Pensione a 64 anni per più persone attraverso l’utilizzo del Tfr: Elsa Fornero chiede chiarezza comunicativa al governo.
La riforma Fornero non verrà cancellata neppure nel 2026, per quanto il governo stia lavorando a una misura che potrebbe agevolare il pensionamento per determinate categorie di lavoratori.
Nel dettaglio, si punta a estendere la possibilità di andare in pensione a 64 anni attraverso due interventi mirati: da una parte consentendo anche a chi ha contributi versati prima del 1996 di accedere alla pensione anticipata riservata ai contributivi, dall’altra quella di utilizzare il Tfr per raggiungere la soglia minima di pensione richiesta.
Facciamo un passo indietro per capire meglio. Oggi esiste un’opzione - prevista dalla riforma Fornero - che consente di andare in pensione a 64 anni di età. Nel contempo serve aver maturato almeno 25 anni di contributi (ne sono stati aggiunti 5 con la scorsa legge di Bilancio) e una pensione non inferiore a 3 volte il valore dell’Assegno sociale, 2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 volte per chi ne ha almeno due.
Questi requisiti ci pongono di fronte a due problematica. La prima è che appunto chi ha iniziato a versare contributi prima dell’1 gennaio 1996 non può accedere a questa misura se non ricorrendo al computo per la Gestione Separata. La seconda è che raggiungere la soglia minima richiesta non è semplice: oggi è di 21.008,52 euro, la quale non è semplice da raggiungere con le sole regole di calcolo contributivo.
Ecco quindi le due soluzioni di cui abbiamo anticipato, sulle quali però è di recente intervenuta la professoressa Elsa Fornero che in un’intervista rilasciata a L’Espresso ha espresso una propria opinione in merito alla proposta di riforma su cui sta lavorando il governo, spiegandone la fattibilità.
Tfr nel fondo pensione? Fornero chiede una comunicazione chiara da parte del governo
Nell’attesa che inizino i lavori sulla legge di Bilancio - a tal proposito questo giovedì ci sarà un passaggio essenziale, con l’approvazione del Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) - nelle ultime settimane il dibattito politico si è concentrato sulla possibilità di introdurre nuove vie di uscita a 64 anni, anche per chi ha contributi versati prima del 1996. Una delle ipotesi più discusse riguarda l’utilizzo del Tfr come strumento per raggiungere la soglia minima di pensione richiesta: un’idea che il governo vorrebbe presentare come un’opportunità, ma che, secondo Elsa Fornero, richiede estrema cautela.
L’ex ministra, artefice della riforma del 2011, non nasconde la sua perplessità. In un’intervista a L’Espresso, ha spiegato che il Trattamento di fine rapporto è percepito da milioni di lavoratori come un vero e proprio “tesoretto”, l’unica occasione di ricevere una somma consistente in un’unica soluzione che spesso viene destinata a spese importanti o comunque a dare una sicurezza economica nel momento in cui, con il passaggio dallo stipendio alla pensione, si subisce solitamente una diminuzione dell’entrata mensile.
Trasferirlo in un fondo pensione per trasformarlo in rendita significa compiere una scelta non priva di rischi, poiché i mercati finanziari non garantiscono mai la stessa stabilità del Tfr accantonato. Per questo, sottolinea, una simile misura non deve mai diventare obbligatoria, ma restare esclusivamente una scelta volontaria e pienamente consapevole.
La critica principale riguarda il modo in cui la proposta viene comunicata. Fornero mette in guardia dal farla apparire come un vantaggio senza rischi: “Non è un regalo al lavoratore”, avverte, ma una semplice trasformazione di una ricchezza già posseduta. I possibili benefici vanno messi a confronto con i costi: chi destina il Tfr alla pensione rinuncia a una liquidità immediata, sicura e tangibile, per ricevere invece un’integrazione mensile dal valore incerto.
Passato, presente e futuro delle pensioni secondo Elsa Fornero
Sul piano politico, la professoressa ha ricordato che senza la sua riforma il Paese avrebbe pagato un prezzo altissimo in termini di stabilità finanziaria e credibilità internazionale. Nonostante le promesse di Matteo Salvini di cancellarla, la legge Fornero è rimasta in vigore, proprio perché smantellarla avrebbe compromesso la sostenibilità del sistema e aggravato il peso sulle nuove generazioni. La scelta di mantenerla ha quindi rafforzato la reputazione del governo italiano, in particolare del ministero dell’Economia guidato oggi da Giancarlo Giorgetti.
L’ex ministra non si limita a difendere il (suo) passato, ma guarda anche al futuro. Le difficoltà maggiori, secondo lei, riguardano le pensioni dei giovani, penalizzate da salari bassi e carriere discontinue. In questo quadro, la soluzione non può essere quella di inventare formule vaghe e di lungo periodo, come la cosiddetta pensione di garanzia che viene definita come “una promessa scritta sulla sabbia”.
Il vero obiettivo deve essere quello di migliorare quantità e qualità del lavoro: più occupazione stabile, più produttività e soprattutto stipendi più alti. Solo in questo modo i contributi versati potranno garantire pensioni dignitose e realmente sostenibili. Come ricorda Fornero, infatti, la misura delle pensioni dipende dall’aliquota contributiva del 33% sul reddito: se questo è basso e discontinuo, anche la pensione sarà inevitabilmente bassa.
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