema previdenziale che non vanno assolutamente sottovalutati.

E non solo perché questa situazione potrebbe comportare una riduzione degli assegni per coloro che andranno in pensione nei prossimi anni: secondo quanto rilevato dalla Ragioneria generale dello Stato, infatti, quest’anno il rapporto tra spesa per le pensioni e PIL rischia di essere il nuovo record di sempre.

Al calo del PIL causato dalla pandemia da COVID-19, infatti, bisogna necessariamente aggiungere l’aumento della spesa pensionistica determinato anche dalle decisioni prese durante il primo Governo Conte, quando è stata introdotta Quota 100 e i requisiti per la pensione anticipata sono stati bloccati fino al 2026.

Decisioni che da una parte hanno contribuito ad agevolare l’accesso alla pensione per alcune persone (anche se i numeri sono inferiori alle attese) ma dall’altra hanno incrementato la spesa pensionistica. Gli effetti si sono visti già lo scorso anno, ma nel 2020, complice il drastico calo del PIL, questi sono sempre più tangibili con il rapporto tra spesa per le pensioni e prodotto interno lordo che raggiungerà il record storico.

Pensioni: Quota 100 una spesa proibitiva per l’Italia

Quanto successo quest’anno conferma che Quota 100 è stata una misura che il nostro Paese non può economicamente permettersi. Una misura che tra l’altro è stata bocciata recentemente dalla Corte dei Conti, visti i dubbi riguardo alla sostenibilità della spesa nel lungo periodo e gli effetti che sull’adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente.

E se dubbi c’erano già prima con una situazione economica che non destava particolari preoccupazioni, figuriamoci adesso che in un solo anno lo scoppio della pandemia ha comportato un arretramento dell’economia nazionale di quasi dieci punti, una situazione che avrà conseguenze non solo sulla curva socio-sanitaria ma anche di quella pensionistica.

A tal proposito, nell’annuale Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo, pubblicato a pochi giorni dalla nota di aggiornamento al DEF, viene rilevata una spesa per le pensioni pari al 17% del PIL nel 2020. Si tratta di un record assoluto (in rialzo dello 0,8% rispetto alle attese) che dovrebbe scendere, ma non troppo, nei prossimi anni.

Si scenderà progressivamente fino al 16% del PIL, un dato che resterà tale fino alla vigilia del 2050 quando inizierà una nuova discesa che porterà il rapporto al 13% verso il 2070 (termine del periodo di previsione).

Questo dato sicuramente avrà influenza sul dibattito che in questi giorni sta interessando la riforma delle pensioni, in quanto dimostra come l’Italia non possa permettersi ulteriori aumenti della spesa pensionistica.

Riforma delle pensioni: come sarà il dopo Quota 100

Nonostante la scadenza vicina (fissata al 31 dicembre 2021) Quota 100 continuerà ad avere impatti sul sistema pensionistico nel lungo periodo (almeno fino al 2029).

Nel decidere quali misure di flessibilità introdurre per il dopo Quota 100 si terrà sicuramente in considerazione il dato emerso dall’indagine condotta dalla Ragioneria dello Stato; per questo motivo è da escludere una conferma di Quota 100, come pure un’estensione tout court per Quota 41.

L’ipotesi più accreditata è quindi quella di Quota 102 - dove il diritto alla pensione si acquisisce a 64 anni e con 38 anni di contributi - con una penalizzazione del montante contributivo.

Anche perché, mai come questa volta il Rapporto realizzato dalla Ragioneria è pieno di simulazioni con scenari alternativi ma comunque avversi, a conferma che bisognerà muoversi con molta prudenza.

Difficile anche che venga resa permanente l’abolizione permanente degli adeguamenti automatici dei requisiti per la pensione anticipata, che da sola costerebbe altri 6,5 punti percentuali (mentre la conferma di Quota 100, che non è presa proprio in considerazione dal Governo, comporterebbe una crescita di 10 punti fino al 2043).

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