Pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi: requisiti, a chi è riservata e come funziona

Simone Micocci

29/03/2022

29/03/2022 - 15:56

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Non tutti all’età di 67 anni riescono a soddisfare i requisiti richiesti dalla pensione di vecchiaia. Per loro, l’opzione contributiva potrebbe essere l’unica possibilità di pensionamento.

Pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi: requisiti, a chi è riservata e come funziona

La pensione di vecchiaia si divide in due: quella aperta a tutti, a cui si accede a 67 anni di età e 20 anni di contributi, e la cosiddetta pensione di vecchiaia contributiva, riservata a coloro che avendo un’anzianità assicurativa successiva al 1° gennaio 1996 rientrano interamente nel regime contributivo.

Quest’ultima prevede un accesso alla pensione posticipato a 71 anni, ma perlomeno consente di smettere di lavorare anche se non vengono raggiunti i 20 anni di contributi, in quanto sono sufficienti appena 5 anni.

Si tratta dunque della misura con la quale andare in pensione più tardi: tuttavia rappresenta comunque una buona soluzione per coloro che hanno lavorato solamente per pochi anni, non avendo così possibilità di accedere alle altre opzioni previdenziali, e non vogliono perdere i contributi versati all’Inps. Considerando che non si può andare in pensione senza aver mai lavorato, la pensione di vecchiaia contributiva è l’unica possibilità per coloro che hanno avuto una breve carriera lavorativa.

Pensione di vecchiaia con meno di 20 anni di contributi

Se si arriva al compimento dei 67 anni senza aver maturato i 20 anni di contributi minimi necessari per accedere alla pensione di vecchiaia, l’unica soluzione, se non si rientra nelle tre deroghe della Legge Amato o anche nella cosiddetta Opzione Dini che richiedono appena 15 anni di contributi, è quella di attendere il compimento dei 71 anni e sperare di rientrare nella pensione di vecchiaia contributiva.

Sperare, perchè non tutti riescono a centrare l’uscita a 71 anni che richiede un minimo di 5 anni di contributi che, però, devono ricadere tutti nel sistema contributivo.

Questo significa che possono accedere a questo tipo di pensione soltanto i lavoratori che hanno iniziato a versare i propri contributi successivamente al 31 dicembre 1995 o, in alternativa che abbiano scelto di computarli nella gestione separata Inps (ma in questo caso sono richiesti almeno 15 anni di contributi visto che tanti ne richiede il computo).

Si tratta, quindi, di una possibilità offerta soltanto ai contributivi puri e che esclude tutti coloro che hanno contributi versati prima del 1996.

Anche se rappresenta una buona possibilità di pensione per chi ha brevi carriere lavorative, si tratta di una misura non accessibile a tutti.

Pensione di vecchiaia ritardata per chi ha guadagnato poco

State pensando al futuro dopo il lavoro e credete che per voi la pensione arriverà a 67 anni visto che siete certi di raggiungere i 20 anni di contribuzione suddetti.

Probabile, ma non scontato. Facciamo chiarezza: è vero che oggi l’età pensionabile è fissata a 67 anni, e con 20 anni di contributi, ma va anche detto che questa non è una possibilità per tutti.

Al netto di quelli che saranno gli adeguamenti con le aspettative di vita (che entro i prossimi 10 anni potrebbero portare il requisito anagrafico sotto la soglia dei 68 anni), infatti, va detto che comunque l’accesso alla pensione di vecchiaia è limitato a coloro che possono vantare un assegno d’importo soddisfacente.

Non tutti, quindi, possono accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni; per alcuni potrebbe essere l’opzione contributiva della stessa l’unica soluzione, per la quale il pensionamento scatta al compimento dei 71 anni (che con i vari adeguamenti con le speranze di vita potrebbero anche salire a 72).

Ma facciamo chiarezza. Oggi per la pensione di vecchiaia è sufficiente aver compiuto 67 anni di età e aver maturato 20 anni di contributi. Queste condizioni, tuttavia, non bastano per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996. Per i cosiddetti “contributivi puri”, infatti, è prevista un’ulteriore condizione, di tipo economico, ossia:

  • per accedere alla pensione di vecchiaia questi devono aver maturato, alla data del pensionamento, un assegno pari o superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.

Dal momento che quest’ultimo ogni anno è oggetto di rivalutazione, in base all’andamento dell’inflazione, non possiamo dire con certezza quale, nei prossimi anni, dovrà essere l’importo della pensione per poterci andare a 67 anni.

Possiamo però guardare a oggi, anche perché anche in caso di rivalutazione non dovrebbe esserci chissà che variazione (si parla, al massimo, di qualche decina di euro).

Nel 2022 l’importo annuo dell’assegno sociale è di 6.085,43€; per andare in pensione a 67 anni, dunque, l’assegno annuo - alla data del pensionamento - dovrebbe essere di almeno 9.128,15€. Ciò significa che bisogna avere una pensione lorda mensile di almeno 700 euro circa.

Un importo che può non sembrare difficile da ottenere, ma se guardiamo al funzionamento del sistema di calcolo contributivo significa che in 20 anni di lavoro bisogna percepire uno stipendio di circa 1.800 euro lordi ogni mese, quindi circa 1.000 euro netti. Non molto, ma non tutti riescono ad arrivare a una tale cifra. Basti pensare a chi lavora per una vita con contratto part-time, o comunque a chi per anni ha dovuto accontentarsi di stipendi molto bassi.

Perché questa differenza di requisiti di accesso?Il motivo è presto detto: per chi ricade nel sistema misto per il calcolo della pensione spetta, in caso di redditi al di sotto di quelli stabiliti dalla legge, integrazione al trattamento minimo che porta l’eventuale assegno previdenziale troppo basso all’importo di 524,34 euro mensili (valore aggiornato al 2022). Per chi ricade, invece, nel sistema contributivo questa integrazione non è prevista e, quindi, il legislatore ha posto un limite soglia all’assegno spettante per erogare la pensione a 67 anni.

Ecco il motivo per cui fin da subito bisogna riflettere sulla propria pensione futura, pensando a qualche soluzione (qui ve ne suggeriamo 5) per aumentarne l’importo.

Chi non raggiunge il suddetto requisito economico, quindi, dovrà aspettare qualche anno per andare in pensione. Le soluzioni sono due:

  • sperare che con il passare degli anni, e approfittando di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso, si riesca a raggiungere il requisito economico richiesto potendo così accedere alla pensione di vecchiaia, seppur con un po’ di ritardo prima dei 71 anni;
  • aspettare il compimento dei 71 anni (al netto di quello che potrebbe cambiare con i prossimi adeguamenti con le aspettative di vita) e accedere alla pensione di vecchiaia contributiva.

Queste le uniche due opzioni: è per questo motivo che chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e in questi anni ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze della crisi del mercato del lavoro, rischia di andare in pensione più tardi rispetto ai 67 anni.

Pensione di vecchiaia contributiva: requisiti

Facciamo dunque una sintesi su questo strumento che come appena visto è utile per coloro che prima dei 71 anni:

  • non raggiungono i 20 anni di contributi;
  • non riescono a garantirsi un assegno d’importo pari o superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.

Come anticipato, anche la pensione di vecchiaia contributiva presuppone il soddisfacimento di due requisiti: l’anzianità contributiva e l’età anagrafica. Per il primo sono sufficienti 5 anni di contributi, mentre per l’età anagrafica sono richiesti almeno 71 anni.

C’è poi un terzo fattore da considerare: come si può facilmente intuire dal nome, per accedere a questa tipologia di pensione di vecchiaia bisogna essere soggetti al calcolo interamente contributivo della prestazione.

Quindi vi possono accedere coloro che hanno cominciato a versare i contributi a partire dal 1996 - data in cui è stato introdotto il sistema contributivo - e non coloro che sono soggetti al sistema misto o retributivo.

Quest’ultimi, invece, possono avvalersi dell’opzione contributiva Dini, e quindi possono chiedere che la loro pensione venga calcolata interamente con il sistema contributivo ma in questo caso non sono sufficienti 5 anni di contributi.

Inoltre, c’è da dire che in questo caso l’assegno pensionistico subirebbe una penalizzazione, poiché il sistema contributivo è meno conveniente di quello retributivo dal momento che si basa esclusivamente sul montante contributivo maturato dal pensionato (sul quale si applica un coefficiente di trasformazione).

Esempio pratico

Prendiamo come esempio una cittadinana italiana che ha iniziato a versare i contributi nel 1997, e ad oggi ha raggiunto i 18 anni di contributi con un età di 65 anni a novembre. Questa, tuttavia, ha svolto prevalentemente lavori part-time, con stipendi che in poche occasioni hanno raggiunto i quattro zeri.

Inps e sindacati le dicono che deve aspettare i 71 anni di età comunque vada, ma non essendo stati chiari in merito questa non capisce il motivo visto che confida di raggiungere i 20 anni di contributi al compimento dei 67 anni di età.

Andiamo dunque ad approfondire. Avendo iniziato a versare contributi nel 1997 ricade nel sistema contributivo puro. Come abbiamo avuto modo di vedere, per chi si pensiona con questo sistema di calcolo è richiesto, per l’accesso a 67 anni, di soddisfare tre requisiti imprescindibili:

  • avere compiuto i 67 anni
  • aver versato almeno 20 anni di contributi
  • che l’importo dell’assegno liquidato con la pensione sia si almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale Inps (una pensione di circa 700 euro mensili).

La donna, quindi, con 18 anni di contributi e con 65 anni di età potrebbe raggiungere, per il compimento dei 67 anni i 20 anni di contributi versati ma il diritto alla pensione non sarebbe sicuro a quell’età poiché (e molto probabilmente dai calcolo di Inps e sindacati già risulta) l’importo dell’assegno spettante fra due anni sarà più basso di quanto richiesto.

Per questo motivo il suo pensionamento potrebbe essere rimandato al compimento dei 71 anni quando la pensione viene liquidata, anche con meno di 20 anni di contributi per chi ha iniziato a versare a partire dal 1996, indipendentemente dall’importo dell’assegno.

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