Pensioni, chi ci andrà davvero nel 2024, la verità che il governo fatica ad ammettere

Simone Micocci

29 Giugno 2023 - 10:02

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Come si andrà in pensione nel 2024? Il governo non sa ancora rispondere. Ma le indiscrezioni ci dicono che non dobbiamo aspettarci buone notizie.

Pensioni, chi ci andrà davvero nel 2024, la verità che il governo fatica ad ammettere

Come si andrà in pensione nel 2024? Il governo non sa - o forse non vuole - rispondere. Come confermato da Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, infatti, il piano per la riforma delle pensioni verrà reso noto solamente quando saranno chiare le risorse a disposizione per la prossima legge di Bilancio, quindi non prima dell’approvazione della nota di aggiornamento al Def in programma per fine settembre.

Tuttavia, il governo sa bene che per le pensioni ci saranno risorse limitate, anche perché buona parte del tesoretto recuperato con la manovra servirà per finanziare la riforma del Fisco, come pure per confermare lo sgravio contributivo che ha contribuito ad aumentare gli stipendi.

Ma a quanto pare, piuttosto che ammettere la difficoltà di individuare una forma di anticipo che possa da una parte soddisfare i lavoratori e dall’altra non pesare troppo sui conti, il governo preferisce rimandare. Con quello che ha avuto luogo lo scorso lunedì, 26 giugno, infatti, siamo a tre incontri per la riforma delle pensioni, tutti definiti “interlocutori” e quindi “inconcludenti” dai sindacati.

Che il governo non sappia davvero come rispondere alla domanda su chi potrà andare in pensione nel 2024, oppure fatica a dare una risposta che - specialmente alla luce delle promesse fatte in campagna elettorale - rischia di essere molto impopolare?

Nel 2024 in pensione con la legge Fornero

Spesso si è parlato di “ritorno” della legge Fornero, lo hanno fatto gli stessi sindacati prima di entrare al ministero del Lavoro per l’incontro con il governo.

Solamente un anno fa Matteo Salvini prometteva barricate laddove il governo Draghi non avesse fatto nulla per evitare il ritorno integrale alla legge Fornero: poi c’è stata la crisi di governo, le elezioni e una vittoria del centrodestra che in legge di Bilancio ha partorito Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) come misura alternativa alle regole fissate dalla riforma - “di lacrime e sangue” - del 2011.

Quota 103 che si è rivelata molto meno appetibile rispetto a quelli che erano i calcoli fatti dal governo: rispetto ai 41 mila pensionamenti previsti, infatti, oggi se ne registrano appena 17 mila.

Troppo pochi per dire che Quota 103 è servita per evitare un ritorno integrale alla legge Fornero. Oggi - così come nel 2024 - è alle regole in vigore dal 2012 che bisogna guardare per andare in pensione: dalla pensione di vecchiaia a 67 anni di età e 20 anni di contributi, alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi, uno in meno per le donne, a prescindere dall’età. E poi Quota 41 sì, ma solamente per alcuni lavoratori precoci.

Per i contributivi puri, ossia per chi ha contributi esclusivamente successivi al 1 gennaio 2023, c’è poi la pensione di vecchiaia a 71 anni di età e appena 5 anni di contributi e la pensione anticipata che per coloro che hanno maturato un assegno d’importo inferiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale si raggiunge a 64 anni di età e 20 anni di contributi.

Pochi anticipi nel 2024

A queste misure potrebbero poi affiancarsi quelle forme di anticipo che il governo definirà una volta chiarite le risorse a disposizione. Risorse che - come anticipato - saranno poche e renderanno impossibile uno stravolgimento: dimentichiamoci quindi, almeno per adesso, Quota 41 per tutti (che tuttavia continua a essere nei proclami di alcuni esponenti della maggioranza), così come un ritorno a Opzione donna sulla quale il governo sembra essere deciso a mettere la parola fine.

Semmai ci sarà una nuova misura riservata alle donne, una sorta di Ape sociale. A proposito di quest’ultima: si va verso una conferma anche nel 2024 (è in scadenza a fine anno) con la possibilità che la platea possa essere ampliata includendo nuovi lavori gravosi.

Senza dimenticare poi la conferma di Quota 103, troppo poco per accogliere le richieste avanzate dai sindacati.

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