Pensioni, addio legge Fornero. Ecco da quando

Simone Micocci

20 Settembre 2025 - 09:39

Pensioni, la legge Fornero oggi non si può cancellare. Ma c’è una data da segnare in rosso sul calendario.

Pensioni, addio legge Fornero. Ecco da quando

Il governo Meloni non ha (ancora?) cancellato la legge Fornero, e difficilmente potrà farlo nel breve periodo.

È vero che negli ultimi anni il tema del superamento della riforma del 2011 è stato più volte agitato come bandiera politica, soprattutto dalla Lega, ma va detto che la presidente del Consiglio non si è mai sbilanciata davvero su un obiettivo così ambizioso, ben consapevole della sua natura molto probabilmente irrealistica.

Non a caso, l’unico ad averne parlato apertamente è stato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che da sempre punta a regole meno severe per il pensionamento, mentre la premier fin dal suo insediamento si è limitata a dichiarazioni prudenti, conscia che i margini di manovra economica non consentono fughe in avanti.

A tal proposito, lo scenario che si delinea con la prossima legge di Bilancio va infatti nella direzione di piccoli aggiustamenti più che di rivoluzioni. Si parla dell’introduzione di una Quota 41 flessibile al posto di Quota 103, di alcune modifiche alla Opzione Donna e della possibilità di estendere la pensione anticipata anche a chi ha maturato i contributi con il calcolo misto.

Interventi che, sebbene possano agevolare determinate platee, non bastano a decretare la fine della riforma Fornero che, al contrario, continuerà a rappresentare il pilastro dell’ordinamento previdenziale italiano.

E in un certo senso è un bene che sia così. Come ha ribadito nei giorni scorsi la stessa Elsa Fornero, e come confermato da Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, è stata proprio quella riforma a garantire la tenuta e la sostenibilità del sistema. Senza le correzioni introdotte nel 2011, oggi l’Italia si troverebbe a fare i conti con una spesa pensionistica fuori controllo. Al contrario, i dati dimostrano che il nostro sistema è oggi in un sostanziale equilibrio, sebbene permangano preoccupazioni legate all’andamento demografico e alla riduzione della forza lavoro attiva nei prossimi decenni.

In altre parole, parlare oggi di “cancellazione della legge Fornero” è fuorviante. Ciò non significa che in futuro non sarà possibile aprire a una maggiore flessibilità in uscita, ma semplicemente che i tempi non sono ancora maturi. È quindi utile ripercorrere perché la riforma Fornero resta centrale e capire in quali condizioni, e soprattutto da quando, potrà essere davvero superata.

Cos’è la legge Fornero

La legge Fornero attuata nel 2011 dall’allora governo Monti, che vedeva la professoressa Elsa Fornero al ministero del Lavoro, disciplina per larga parte le regole per l’accesso alla pensione in Italia, nonché per il calcolo dell’assegno, è da tempo oggetto di proposte di cancellazione.

Va detto che il sistema introdotto nel 2011 è particolarmente penalizzante, almeno se confrontato a quanto succedeva in precedenza quando si andava in pensione molto prima rispetto a oggi e con un assegno generalmente migliore. Questa è una delle ragioni per cui mediaticamente la riforma è stata trattata in modo che venisse vista come uno dei momenti peggiori della storia della Repubblica, anziché mettere in risalto le ragioni che portarono l’allora governo Monti ad approvarla (e larga parte del Parlamento, compresa l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a votarla).

Oggi far leva sulla possibile cancellazione della legge Fornero continua ad avere una forte presa tra l’elettorato; ne sa qualcosa la Lega, che deve gran parte del suo successo alle urne proprio alla promessa di rivedere il sistema pensionistico italiano rendendo l’accesso maggiormente flessibile.

Tuttavia, nonostante le proposte fatte in questi anni e le poche misure approvate (come Quota 100, o la più recente Quota 103), la legge Fornero resta al suo posto e lo sarà anche in futuro, almeno fino a quando questa aiuterà a contenere i costi del nostro sistema previdenziale.

La legge Fornero oggi non si può cancellare

Quando si parla di riforma Fornero bisognerebbe come prima cosa guardare al momento in cui è stata approvata. Perché è vero che l’allora ministra del Lavoro del governo Monti approvò una riforma “di lacrime e sangue” - come fu subito rinominata - ma lo ha fatto per mettere in sicurezza il sistema previdenziale tanto da assicurare un risparmio complessivo di circa 30 miliardi di euro.

Il rischio era che lo Stato non avrebbe avuto più i soldi per pagare le pensioni. Per identificare quel momento basti guardare allo spread, a inizio anno pari a 173 punti salvo poi arrivare a toccare la pericolosa soglia di 528 punti nel dicembre del 2011 (il valore attuale è di 130 per intenderci).

Serviva una scossa e così è stato, ma a farne le spese è stata perlopiù Elsa Fornero che ancora oggi viene attaccata per aver semplicemente fatto quel che era inevitabile.

Oggi le condizioni sono sicuramente migliori, merito della riforma stessa, ma siamo ancora lontani dal poter dire che il sistema previdenziale italiano è sostenibile. Anzi, in futuro si prevede persino un aumento dei costi e, a causa della minore forza lavoro, una riduzione delle entrate.

Per questo motivo togliere oggi la legge Fornero e consentire il pensionamento molto prima rispetto ai 67 anni di età, o comunque prima di aver raggiunto una contribuzione di 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne), non è possibile.

Quando si potrà cancellare la legge Fornero

Per stessa ammissione della professoressa Fornero, si potrà iniziare a ragionare su un sistema previdenziale maggiormente flessibile solamente dopo che verrà completato il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo.

Per chi va in pensione oggi, infatti, c’è ancora una quota significativa dell’assegno che viene calcolata con le regole, ritenute troppo vantaggiose, del sistema retributivo. Consentire l’accesso anticipato avrebbe così una ripercussione negativa per lo Stato che dovrebbe pagare una pensione comunque alta e per un periodo più lungo.

Quando invece ci sarà il totale passaggio al contributivo, ossia quando chi va in pensione ha contributi maturati solo dopo il 1996, sarà possibile prevedere una maggiore flessibilità. Dovendo rinunciare a una parte di pensione per ogni anno di anticipo, visto un coefficiente di trasformazione del montante contributivo più sfavorevole, sarebbe il pensionato a farsi carico del costo previsto.

I pensionamenti anticipati diventeranno così sostenibili e per questo motivo si potrà ragionare con maggiore tranquillità su un abbassamento dell’età pensionabile. Ma a una condizione: nonostante la riduzione, la pensione percepita deve essere sufficiente per sopravvivere. Bisognerà infatti evitare che la persona si trovi nella condizione di poter richiedere sostegni al reddito, diventando un peso per le casse dello Stato.

Quindi, pensioni anticipate sì, ma solo a chi in carriera ha percepito uno stipendio adeguato per assicurarsi una rendita adeguata al costo della vita. Un po’ come tra l’altro fatto dalla legge Fornero stessa che ha previsto uno sconto di 3 anni sull’età della pensione di vecchiaia, 67 anni, per coloro che hanno la pensione calcolata interamente con il sistema contributivo e maturano una pensione pari a 2,8 volte il valore dell’Assegno sociale (il governo Meloni ha incrementato a 3 volte questo limite, lasciandolo a 2,8 volte solo per le donne con un figlio e riducendolo a 2,6 volte per le donne con almeno due figli). Una misura che, come anticipato, nel 2026 potrebbe essere estesa anche a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996.

Ma quando arriverà il momento in cui il sistema contributivo verrà utilizzato interamente per il calcolo delle pensioni? Se pensiamo che non ci dovranno essere contributi nel retributivo, quindi, prima del 1996, è molto probabile che dovremo aspettare almeno il 2045, ossia quando andranno in pensione i nati nel 1978, appena maggiorenni quando c’è stato il passaggio definitivo al sistema contributivo.

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